Roberto Fiori, La Stampa 15/2/2015, 15 febbraio 2015
AL FIGLIO GIOVANNI L’IMPERO COSTRUITO IN QUARANT’ANNI
Era il 1997 quando Michele Ferrero, dopo aver guidato per 40 anni l’azienda di famiglia trasformandola da impresa locale a colosso multinazionale, decideva di passare il testimone ai figli Pietro e Giovanni, con la nomina a Chief Executive Officers. Da allora, il patriarca non si era riservato nessuna carica ufficiale all’interno del gruppo: non sedeva neppure nel Cda della holding Ferrero International, presieduta dalla moglie Maria Franca.
Ma nessuno pensi a qualcosa anche solo minimamente simile alla pensione: Michele Ferrero viveva in simbiosi con la sua creatura e semplicemente trascorreva la sua vita in una famiglia che è anche un’azienda e in un’azienda che è anche una famiglia.
Dopo aver lasciato la guida ai figli, decise di andare a vivere a Montecarlo, dove ha sede un’altra società del gruppo, Soremartec, i cui compiti vanno dall’innovazione del prodotto al rinnovamento dei sistemi di produzione, fino ai test di mercato. E proprio sul prodotto ha continuato ad esercitare tutta la sua influenza, facendo la spola con il suo elicottero tra Montecarlo e Alba per continue riunioni e test, forte di una genialità e di una sintonia con il consumatore straordinarie.
La sua strategia ha sempre avuto una sola regola: massima visibilità ai prodotti, riservatezza assoluta in famiglia e nell’organizzazione industriale. E ancora: crescere per vie interne, senza fare grandi acquisizioni e senza cedere alle lusinghe della Borsa.
Fu seguendo questi principi che Michele Ferrero ebbe un ruolo fondamentale, nel 2010, nel far sfumare le trattative avviate per l’acquisto del gruppo inglese Cadbury.
Quando, nell’aprile del 2011, il figlio Pietro muore sulle strade del Sudafrica mentre è in sella all’amata bicicletta, Michele Ferrero ha la forza, a 86 anni, di riprendere in pieno l’attività per sostenere il figlio Giovanni, rimasto solo alla guida del gruppo.
E insieme superano la tragedia famigliare e imprenditoriale, pianificando un ulteriore sviluppo. Sotto la guida di Giovanni, che vive a Bruxelles e ha creato il suo quartier generale in Lussemburgo, dove ha sede la holding, la Ferrero ha superato gli 8 miliardi di euro di fatturato, ha aperto nuovi stabilimenti in Messico e Turchia ed è pronta a sbarcare in Cina. Sarà il 21° sito produttivo, mentre le società consolidate sono 73 e servono cento mercati finali, grazie al lavoro di oltre trentamila dipendenti.
E’ infatti guardando contemporaneamente a est e a ovest che la multinazionale nata ad Alba nel 1946 sta cercando di replicare il successo ottenuto in Italia e in Europa da Michele Ferrero negli Anni Sessanta e Settanta con prodotti come Nutella, Rocher, Mon Chéri, Tic Tac e Kinder cioccolato.
Se sul mercato interno il perdurare della crisi anche quest’anno ha impattato negativamente sulle vendite, facendo calare del 5,6% il fatturato 2013-2014 della consociata italiana (pari a 2.547 milioni di euro), la holding si prepara a chiudere un bilancio ancora in crescita: i dati definitivi saranno divulgati a marzo, ma il fatturato complessivo migliorerà gli 8,1 miliardi registrati l’anno scorso.
E sono i Paesi emergenti a trainare il boom di una Ferrero sempre più a vocazione internazionale. Proprio per questo Giovanni Ferrero ha da pochi giorni chiamato al suo fianco un nuovo top manager: si tratta di Aldo Uva, approdato in Ferrero lasciando dopo cinque anni la presidenza della divisione Flavors di Firmenich, la multinazionale svizzera degli aromi naturali e artificiali. Lo aiuterà a dirigere i piani strategici per la crescita dell’azienda nei nuovi mercati, a partire da Cina e Stati Uniti. Un traguardo alla portata, ma che il patriarca Michele Ferrero non potrà vedere.
Roberto Fiori, La Stampa 15/2/2015