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SETTE GIORNI DI CATTIVI PENSIERI
IL SILENZIO DI COMPLICI E FURBETTI SOTTO LA BANDIERA DELLA GRANA
GIANNI MURA
KHUL bumbug yg khulbungug ch dud. Bello slogan: il calcio a chi ama il calcio. Spero che la grafia e la traduzione dal mongolo, che ho trascritto dal Manifesto, siano corrette. Le ultime faccenduole del nostro calcio fanno venire una gran voglia di altrove. E la Mongolia è abbastanza altrove. Il presidente, per 17 anni, della federcalcio, Ganbold Buyannamekh, travolto da svariati scandali ha dovuto dimettersi. Squalificato per cinque anni dalla Fifa per concussione nel pasticcio che portò all’assegnazione del mondiale 2022 al Qatar. Secondo gli oppositori aveva un’altra brutta abitudine: far di tutto perché il ranking della Mongolia rimanesse basso, così da poter contare sui puntuali versamenti della Fifa per migliorarlo. Quei fondi li usava per grandi feste private.
Attualmente nella graduatoria Fifa la Mongolia occupa il gradino numero 194. Meglio delle Isole Cook, peggio delle Seychelles e di Samoa. La federcalcio è stata fondata nel 1919 ma dal ’60 al ’98 la sua rappresentativa nazionale non ha mai giocato. Poi ha quasi sempre perso, vinto solo con Guam, Macao e Marianne Settentrionali. Sento che il mio altrove sarebbe più altrove se avessi potuto seguire una di questa sfide, ma non posso dire che in Italia ci si annoia. In Mongolia non hanno il problema di sfrondare i numeri, semmai di ampliarli. Infatti il campionato è passato da 7 a 8 squadre. L’unica che gioca lontano dalla capitale Ulan Bator è il Khangarid di Erdenet. Il campionato dura da fine giugno a fine agosto. L’inverno è lungo e gelido, si possono toccare i 40 sottozero. Ulan Bator, con circa 1.200.000 abitanti ha il 38% di popolazione in una nazione che ha la media di 1,5 abitante per kmq, quindi non è facile reclutare talenti qua e là. Sarà compito di Vojislav Bralusic, nuovo ct, serbo di Uzice, 35 anni, far crescere i Lupi Azzurri. Così li chiamano i non molti tifosi, in Mongolia le passioni sono i cavalli, il tiro con l’arco e la lotta.
La lotta, anche da noi. Ma non dichiarata ufficialmente. Percepibile sì. Almeno, stando a una dichiarazione di Lara Comi, parlamentare di Forza Italia e vicepresidente Ppe. Ha detto ieri: «Lo stillicidio sui giornali di oggi contro il presidente della Lazio Claudio Lotito dà perfettamente l’idea della macchina da guerra che è stata messa in piedi per screditare una persona che in soli sei mesi ha contribuito in maniera determinante a introdurre cambiamenti importanti nel mondo del calcio». Be’, più che uno stillicidio mi sembra che i rubinetti siano ben aperti. Quanto ai cambiamenti importanti nel mondo del calcio ottenuti in soli sei mesi (le fatiche di Ercole, al confronto, un bruscolino) sarebbe bello conoscerli, sempre che non si tratti di Tavecchio al posto di Abete e di Lotito al posto di chi gli pare. Crescendo di Comi: “Il disegno è più che chiaro: con metodi subdoli si cerca di gettare fango su chi ha avuto ed ha il coraggio di innovare e scardinare rendite di posizione che in questi anni hanno fatto solo il male del mondo del pallone”. Messa giù così, Lotito sembra un mix di Superman, Garibaldi e san Francesco. Un po’ troppo, dal mio punto di vista. Da quello di Lotito, un po’poco.
Guai a sottovalutare Lotito, ve lo dice un lotitologo dilettante. Uno che vince il braccio di ferro con gli Irriducibili non è Superman ma nemmeno un criceto. Uno che salva la Lazio ottenendo che 140 milioni di debiti siano spalmati su 23 anni (legge ad personam o come si disse ai tempi ad squadram) sa come ci si muove. Non sembra il caso, però, di mettere in funzione una macchina da guerra per screditare qualcuno che riesce a screditarsi da solo. Non tanto per quella telefonata registrata e resa pubblica da Iodice, ma perché quel che ha detto Lotito in quella telefonata lo pensa davvero, e non è il solo. E si tratta di un attentato a uno dei cardini dello sport, il diritto di partecipazione ottenuto sul campo a prescindere dai 600, 6.000 o 60.000 abbonati. Di tutti i presidenti riuniti in Lega, nessuno ha detto una parola sulla telefonata di Lotito. Nemmeno Agnelli, che non rappresenta una squadretta. E non è il silenzio degli innocenti. È il silenzio dei complici, degli incapaci, dei furbetti, degli arruolati o arruolabili sotto l’unica bandiera della grana, di quelli che pensano che è meglio non esporsi, di quelli né carne né pesce, di quelli che non sanno quello che fanno oppure lo sanno benissimo.
Sento invocare un intervento dei politici. Chi sarebbero, i politici, quelli che giovedì sera in aula si menavano come in curva, quelli che facevano i cori “ser/va ser/va” come allo stadio? Meglio di no. Sono quelli che ai meno protetti fanno quello che Lotito vorrebbe fare al Carpi e al Frosinone. Per chi sta affossando il calcio italiano e chi l’Italia il cartello “lavori in corso” è sempre esposto. Ognuno il suo. E, per i superstiziosi, rinnovo l’invito: non sottovalutate Lotito. Per sminuire Iodice aveva detto che porta male. Ma lui pure non scherza: l’Ischia ha perso in casa con l’Aversa Normanna, ultima in classifica, il Frosinone ne ha beccati 3 ad Avellino, il Carpi ha pareggiato in casa con lo Spezia fallendo un rigore (che non c’era)negli ultimi minuti. Il Sassuolo (non nominato, ma sempre del gruppo delle piccole) ha perso in casa con la Fiorentina. Ha vinto solo il Latina. Oggi e domani ci sarà da discutere su qualche fuorigioco o qualche rigore, tra due giorni il mare (non nostro) tornerà calmo. L’ordine è ristabilito.
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