Michele Brambilla, la Stampa 22/12/2009, 22 dicembre 2009
«BERLUSCONI, RIDACCI LA F1»
«Un furto. Come vuole che lo chiami? E’ un furto». Marco Mariani, sindaco leghista di Monza, non gira troppo intorno alle parole: il Gran Premio di Formula Uno sotto il Colosseo è uno dei tanti colpi di Roma ladrona ai danni del Nord. Un furto da quanto? Le cifre le fornisce Renato Mattioni, segretario generale della Camera di Commercio della provincia di Monza e Brianza.
Spiega Mattioni: «L’indotto del Gran Premio per il turismo e le attività collegate è di 60-70 milioni all’anno. Ma il danno vero è molto superiore: tre miliardi di euro». Addirittura? «Certo. E’ il danno stimato per la perdita del brand, un danno che colpisce non solo Monza ma anche Milano e tutto il Nord. E’ come se alla Coca Cola scippassero il marchio, capisce?».
Per capire bisogna conoscere un po’ la storia, non facile, di Monza. Perché non facile? Perché la città, che con 122 mila abitanti è la terza della Lombardia è da sempre condizionata dalla vicinanza con Milano: cinque-sei chilometri da confine a confine, quindici da centro a centro. Un vantaggio e uno svantaggio al tempo stesso. «Politicamente – dice il sindaco Mariani – non siamo mai contati niente proprio per colpa della vicinanza con Milano».
Un vicino così ingombrante non poteva che creare difficoltà di crescita. Non che a Monza non sia mai successo nulla di rilevante. Qui c’è la prima chiesa cristiana costruita da un popolo barbaro, i Longobardi. Qui c’è la Corona Ferrea: quella dei Re d’Italia e di Napoleone. Qui nacque e si sviluppò come in nessun’altra città del nostro Paese l’industria del cappello, che valse a Monza, nell’Ottocento, il titolo di «Manchester italiana», sempre meglio di niente. Però, per il resto Monza sembra vissuta di iniziative altrui. La Villa Reale, ad esempio, l’hanno fatta gli austriaci, poi è stata dei francesi e poi dei Savoia; il Parco urbano più grande d’Europa ha la stessa paternità della Villa; perfino nella pagina più buia della storia della città, il regicidio del 1900, i due protagonisti erano un piemontese – Umberto I – e un toscano, l’anarchico Bresci.
C’è però il Gran Premio di Formula Uno, a Monza. E’ vero che anche quello fu un’iniziativa dell’Automobile Club di Milano. Però in tutto il mondo quando dici F1 dici Monza. «E’ il Gran Premio più antico e quello che s’è disputato più volte», dice orgoglioso il sindaco Mariani. Monza all’estero è come e anzi molto più di Indianapolis. «Ecco perché – spiega Mattioni della Camera di Commercio – dico che il danno vero è la perdita del brand. Se a Monza non c’è più il Gran Premio, faranno anche più fatica a vendere all’estero i nostri mobilieri, per dirne una. Che cosa resterebbe dell’immagine di Monza e della Brianza? Quella di gente laboriosa, e poco altro». Ecco perché «rubare» la Formula Uno a Monza sarebbe come rubarle tutto.
Così stando le cose, è comprensibile la guerra santa che sta per scoppiare. «Ho già parlato con Dario Allevi, presidente della Provincia – dice il sindaco Mariani – e dopo le feste raduneremo un’assemblea di sindaci per chiedere appoggio. Ma mi aspetto un segnale anche dal presidente del Consiglio, che è qui di Arcore, provincia di Monza. E voglio sapere che cosa ne pensa Bossi».
«Solo oggi – continua – mi avranno telefonato cinquanta persone. E in Comune sono arrivate centinaia di mail. La gente sente che è in pericolo una nostra tradizione. E’ il più grande avvenimento sportivo che c’è in Italia, dal momento che si ripete tutti gli anni. E’ il circuito più prestigioso del mondo. Che senso ha eliminarlo? E poi, per cosa? Per favorire Roma? Ma le pare che Roma abbia bisogno di un Gran Premio, con i milioni di turisti che ha già? Senza contare che questi vogliono fare il GP a Roma con i soldi del Nord». Perché con i soldi del Nord? «Secondo lei chi glieli dà i soldi a Roma per organizzare il Gran Premio? Ma si ricorda o no che quando Alemanno è diventato sindaco ha chiesto aiuto perché c’erano le casse vuote e il governo – pronto! – gli ha dato 500 milioni dei contribuenti?».
La «concorrenza sleale» di Roma è sottolineata anche da Carlo Valli, presidente della Camera di Commercio: «In ogni Paese normale la capitale dovrebbe aiutare il resto del Paese, o quantomeno non danneggiarlo. Qui da noi, invece, con la crisi che c’è, si prende quel che dà da vivere alla periferia? Ma che idea di Stato è questa? E’ un’assurdità, con questa storia del trasloco del Gran Premio da Monza alle strade cittadine di Roma ci stiamo facendo ridere dietro da tutto il mondo».
Storia di gloria e di tragedie (qui morirono Rindt e Peterson, Pasolini e Saarinen; qui, nel 1928 e nel 1961, due auto – quelle di Materassi e von Trips – volarono sul pubblico), la storia delle corse di Monza sembra arrivata ai titoli di coda. Nessuno crede alle rassicurazioni di Roma e degli organizzatori, che parlano di una convivenza tra i due Gran Premi, Monza e Roma: «Inutile illudersi – dice Mattioni – la partita è già persa, due GP d’Italia non possono esserci e c’è troppa differenza di peso politico tra noi e Roma». Quanto al sindaco Mariani, dice di essere come san Tommaso: «Dicono che ci saranno tutti e due? Benissimo. Alemanno e Flamini vengano qui a Monza e sottoscrivano, all’autodromo, questo impegno a mentenere in vita il nostro GP. Solo allora ci crederò». Scettico, signor sindaco? «Cerco solo di essere realista. E stia tranquillo che non verranno».