Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  dicembre 22 Martedì calendario

ANTONIO ROSSITTO PER PANORAMA 22 DICEMBRE 2009

Filippo Penati Formigoni, a noi due Si candida per la Regione Lombardia, dove da 15 anni regna il Pdl. Non c’è partita, ma lui ci prova lo stesso.

«E cosa avrei dovuto fare?». La voce di Filippo Penati gracchia al cellulare, imponendosi sul fruscio di una riunione politica. «Ci sono scelte nella vita che non dipendono solo da se stessi: deve prevalere il senso di responsabilità» argomenta laconico. Dopo gran tentennamenti, l’ex presidente della Provincia di Milano si è immolato: candidato del Pd come governatore della Lombardia. Sfiderà Roberto Formigoni, in carica dal 1995: l’inscalfibile che, una tornata elettorale dietro l’altra, ha annichilito tutti i suoi contendenti.
Adesso tocca al valoroso Penati, 56 anni, fiero uomo di partito. Ex sindaco di Sesto San Giovanni, la «Stalingrado d’Italia», città operaia alle porte di Milano. Poi al comando della provincia fino al giugno del 2009, quando non viene riconfermato per 4.626 voti. Il suo successore è il pdl Guido Podestà che, appresa la nuova candidatura dell’ex avversario, ha sportivamente concesso: « il loro miglior cavallo».
Su questo non ci sono dubbi. Lo sa bene Pier Luigi Bersani, leader del Pd: prima ha voluto Penati a capo della sua segreteria politica, adesso gli ha chiesto di sacrificarsi come un bonzo sull’altare della regione. Penati non ha potuto rifiutare, anche se i suoi piani erano diversi. Già qualche giorno dopo la sconfitta alle provinciali, annunciava sornione: «Non andrò in pensione». Sognava già Palazzo Marino, per cui si voterà nel 2011.
Un intento più alla sua portata. Il sindaco di Milano, Letizia Moratti, sembra un po’ in affanno. E Penati in città ha sempre avuto un certo seguito. Ragionamenti che invece si ribaltano quando si parla della regione: Formigoni non ha eroso i suoi consensi e l’ex presidente della provincia ha scarso appeal fuori dalla cintura metropolitana. Penati però non demorde.
Le prime dichiarazioni sono state agguerrite: «Formigoni è giunto al crepuscolo»; «vive ammanettato dalla Lega»; «è succube del governo romano»...
Il governatore ha avuto gioco facile: «Finalmente un comunista!». Rimproveri a cui Penati risponde citando una frase di Giuliano Ferrara, direttore del Foglio, «con cui condivido la stessa storia»: «Sono orgoglioso di essere stato comunista. Sono orgoglioso di non esserlo più». Da tempo quindi esemplifica: indossa completi fumo di Londra, condivide le ronde, predica legalità e sicurezza. Appena scelto per la corsa al Pirellone, ha suggellato il nuovo corso: «Non farò nessun accordo con Rifondazione».
Per adesso lo appoggiano l’Italia dei valori e Sinistra e libertà. Ma Penati spera di persuadere anche l’Udc. Vorrebbe sottrarre voti cattolici a Formigoni, soprannominato il «Celeste» per il passato nella Democrazia cristiana e la sua sempiterna fedeltà a Comunione e liberazione. Penati cercherà di intaccarne l’immagine: «Il governatore continua a perdere pezzi dell’elettorato moderato. Il suo legame con il Carroccio è sempre più forte».
L’argomento però non sarà sufficiente. A scanso di clamorosi colpi di scena, Penati perderà con onore. E poi magari si preparerà alla sfida che davvero agogna: quella con Letizia Moratti. Esponendosi al rischio dell’en plein: candidato prima per la provincia, poi alla regione e infine al comune. L’epopea di un guerriero della politica destinato alla sconfitta.