Marco Palombi, il Fatto Quotidiano 15/2/2015, 15 febbraio 2015
PM E CANTONE, BLITZ ALL’INPS: UNO STRANO APPALTO DA 75 MILIONI
Da lunedì scorso, nei corridoi che ospitano la dirigenza Inps, c’è un’aria pesantissima. Non si tratta dell’arrivo dell’economista Tito Boeri, la cui nomina a presidente è stata appena ufficializzata dal governo, e nemmeno del fatto che da ieri l’incarico del direttore generale Mauro Nori è scaduto e vive una sorta di regime di proroga. Il fatto è che gli uomini del Nucleo tutela mercati della Guardia di Finanza si sono installati in un ufficio e stanno studiando i dettagli di uno strano appalto di cui il Fatto Quotidiano scrisse il 30 aprile scorso: quello sulla gestione degli archivi dell’Istituto. Sulla vicenda indagano sia la Procura di Roma – il fascicolo è in mano al procuratore capo Giuseppe Pignatone e al pm Giuseppe Deodato – sia l’Autorità anti-corruzione di Raffaele Cantone: a oggi nessuno risulta indagato, ma novità sono attese a breve. Come detto, tutto gira attorno all’appalto degli archivi Inps – un’immensa massa di carta e supporti ottici prodotta ogni giorno dal più grande ente previdenziale d’Europa – assegnato senza gara per 9 anni alla società Delta uno servizi Spa al non modico prezzo di 8,3 milioni di euro l’anno (più una quota variabile a seconda del peso). Visto che il contratto prevede in sostanza un servizio di facchinaggio e poco altro – niente digitalizzazione dei dati, ad esempio – la redditività si avvicina a quella di un’attività illecita: circa il 400%, calcolano gli esperti. Non solo: Delta avrebbe organizzato il servizio in modo da rendere difficile la sua sostituzione, ostacolando anche la futura messa a gara e estendendo nel frattempo la sua influenza alle sedi regionali.
La fusione con Inpdap e quei tre esposti alla magistratura
Tutto era iniziato con alcune interrogazioni parlamentari e esposti alla magistratura firmati dall’ex presidente Inps Antonio Mastrapasqua, dal Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps e dal magistrato della Corte dei Conti che controlla l’ente: tutti abbastanza distratti se si pensa che Delta servizi gestisce quell’appalto dal lontano 1998. Era successo che, dopo la fusione con Inpdap voluta da Mario Monti, qualche funzionario avesse sollevato dubbi sulla bontà dell’accordo: troppo oneroso per i servizi acquistati. Un dirigente aveva anche tentato la strada della risoluzione del contratto, ma senza riuscirci: i vertici Inps avevano fatto resistenza e Delta uno ha continuato ad accumulare faldoni e altro nei suoi magazzini di Pomezia e Ciampino, vicino Roma. Ora, però, Procura e Anac sono al lavoro sugli archivi. Il dg Nori aveva proposto a Cantone una due diligence su tutti gli appalti Inps, ma l’Anti-corruzione ha risposto picche: intanto cominciamo da questo, poi si vede. Avranno da lavorare parecchio: tutto inizia, infatti, nel lontano maggio 1998, quando l’Inps – all’epoca guidato da Gianni Billia – affida, senza gara, l’appalto per la gestione del suo intero archivio alla Delta uno servizi Spa per nove anni. Si tratta di trovare un posto in cui sistemare un mare di fascicoli, conservarli con una certa cura e riportarli indietro in caso di bisogno. Costo dell’operazione: circa 45 miliardi di lire dell’epoca, più la solita quota variabile per peso. L’incarico viene poi rinnovato nell’estate 2008 al prezzo stavolta di 75 milioni di euro (più la parte variabile) fino al luglio 2017. Anche stavolta senza gara: il contratto – che Il Fatto ha visto – parla di “procedura negoziata”, cioè di trattativa privata. Questo genere di trattativa però è ammessa solo in casi eccezionali: urgenza, tutela di diritti esclusivi, circostanze impreviste e cose così. Niente che riguardi l’archivio Inps: quel servizio può essere erogato da qualunque azienda operi nel settore e dunque la vera discriminante è il prezzo. La gara era obbligatoria.
Il rinnovo 2008-2017 e i fantasmi dietro Delta uno
Il secondo contratto, quello su cui si concentrano gli inquirenti, parte nel luglio 2008, quando all’Inps era appena iniziato il lungo regno monocratico di Antonio Mastrapasqua, ex presidente caro al Gentiluomo di Sua Santità Gianni Letta. Il valore del contratto fu fissato in 75 milioni per 9 anni, più le parti variabili per le eccedenze di peso, che adesso cominciano a essere corposevistochedal2012ilcontratto di Delta uno servizi s’è arricchito pure dell’archivio Inpdap. A oggi non si sa quale sia l’esborso complessivo di Inps per la gestione degli archivi: anche senza conoscere la parte variabile comunque, con cifre inferiori agli 8 milioni e mezzo l’anno del prezzo base, l’Inail ha digitalizzato archivi e servizi.
Resta una domanda: cos’è Delta uno servizi Spa? Risulta fondata nel 1993, ha sede a Pomezia, 63 dipendenti e un amministratore unico che risponde al nome di Roberto La Rosa. Il valore della produzione, al dicembre 2013, era di quasi 13 milioni di euro, gli utili 2,5 milioni: significa che se Inps non è il suo unico cliente, poco ci manca. La cosa più interessante, però, la si scopre cercando i proprietari: non si sa chi siano, visto che sono schermati dal socio unico, che è una fiduciaria, quella di Banca Finnat.
E questo è almeno un nome interessante visto che si tratta della banca della famiglia Nattino, ubiqua al potere romano (Francesco Gaetano Caltagirone è nel cda, come Nattino senior è in quello di Caltagirone editore) e con grandi entrature in Vaticano: monsignor Scarano, per dire, li cita spesso nelle carte della recente inchiesta sullo Ior. In questo caso, però, Finnat fiduciaria è solo lo schermo (legale, per carità): resta la bizzarria di un ente pubblico che concede appalti – senza gara – a una società di cui non si può conoscere la proprietà. Anche su questo gli inquirenti stanno lavorando: chi c’è dietro Delta?
Marco Palombi, il Fatto Quotidiano 15/2/2015