Paolo Berizzi, la Repubblica 15/2/2015, 15 febbraio 2015
COPENAGHEN, SPARI AL CONVEGNO SULL’ISLAM “UN ATTACCO COME A CHARLIE HEBDO”
COPENAGHEN.
La linea sottile della psicosi sono tre camionette della polizia e un gruppo di giovanissime atlete che rompono la visuale in direzione del Krudttønden Cafe. Non è una redazione “infedele”. Non è un centro ebraico né un supermercato kosher: è un jazz club. Ma poteva essere qualsiasi cosa, come accaduto poi in piena notte alla Sinagoga: due poliziotti feriti e un uomo colpito alla testa.
L’importante che dentro ci fosse lui, Lars Vilks, l’ennesimo artista da punire in nome del Corano deviato. «Volevano fare come a Charlie Hebdo : stesso tipo di attacco mirato. Hanno solo avuto meno tempo a disposizione», ragiona l’agente in tenuta antisommossa sotto la pioggia che riflette sull’asfalto le luci livide delle sirene. Alle dieci della sera Copenaghen ha il corpo di Parigi, così come il Maometto disegnato da Vilks era raffigurato con il corpo di un cane: l’unica differenza è che qui il vendicatore del Profeta ha mancato l’obbiettivo. Al posto del disegnatore sulla cui testa pende una fatwa dalla pubblicazione nel 2007 della vignetta su Maometto sul giornale danese Jyllands-Posten , nell’attentato è stato ucciso un uomo di 40 anni, e tre poliziotti sono rimasti feriti.
«Ho sentito i colpi delle armi automatiche, la polizia che ha risposto agli spari, le grida. Mi sono riparato dietro al bancone del bar e ho aspettato che finisse tutto», ha raccontato Niels Ivar Larsen, uno dei relatori del dibattito su Islam e libertà di espressione organizzato nel locale, a T-V2 Channel. «Hanno cercato di sfondare le vetrine. Poi sarebbero entrati per ammazzarlo». Le prime voci parlavano di un commando formato da due persone: sembra invece che a entrare in azione sia stato un solo attentatore. Un uomo tra i 25 e i 30, tratti arabi, giubbotto di marca Moncler, una maschera sul volto. Il terrorista non ha fatto in tempo a raggiungere Lars Vilks perché dopo i primi spari — fucile automatico come quelli usati dai fratelli Kouachi cinque settimane fa nella redazione di Charlie — la polizia ha aperto il fuoco mettendolo in fuga.
Qual era il piano che aveva in mente? Pare un’inquietante fotocopia dell’azione parigina. L’obbiettivo «satirico». La spietata velocità di esecuzione nell’assalto. In pieno giorno e in mezzo alla gente, e in un luogo diventato, ieri, straordinariamente simbolico: perché alle quattro del pomeriggio nella sala interna del Krudttønden, un locale frequentato da artisti e creativi, una specie di laboratorio di idee e di arti, soprattutto musica, molti concerti jazz, si parlava di Islam e pensiero libero. Due concetti inconciliabili per i fondamentalisti del kalashnikov. I quali, evidentemente, non aspettavano occasione migliore. Tra i relatori del dibattito c’era lui: Lars Vilks, 68 anni tra disegni e sculture, una scorta che lo segue come un’ombra da sette anni, da quando la fama di “blasfemo” lo ha fatto finire nella lista nera stilata dagli islamisti che seminano morte in Europa.
Le prime esplosioni quando stava per prendere la parola. Un po’ ospite d’eccezione e un po’ padrone di casa. Perché al Krudttønden, Vilks è una sorta di guru: sta in cima al pantheon dei frequentatori del locale. E qui l’anno scorso il comitato intitolato proprio al disegnatore svedese aveva premiato “Charlie Hebdo” per la libertà di espressione. Un posto noto a Copenaghen per la sua “linea” ispiratrice. Musica dal vivo sì, ma anche tanti dibattiti, serate a tema per propagandare la difesa di quella sacra democrazia che sta alla base della libertà d’espressione. E di cui la Danimarca è paladina. Gli spari, dunque. Trenta proiettili si conficcano nella vetrina. Secondo le prime fonti inquirenti l’attentatore ne avrebbe esplosi molti di più: tra i 50 e i 100. Per aprirsi il varco ed entrare nel locale.
Oltre a Vilks, controllato dagli agenti della scorta, in sala c’era un altro ospite importante: l’ambasciatore francese François Zimeray. Dopo il blitz twitta questo messaggio: «Still alive in the room» («Ancora vivo in sala»). Il caso, forse. O qualche secondo trascorso di troppo. Ora le indagini. L ‘ipotesi di un complice, un secondo uomo in attesa sulla Volswagen Polo nera a bordo della quale è fuggito lo sparatore e ritrovata poco dopo (curiosità: anche i fratelli Kouachi, dopo avere mollato la Citroen C3 nera dell’assatlo a Charlie Hebdo, hanno proseguito la loro fuga su una Polo), non è ancora stata esclusa: ed è uno dei tanti punti sui quali stanno lavorando gli investigatori. «Direi che ci sono stati almeno 50 colpi — racconta l’ambasciatore Francois Zimeray — anche se la polizia sta dicendo 200 — . I proiettili sono entrati attraverso gli ingressi e ci siamo tutti gettati a terra». Il clima a Copenaghen è pesantissimo e la tensione resta alta: posti di blocco sono stati disposti ovunque, fin dal pomeriggio, lungo il perimetro della città. Come a Parigi 35 giorni fa, per dare la caccia all’attentatore (è stata diffusa una foto) e agli eventuali complici, sono in campo i reparti speciali della polizia e le unità d’élite dell’Antiterrorismo. Il presidente francese François Hollande ha espresso la solidarietà della Francia al premier danese Helle Thorning Schmidt e ha annunciato l’imminente partenza per Copenaghen del ministro dell’Interno Bernard Cazeneuve.
Paolo Berizzi, la Repubblica 15/2/2015