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 2015  febbraio 15 Domenica calendario

L’IMPERO DELLA DOLCEZZA COSTRUITO SUI PICCOLI PIACERI

Sono paragoni un poco antipatici, ma mentre l’Italia prova a riconoscersi nello specchio polveroso di Sanremo, la scomparsa di Michele Ferrero evidenzia, in un contrasto tanto più nitido quanto più tacito, cosa sia la vera eccellenza italiana. Si potrebbe anzi fare un gioco: negli ultimi cinquant’anni qual è il brand italiano più qualificante? Si registreranno opinioni differenti, come su tutto: Fellini, Ferrari, Juventus, Armani. Persino Sanremo. O Eataly, oramai. Ma il primo che dice Nutella causerà un po’ di silenzio meditabondo in tutti gli altri.
Sì, perché il prodotto principale della ditta retta da Michele Ferrero già nel nome ha indovinato la perfezione dell’ibrido, l’italianità che ingentilisce l’anglofonia, il diminutivo — ella che dà calore al monosillabo nut (il quale sta per la nostra nocciola). In quanto alla cosa, poi, la disponibilità a vaschette o molto meglio a barattoli di qualcosa che è crema ed è cioccolato può far sentire ogni goloso che si affacci ai bordi della confezione come Paperon de’ Paperoni sul trampolino da cui si tufferà nella piscina di dobloni. La Nutella! Consolazione, festa, delizia, peccato, godimento di lingua e palato, baffo all’angolo della guancia. E poi i cioccolatini dell’ambasciatore, gli ovetti con le sorprese da montare, i Mon Cherì e i Pocket Coffee, i Tic Tac e L’Estathè... Voluttà discrete, minime libidini dove la discrezione, la compostezza e il piemontesissimo «non esageriamo » sono altrettanti pertugi che aprono la via all’universo della più sconcertante, ma ordinaria, perversione. In fondo uno dei maggiori testimonial della Nutella è stato il Nanni Moretti di Bianca , personaggio del moralista rigidissimo le cui notti passate al cospetto di un barattolo magnum segnalava ben altre, ma altrettanto segrete, deviazioni.
Un apprezzabile cantore fu poi il comico Riccardo Cassini, vent’anni fa esatti, con il libro Nutella Nutellae edito da Comix nel 1995. Era un pastiche in latino maccheronico, le cui frasi richiamavano il De bello gallico: «Nutella omnia divisa est in par-tes tres: Unum: Nutella in va-schetta plasticae. Duum: Nutella in vitreis bicchieribus custodita.
Treum: Nutella sita in magno ba-rattolo ( magno barattolo sì, sed melium est si magno Nutella in barattolo)». Indimenticabile anche il titolo del secondo capitolo: «De inutilitate nascondimenti barattolorum Nutellæ ab illusibus mammibus» . Oggi Cassini è peraltro autore del festival di Conti, a emblema di come l’italianità abbia a che fare col tormentone – o con l’Eterno Ritorno.
Ma altro che Sanremo! Si vadano a contare le ricorrenze del nome Nutella sui social network, nei blog, in ogni canale dell’espressività giovane o giovanile. Ci sono rockstar universali che vengono citate meno. E poi si consultino le classifiche della reputation di azienda su scala mondiale. Ferrero è davanti a tutti. Se Roland Barthes ha elevato a «mythologies» (in italiano, Miti d’oggi) prodotti come la Cïtroen DéEsse, un suo emulo italiano non potrebbe che analizzare la «mitologia» della Nutella e di molti prodotti suoi cugini. Al fondo del barattolo troverebbe, probabilmente, l’idea più solida, ma anche meno sgargiante, di «made in Italy»: produzione di eccellenza, confezione sapiente, distribuzione capillare. Al consumatore, cucchiaini (o cucchiaioni) e praline di godimento. Al produttore, potenza economica assoluta e inappariscente.
Michele Ferrero scompare, nel silenzio in cui ha vissuto, e speriamo che non si porti dietro il suo segreto più prezioso. Che non è affatto il segreto industriale della ricetta della Nutella, gelosamente e golosamente conservato, come è ovvio; bensì il segreto dell’impianto di un marketing ineguagliato. Non proponendosi come prodotti d’eccezione, quelle che hanno fatto la sua fortuna sono ghiottonerie di tutti i giorni, vizietti che tramano la nostra vita quotidiana e finiscono per apparire perfettamente naturali, legittimi, insindacabili. Pane e Nutella: uno dei due ingredienti è, forse, artificiale?
Stefano Bartezzaghi, la Repubblica 15/2/2015