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 2009  dicembre 22 Martedì calendario

SANIT, OK DEL SENATO ENTRO NATALE

Da ieri Barack Obama ha la riforma sanitaria in tasca, e la possibilità di segnare una delle più importanti pagine di storia per i diritti sociali in America. Ha vinto, in una drammatica seduta, il voto procedurale per chiudere il dibattito sul pacchetto sanitario in discussione al Senato e aprire le porte dell’assistenza medica a oltre 30 milioni di americani finora fuori dai sistemi sanitari pubblici o privati. vero che mancano ancora altri due voti procedurali prima di quello finale, ma con il sì di ieri ormai non vi sono più dubbi: la maggioranza è compatta.
Il voto si è tenuto all’alba notte per accelerare sui tempi, in una Capitale travolta dai postumi di una bufera di neve, dopo un dibattito teso e a tratti al limite del civile, con la maggioranza necessaria di 60 voti (58 democratici e due indipendenti) contro i 40 dei repubblicani, anch’essi compatti. La svolta, nella notte: l’adesione del senatore democratico antiaborto del Nebraska, Ben Nelson contrario a un testo che secondo lui avrebbe potuto dirottare fondi pubblici a cliniche abortiste. Alla fine, il capo della maggioranza, Harry Reid,ha accettato l’ennesimo cambiamento al testo e ha chiuso la partita.
La base democratica è delusa, come lo è stata per il compromesso raggiunto da Obama sull’ambiente. Sa che 23 milioni di americani resteranno comunque scoperti e ha visto perdersi per strada alcuni dei pezzi importanti del progetto originario. Il più importante: la public option, un’opzione di sottoscrizione sanitaria pubblica in concorrenza con gli assicuratori privati. Eppure, pur con tutte le lacune del caso, Obama stabilisce con questa riforma un primato: altre amministrazioni avevano provato nei decenni a varare una riforma sanitaria, ma senza successo. L’ultima sconfitta, bruciante per il partito democratico la subì Bill Clinton nel 1994. E quel progetto era comunque più modesto rispetto a quello di oggi. La Casa Bianca avrà così realizzato a meno di un anno dall’insediamento il suo più ambizioso progetto di legge di politica interna.
Il pacchetto del Senato prevede l’assicurazione medica obbligatoria per 31 milioni di americani.
Circa 15 milioni di loro avranno un’assicurazione gratuita grazie a un allargamento dei limiti per l’accesso ai servizi del Medicaid, l’assistenza pubblica per i più poveri. Gli altri dovranno scegliere uno dei pacchetti messi a punto dalle assicurazioni private. In questa categoria vi sono soprattutto appartenenti della classe medio bassa. Ma la riforma, che lascia comunque scoperti circa 23 milioni di americani, non riguarda soltanto coloro che non avevano accesso alla copertura medica e ospedaliera in caso di malattie. Da sollievo anche a chi era già assicurato ed era costretto a subire regole unilaterali e vessatorie dalle compagnie di assicurazione su cure e spese rimborsabili. Certo, non vi sarà la public option, un ruolo diretto dello Stato, che avrebbe dovuto tenere sotto controllo le tariffe delle assicurazioni private offrendo polizze competitive. Ma la svolta resta decisiva. Un successo che conferma la saggezza della politica dei piccoli passi e del compromesso su cui lavora da sempre Barack Obama.
Che non ha esitato a definire il voto di ieri «una grande vittoria per il popolo americano».
Uno dei nodi su cui hanno fatto leva i repubblicani riguarda il costo del progetto e la necessità di aumentare le tasse. L’ufficio per il Bilancio del Congresso ha stimato il costo della riforma sanitaria in 871 miliardi di dollari in dieci anni. Le proiezioni stimano anche un disavanzo di 132 miliardi di dollari sempre su base decennale. Ma sia la versione del Senato che quella più aggressiva della Camera, approvata il 7 novembre, prevedono nuovi introiti sia dalle compagnie di assicurazione che dal settore dei prodotti medicali. Prevedono anche un aumento dell’imposizione fiscale.
 sul fronte fiscale che i repubblicani promettono ancora battaglia: sfrutteranno tutte le scappatoie dell’iter legislativo e sono determinati a usare questa legge per attaccare i democratici alle prossime elezioni politiche del novembre 2010. Ci saranno ancora tre giorni di fuoco e polemiche, poi, il voto finale del Senato, fissato per le 7 di sera del 24 dicembre, la vigilia di Natale per formalizzare il nuovo regalo che l’acido Uncle Sam aveva negato per 60 anni.