Fabio Martini, La Stampa 15/2/2015, 15 febbraio 2015
QUANDO LE FAZIONI CHIESERO A RENZI DI AFFIDARE A PRODI LA MEDIAZIONE
Nelle ultime 48 ore l’Italia ha imperiosamente alzato il vessillo della «liberazione» della Libia dalla minaccia del Califfato, una svolta autentica, perché nei mesi scorsi palazzo Chigi aveva assunto un atteggiamento improntato ad un complessivo «understatement» su tutta questa vicenda. In particolare, quando erano giunti dalla stessa Libia due significativi appelli: l’estate scorsa, due lettere (del primo ministro libico e di uno dei capi clan in lotta) erano state indirizzate a Matteo Renzi, convergenti nel richiedere con toni accorati all’Italia di attivarsi, per affidare un ruolo di mediazione all’unica personalità riconosciuta come autorevole dalle fazioni in conflitto: Romano Prodi. Una richiesta che non si è mai concretizzata, ma che potrebbe avere ancora una sua attualità, considerato che alcune delle parti impegnate nel conflitto non hanno cambiato opinione.
IL DOCUMENTO
Le lettere risalgono al mese di agosto del 2014. In Libia la situazione stava iniziando a degenerare, ma c’erano ancora spazi per una mediazione. La prima lettera la scrive il primo ministro della Libia: «Noi vedremmo con riguardo il ruolo che il presidente Romano Prodi potrebbe rivestire come mediatore», un ruolo favorito dalla sua «straordinaria conoscenza delle posizioni che si contrappongono nel mio Paese». Toni simili nella lettera spedita a Renzi da Ajali Brani, presidente del Counciil of the Supreme Council of the Libyan Tribes & cities: «C’è urgente bisogno di un mediatore internazionalmente riconosciuto, con una specifica conoscenza del nostro Paese», una personalità del calibro di Romano Prodi, «che ha già dato un rilevante contributo nel passato, agendo sempre come personalità imparziale e impegnata al dialogo».
TENTATIVI FALLITI
Sollecitazioni su Prodi che, al di là dei possibili sondaggi realizzati da Renzi e come tali coperti dal riserbo diplomatico, non hanno prodotto effetti tangibili. E d’altra parte non è la prima volta che la mediazione di Prodi viene invocata senza successo. Nell’agosto 2011, due mesi prima della caduta di Gheddafi ci fu un tentativo per nominare il Professore mediatore Onu su iniziativa dell’ex presidente sudafricano Thabo Mbeki, che presiedeva il Forum africano dei capi di stato e di governo africani e che inviò una missiva «confidenziale» al segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon. Cinque giorni dopo 25 ex presidenti e primi ministri africani firmano un documento in cui chiedono sempre al segretario Onu di nominare Prodi mediatore internazionale Ma quei due tentativi si scontrarono nell’ostilità della Francia e della Gran Bretagna, i due Paesi che, per interessi legati al petrolio, contendono all’Italia un ruolo di primo piano in Libia. La mediazione in atto, affidata dall’Onu al commissario spagnolo Bernardino Leon, è sostanzialmente fallita. Ora tutti i paesi che aspirano ad una influenza in Libia, potrebbero essere interessati a rinunciare a «combattersi», coalizzandosi pur di trovare una via d’uscita. Una via diplomatica.
Fabio Martini, La Stampa 15/2/2015