Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  dicembre 22 Martedì calendario

CORSIVI

Ieri c’è stata una nevicata anche d’interviste (ne ho contate 15) dove tutti invocavano il dialogo ma dove nessuno aveva ufficialmente niente da rimproverarsi, tutti indicavano generiche «riforme» prima di porre dei distinguo precisissimi. Nell’insieme, una commedia invereconda. La sostanza resta questa qua: ci sono due tipi di riforme, quelle sulla giustizia da approvare entro gennaio o febbraio al massimo - riformine che servono, pane al pane, ad assicurare a Berlusconi l’incolumità giudiziaria almeno sino a fine mandato - e poi ci sono tutte le altre riforme, più normali e pacificate. A Berlusconi ora premono ovviamente le prime, al Pd ipocritamente solo le seconde. Il dettaglio è che senza le prime non possono esserci le seconde, perché il governo intanto potrebbe cadere in virtù di ciò che è davvero in discussione in questo Paese: la facoltà della magistratura di mettersi in mezzo a proprio piacimento (da circa 17 anni) rispetto al volgare meccanismo democratico che ha incaricato un tizio di governare cinque anni, o provarci. Intanto gli sfasciatutto alla Di Pietro, va da sé, non vogliono né le prime né le seconde riforme. Morale: il governo le sue riformine sulla giustizia le farà, belle o brutte, tra gli strepiti generali e altri duecento inviti al dialogo. Fine. Il disarmo non è la sola soluzione per esaurire una guerra: c’è anche vincerla.