Massimiliano Panarari, La Stampa 15/2/2015, 15 febbraio 2015
Dal Giandujot in pasticceria alla Nutella il marchio che ha conquistato il mondo Massimiliano Panarari Se per i consumatori del Villaggio globale il nostro Belpaese (per la verità, piuttosto ammaccato e bisognoso di restauri…) è diventato soprattutto un “dolce Paese” il merito va anche (e, forse, in maniera preponderante) alla multinazionale zuccherina di Alba
Dal Giandujot in pasticceria alla Nutella il marchio che ha conquistato il mondo Massimiliano Panarari Se per i consumatori del Villaggio globale il nostro Belpaese (per la verità, piuttosto ammaccato e bisognoso di restauri…) è diventato soprattutto un “dolce Paese” il merito va anche (e, forse, in maniera preponderante) alla multinazionale zuccherina di Alba. E al talento del suo patriarca appena scomparso, Michele Ferrero, con il quale se ne va un protagonista fondamentale dell’industria nazionale e un uomo che ha lasciato un segno profondo nelle abitudini alimentari degli italiani. Dal Giandujot degli albori del laboratorio di pasticceria di Pietro Ferrero fino ai giorni nostri, passando per l’Italia del boom economico (e del “miracolo Nutella”, nato nel ’64 da un’intuizione del figlio Michele), l’ascesa trionfale del Gruppo Ferrero coincide con un lavoro incessante e attentissimo di brand identity e di marketing di prodotto da parte di un’impresa che, nel tempo, si è internazionalizzata sempre più irresistibilmente e si è fatta pionieristico e formidabile investitore pubblicitario. Quello che si avviava a essere un impero delle merendine (e del loro immaginario per le generazioni a venire) lanciava, all’inizio degli anni Sessanta, la linea Brioss per bambini e ragazzi, e nel ‘68 faceva anch’esso la sua rivoluzione a colpi di Kinder Cioccolato (rivolto al target delle madri sempre più sensibili a quello che mangiavano i figli), sintonizzandosi così di fatto sulla prima ondata di valori postmaterialisti entrati negli stili di vita delle società occidentali. Sempre quell’anno arrivarono i Pocket coffee e poi, via via, i Tic Tac, l’Estathé, i Ferrero Rocher, e chi più ne ha più ne metta: tutti prodotti di larghissimo consumo, anche grazie allo sbarco in televisione di lunga data dell’azienda (ampiamente presente all’interno di Carosello), capace di commissionare spot (e slogan) che, in molti casi, si sarebbero rivelati fortunatissimi, generando tormentoni di successo. La Ferrero ha significativamente accompagnato l’evoluzione della comunicazione pubblicitaria e dell’advertising di questi decenni, trovando molto spesso la cifra pop vincente – per esempio, con la sua vasta gamma di sponsorizzazioni sportive, dal Giro d’Italia del ’67 alla Ferrari e alla nazionale di calcio, ma pure supportando varie campagne di educazione fisica per i più giovani nel nome del binomio alimentazione e salute (divenuto recentemente oggetto di richieste ancor più esigenti da parte dell’opinione pubblica). E il massimo di storytelling aziendale è consistito, naturalmente, nella mitologica Nutella, il prodotto che si fa direttamente brand, in grado di affratellare, lungo le epoche, i baby-boomers e i Millennials. Picco della felicità (e dell’edonismo) in versione spalmabile ed “esperienza emozionale” celebrata da scrittori e registi, oggetto perfino di dibattito politico tra gli intellettuali dopo che Nanni Moretti e Giorgio Gaber l’hanno collocata a sinistra. Ma se c’è un dolce bipartisan e trasversalissimo, c’è poco da fare, quello è proprio la crema gianduia a base di cacao e nocciole partorita dall’estro di Michele Ferrero… @MPanarari