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 2015  febbraio 15 Domenica calendario

Attacco a Copenaghen contro il vignettista che ritrasse Maometto come un cane randagio • L’Isis avanza vero Tripoli • L’Isis minaccia il ministro Gentiloni • E’ morto Michele Ferrero • Il medico ammazzato a calci in discoteca Attentato Ieri alle 15

Attacco a Copenaghen contro il vignettista che ritrasse Maometto come un cane randagio • L’Isis avanza vero Tripoli • L’Isis minaccia il ministro Gentiloni • E’ morto Michele Ferrero • Il medico ammazzato a calci in discoteca Attentato Ieri alle 15.30 uno uomo incappucciato e vestito di scuro - i testimoni parlano di una tuta nera, «come quelli di Charlie Hebdo» - ha fatto irruzione nella sala conferenze del centro culturale «Krudttønden» di Copenaghen dove si teneva un convegno dal titolo «Arte, blasfemia e libertà di espressione», che voleva essere «un omaggio a Charlie Hebdo» nell’anniversario della fatwa contro Salman Rushdie. Il foyer del centro culturale era presidiato dai poliziotti che hanno risposto immediatamente al fuoco riuscendo a evitare che l’attentatore raggiungesse la sala conferenze. Nella sparatoria sono rimasti feriti tre agenti e un uomo, un civile di 40 anni, è stato ucciso. I testimoni parlano di 40-50 colpi esplosi in pochissimi minuti. La giornata di dibattiti era stata organizzata dal «Comitato Lars Vilks», il disegnatore svedese - presente ieri al centro culturale - minacciato di morte dal 2007 per le vignette considerate blasfeme perché ritraevano Maometto come un cane randagio. Vilks vive sotto scorta da allora, ed è stato portato in una cella frigorifera non appena iniziato l’assalto. La polizia danese ipotizza che fosse lui l’obbiettivo dell’attentato. Il blitz è durato 2-3 minuti al massimo. Respinto dal fuoco della polizia il terrorista è fuggito in direzione di un enorme parco a pochi metri dal centro culturale. Isis 1 Ieri l’Isis ha preso il controllo di gran parte di Sirte, località strategica sulla via per Tripoli. Dopo aver occupato la tv e la radio di Sirte sostituendo la musica con il Corano, gli jihadisti si sono installati negli edifici governativi, hanno bloccato la polizia e sono scesi in strada a annunciare la prossima tappa, Misurata, la terza città del Paese distante appena 250 km. La comunità internazionale è in fibrillazione. L’ipotesi dell’intervento studiata da mesi al Cairo (e ad Algeri) si va materializzando alla luce dell’incapacità reattiva della Libia spaccata tra il governo filo Fratelli Musulmani di Tripoli e quello in esilio di Tobruk. Sullo sfondo le nubi di una grave crisi alimentare con le riserve di grano sufficienti per altri 3 tre mesi e l’export di petrolio calato a 200 mila barili al giorno, un quinto del 2013 (ieri tra l’altro è stato attaccato l’oleodotto di al-Sarir, nel sud, e si è interrotto il flusso di greggio verso Tobruk). Isis 2 Nella città irachena occupata di Mosul, ai giornalisti del califfo Abu Bakr Baghdadi non è sfuggita la dichiarazione di venerdì del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. «L’Italia in Libia è pronta a combattere il terrorismo nel quadro di una missione Onu», diceva il capo della Farnesina. Un concetto che Gentiloni esprime da mesi, anche per spingere le Nazioni Unite a fare di più. Ma venerdì aveva scelto di fare un cambio lessicale, un “combattere” al posto di “impegnarsi contro il terrorismo”. E Radio Mosul lo ha registrato, pronta a rilanciare la sua sfida all’italiano: «Il ministro degli Esteri dell’Italia crociata reagisce all’avanzata dei mujahiddin in Libia, (l’Italia) ora sarebbe pronta a unirsi alla forza guidata dalle Nazioni atee (l’Onu) per combattere lo Stato islamico». Gentiloni ieri pomeriggio naturalmente ha confermato le sue idee: «La Libia deve diventare una priorità e l’Italia sollecita questa priorità davanti alla comunità internazionale». Dopo il ministro è il premier Matteo Renzi a ripetere: «Ci vuole una missione più forte dell’Onu, e l’Italia sarà pronta». Ferrero 1 È morto a Montecarlo, dopo mesi di malattia, Michele Ferrero, 89 anni, proprietario dell’omonimo gruppo dolciario. Nato a Dogliani il 26 aprile 1925, Michele Ferrero è stato l’artefice dello sviluppo - in Italia e all’estero - dell’azienda fondata dal padre Pietro nel 1946. Sotto la sua direzione l’azienda della Nutella è infatti diventata uno dei principali gruppi dolciari a livello mondiale, presente in 53 Paesi con oltre 34.000 collaboratori e 20 stabilimenti produttivi e 9 aziende agricole. E sempre per suo volere nasce, nel 1983, la Fondazione Ferrero, che oltre ad occuparsi degli ex dipendenti promuove iniziative culturali e artistiche. Ferrero 2 Michele Ferrero cinque anni fa aveva accettato di incontrare, nel suo stabilimento di Alba, Mario Calabresi. Gli aveva detto chiaramente che gli avrebbe parlato volentieri della sua vita e del suo lavoro ma a patto di non vederla pubblicata sul giornale la mattina dopo. Quel giorno gli aveva raccontato il suo «segreto»: «Fare sempre diverso dagli altri, avere fede, tenere duro e mettere ogni giorno al centro la Valeria […] La Valeria è la padrona di tutto, l’amministratore delegato, colei che può decidere del tuo successo o della tua fine, quella che devi rispettare, che non devi mai tradire ma capire fino in fondo […] La Valeria è la mamma che fa la spesa, la nonna, la zia, è il consumatore che decide cosa si compra ogni giorno. È lei che decide che Wal-Mart sia il più grande supermercato del mondo, che decreta il successo di un’idea e di un prodotto e se un giorno cambia idea e non viene più da te e non ti compra più, allora sei rovinato. Sei finito senza preavviso, perché non ti manda una lettera dell’avvocato per avvisare che taglia il contratto, semplicemente ha deciso di andare da un’altra parte, di non comprarti più». (Mario Calabresi, Sta) Ferrero 3 «Quello che amo di più? Certo la Nutella, ma il Mon Chéri è il prodotto degli inizi, quello che mi emoziona ricordare. Era l’inizio degli Anni Cinquanta e andammo in Germania, perché avevo pensato che il mercato del cioccolato dovesse guardare a Nord, dove lo consumano tutto l’anno». […] quando siamo arrivati era il dopoguerra, un Paese ancora pieno di macerie con i segni del conflitto, triste, depresso, in cui gli italiani erano visti malissimo. Ci consideravano traditori, malfattori e infidi, convincerli a comprare qualcosa da noi era una missione quasi impossibile. Cominciai ad andare dai distributori con l’idea di vendere cioccolatini in pezzo singolo, con dentro il liquore e la ciliegia. Mi dicevano che bisognava fare delle scatole, non degli incarti singoli, perché solo quelle si potevano mettere sugli scaffali dei negozi e quelle si vendevano. Io rispondevo che stavano mesi sugli scaffali e le persone le compravano solo per le grandi occasioni, per fare regali. Io invece pensavo a qualcosa che risollevasse il morale, che addolcisse ogni giorno la vita dei tedeschi: c’era il cioccolato, la ciliegia e c’era il liquore che scaldava in quell’epoca fredda e con scarsi riscaldamenti. Qualcosa che avesse una carta invogliante, elegante, lussuosa, di un rosso fiammante, che desse l’idea di una piccola festa ad un prezzo accessibile a tutti. Insistetti finché non trovai un uomo intelligente che si fece conquistare dalla mia idea. La Valeria tedesca aveva bisogno di essere confortata, di sentirsi bene ogni giorno, di potersi fare un piccolo regalo: poteva funzionare tra fidanzati, tra marito e moglie e non c’era bisogno di aspettare feste o ricorrenze. Poi in inverno feci mettere enormi cartelloni pubblicitari in ogni grande stazione della Germania, con un immenso mazzo di fiori che non sfioriva mai. Per Natale mi misi d’accordo con la Fiat e al centro delle dieci maggiori stazioni piazzai in bella mostra una topolino rossa che avrebbe premiato i vincitori di un concorso legato al Mon Chéri. Fu un successo travolgente e l’anno dopo facemmo le cose ancora più in grande e mettemmo in palio dei diamanti». Ferrero 4 L’intuizione che è sembrata più pazza ma che gli ha dato più soddisfazione: «È successo anni dopo, in Italia, quando pensai che l’uovo di cioccolato non poteva essere una cosa che si vendeva e si mangiava una volta all’anno, a Pasqua. Però ci voleva qualcosa di più piccolo, che si potesse comprare ogni giorno a poco prezzo, ma doveva ripetere quell’esperienza e allora ci voleva anche la sorpresa, ma in miniatura. Pensai alla Valeria mamma, che così poteva premiare il suo bambino perché aveva preso un bel voto a scuola, alla Valeria nonna che lo regalava per sentirsi dire: “Sei la più bella nonna del mondo” o alla Valeria zia che riusciva così a strappare al nipotino quel bacio e quell’abbraccio che faticavano sempre a conquistare. Ma così tanto cioccolato poteva preoccupare le mamme, allora pensai di rovesciare l’assunto tradizionale pubblicizzando che c’era “più latte e meno cacao”, quale miglior sensazione per una mamma di dare più latte al suo bambino? Così mi decisi e ordinai venti macchine per produrre ovetti, ma in azienda pensarono di aver capito male o che fossi diventato matto e non fecero partire l’ordine. Poi chiesero a mia moglie Maria Franca se la firma sull’ordine era davvero mia, lei confermò, ma per far partire la cosa dovetti intervenire di persona. Le obiezioni erano fortissime, dicevano che sarebbe stato un flop, che le uova si vendevano solo a Pasqua e allora io sbottai e dissi: “Da domani sarà Pasqua tutti i giorni”». Ferrero 5 «Tutti facevano il cioccolato solido e io l’ho fatto cremoso ed è nata la Nutella; tutti facevano le scatole di cioccolatini e noi cominciammo a venderli uno per uno, ma incartati da festa; tutti pensavano che noi italiani non potessimo pensare di andare in Germania a vendere cioccolato e oggi quello è il nostro primo mercato; tutti facevano l’uovo per Pasqua e io ho pensato che si potesse fare l’ovetto piccolo ma tutti i giorni; tutti volevano il cioccolato scuro e io ho detto che c’era più latte e meno cacao; tutti pensavano che il tè potesse essere solo quello con la bustina e caldo e io l’ho fatto freddo e senza bustina. L’Estathè per dieci anni non è esploso, ma io non mi sono scoraggiato, perché ero convinto che ci voleva tempo ma che l’intuizione era giusta e che la Valeria non sapeva ancora che era quello che aveva bisogno. Ma poi se ne è resa conto ed è stato un grande successo. Un unico rammarico: averlo lanciato solo in Italia, ma mi spaventavano con le indagini di mercato e non vollero portarlo in Francia e così oggi il mercato estero è già pieno di concorrenti. E poi ci inventammo uno scatolino morbido e leggerissimo che era una novità assoluta e la cannuccia…». «Sa perché ho potuto fare tutto questo? Per il fatto di essere una famiglia e di non essere quotati in Borsa: questo ha permesso di crescere con serenità, di avere piani di lungo periodo, di saper aspettare e non farsi prendere dalla frenesia dei su e giù quotidiani» (ibidem). Ferrero 6 «Quando dicono “Michele è un genio”, rispondo facendo finta di aver capito altro: “Sì è vero di secondo nome faccio Eugenio, la mia mamma mi chiamò Michele Eugenio”. Meglio fare così, altrimenti finirei per crederci e per montarmi la testa» (Michele Ferrero). (ibidem) Delitto Aldo Naro, 25 anni. Originario di San Cataldo, in provincia di Caltanissetta, figlio di un colonnello dei carabinieri e di un’insegnante in pensione, modi gentili, tifoso della Juventus e appassionato di Fantacalcio, laureato da sette mesi in Medicina e abilitato all’esercizio della professione medica da pochi giorni, voleva fare la specializzazione per diventare cardiologo. L’altra sera, con la fidanzata Simona Di Benedetto e alcuni amici, andò nella discoteca di Palermo “Goa” per la classica festa di carnevale. Verso le tre di notte un ragazzo sfilò dalla testa di un suo amico un cappello da cowboy, ne nacque una lite, lui si mise in mezzo per fare da paciere ma quello che aveva rubato il cappello l’altro lo prese a cazzotti e quando finì per terra gli sferrò un calcio in testa che lo uccise (morto pochi minuti dopo il ricovero in ospedale). Notte tra sabato 14 e domenica 15 febbraio a Palermo.