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 2015  febbraio 15 Domenica calendario

TEXAS, ULTIMO ATTO DI “AMERICAN SNIPER”

Una persona affetta da gravi disturbi psichiatrici, o un tossicodipendente che ben comprende la differenza tra giusto e sbagliato? Si sviluppa attorno a questa dicotomia il processo che vede imputato Eddie Ray Routh, ovvero l’omicida dell’«American Sniper». Routh è infatti l’ex militare che ha ucciso Chris Kyle, il cecchino dei Navy Seals a cui è ispirato il film diretto da Clint Eastwood, candidato a sei premi Oscar, e lui stesso coautore dell’omonimo «best-seller». Una sorta di celebrità, amata e disprezzata, a seconda dei punti di vista, per i suoi 160 colpi letali messi a segno che gli hanno fatto guadagnare il soprannome di «Diavolo di Ramadi», dalla città dove per più tempo è stato impiegato durante i suoi quattro contingentamenti in Iraq. Un processo quindi a rischio spettacolarizzazione, e proprio per questo la difesa di Routh ha tentato in tutti i modi di far slittare le udienze, per contenerne il già ampio eco mediatico.
LE ACCUSE
Sul capo dell’imputato, fra l’altro, pende l’accusa di doppio omicidio, visto che l’uomo non solo ha ucciso l’American Sniper, ma ha anche assassinato un commilitone di Kyle, Chad Littlefield, che assieme a lui aveva tentato di aiutare Routh. L’imputato era un tecnico dell’Esercito, anche lui impiegato in Iraq, e durante il terremoto del 2010, ad Haiti. Dopo il congedo, nello stesso anno, aveva sofferto di disturbi post traumatici, e aveva iniziato a prendere diversi farmaci. L’abuso di questi, unito al consumo di marijuana e alcol in grandi quantità, aveva causato al 27 enne molti problemi, tanto che la madre aveva chiesto proprio a Kyle di aiutare il figlio. E così l’ex Sniper, lasciata la divisa nel 2009 a 38 anni, assieme ad altri commilitoni, lo coinvolgeva sovente in iniziative organizzate a favore di veterani, come quella del 2 febbraio 2013 al poligono di Lancaster, in Texas, dove vivevano. Ironia della sorte, proprio il poligono si è trasformato nella tomba di Kyle. Il suo cadavere e quello dell’amico Littlefield sono stati rinvenuti in una pozza di sangue vicino a dove i tiratori si allenavano, mentre Routh è stato arrestato ad un centinaio di km di distanza a bordo del pick-up di Kyle, usato dall’omicida per una disperata quanto improbabile fuga.
I TESTIMONI
Alcuni testimoni dicono che una volta fermato Routh abbia detto di aver sparato perché quando viaggiavano tutti a bordo della vettura, i due «non mi stavano parlando, ed io soffrivo per questo». Secondo altri testimoni, l’omicida avrebbe detto in riferimento a Kyle, che «se non avessi preso la sua anima, avrebbe preso lui la mia». Secondo la difesa questo confermerebbe l’infermità mentale del ragazzo, secondo l’accusa, è il ragazzo che si sarebbe messo nella condizione di essere violento. Insomma, Routh è capace di intendere e di volere? Al tribunale texano la sentenza che chiude l’ultimo capitolo di America Sniper.
Francesco Semprini, La Stampa 15/2/2015