
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ci saremmo occupati volentieri del Festival di Sanremo, ma il terrorismo islamico non ci dà tregua e non ci permette di rilassarci: mentre in Libia Sirte è caduta nelle mani degli amici di al Baghdadi, a Copenhagen due sconosciuti hanno attaccato un convegno sulla libertà di parola, sparando cinquanta colpi di mitra, ammazzando un uomo e ferendo tre poliziotti, uno dei quali è in condizioni serie.
• Li hanno presi?
No, mentre scriviamo stanno ancora scappando.
• Che cosa si sa?
A Copenhagen c’è questo caffè, si chiama Krudttøenden, di solito si va lì ad ascoltare musica jazz. Ieri pomeriggio era stato organizzato un convegno, intitolato «Blasfemia e libertà di parola». L’idea era quella di far discutere gente qualificata intorno al problema della satira e del rispetto delle opinioni religiose. In altri termini: si può ridere di tutto, ma questo “tutto” comprende anche la fede in Dio di ciascuno di noi? Notiamo a margine che la questione è enorme: ancora di recente, a Roma, ho visto manifestini con un tizio che reclamizzava il suo spettacolo comico mostrandosi nudo in croce. Nessuno ci badava, ma se il manifestino avesse mostrato una qualche immagine blasfema di Maometto di sicuro il titolare del locale si sarebbe rifiutato di affiggerlo. Il dibattito al Krudttøenden era stato organizzato anche da Lars Vilks, che disegna per il Jyllands-Posten, il giornale satirico – tipo Charlie Hebdo – che nel 2007, stampando dodici vignette irridenti il Profeta, aveva fatto infuriare i maomettani di tutto il mondo e attirato su di sé non so quante fatwa (maledizioni con condanna a morte). Vilks, in particolare, era uno dei dodici e aveva realizzato una vignetta in cui il turbante di Maometto aveva la forma di una bomba. Qualche settimana dopo aveva raffigurato Maometto in un corpo di cane, animale impurissimo per quella fede. Un disegno, cioè, che equivaleva a una bestemmia. Hanno tentato di ammazzarlo almeno un paio di volte e non è escluso che, nella sparatoria di ieri, il bersaglio vero fosse lui. Infatti lo hanno immediatamente fatto uscire dalla sala. Vive sotto scorta dal 2010.
• Chi è la vittima?
Non lo sappiamo ancora. L’attacco è stato portato alle quattro del pomeriggio. I due terroristi hanno sparato almeno trenta colpi contro la vetrina del locale e hanno tentato di entrare con l’idea di ripetere la strage di Parigi del 7 gennaio. La polizia li ha respinti. I due sono scappati a bordo di una Polo nera, ritrovata poi vuota dalla polizia. Il primo ministro danese, Helle Thorning-Schmidt, ha dichiarato subito che « tutto ci porta a credere che si sia trattato di un attacco politico e quindi un atto terroristico». Seduto nel caffè di Copenhagen c’era anche l’ambasciatore francese, François Zimeray che ha avuto la presenza di spirito di twittare subito «Still live in room», cioè «Sono ancora vivo». I convegnisti, sentiti i colpi, si sono subito buttati a terra. In quel momento stava parlando Inna Schevchenko, attivista Femen: «Ero arrivata al punto del mio intervento in cui stavo dicendo che spesso abbiamo l’illusione di avere libertà di parola in Europa. Poi abbiamo sentito gli spari».
• Illusione? Tante volte ho l’impressione che non sappiamo quello che abbiamo. Capiremo quello che abbiamo – quanta ricchezza, quanta libertà – solo quando ce lo toglieranno.
Sta parlando degli estremisti islamici che dalla Libia ci minacciano?
• Ci hanno mimacciato, e la cosa mi pare seria. Al Nord la Danimarca, la Francia e gli altri paesi europei pieni zeppi di musulmani. Tra questi, anche noi, A Sud e a Oriente, un signore che avanza e che nessuno sembra in grado di fermare. È vero che da Sirte, distante appena 1.250 chilometri da Roma, si può colpire la nostra capitale?
Lei allude al tweet di Qalum Ur, sostenitore del Califfo. È vero che un missile Scud può coprire la distanza tra Sirte e Roma, è però anche vero gli uomini del vicecaliffo non hanno a disposizione missili Scud. Il nostro ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha detto venerdì scorso: «Se non si trova una mediazione in Libia bisogna pensare, con le Nazioni Unite, di fare qualcosa. In un quadro di legalità internazionale, l’Italia è pronta a combattere». La nostra è l’unica ambasciata ancora aperta laggiù. Ci si domanda che fine abbia fatto la politica estera francese che era andata con tanta baldanza a bombardare quei territori e a partecipare al massacro di Gheddafi».
(leggi)