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 2015  febbraio 15 Domenica calendario

DALLA CINA DI CRAXI AL CANADA DI BERLUSCONI QUEL GUSTO DEI POTENTI PER I VIAGGI DA VIP

Quando il potere vuole rendersi la vita più comoda sono tre le formule magiche che di solito pronuncia per tappare la bocca ai potenziali guastafeste. La prima è l’Europa: in Europa si fa così, e quindi zitti. La seconda è la privacy, che però funziona solo in certi casi. La terza è la Sicurezza, divinità definitiva.
In questo senso il fatto che il neo presidente della Repubblica si sia comprato il biglietto e abbia raggiunto Palermo con un volo di linea è un piccolo grande evento che ha il merito di rendere d’ora in poi problematici, per non dire decisamente più scomodi i confortevoli viaggetti dei potenti. Sui quali ogni tanto la libera informazione avrebbe pure qualcosa a che ridire nonostante le risolute, pietose, ridicole e comunque comprensibili messe a punto che le varie amministrazioni emettono con una certa frequenza.
È ancora caldo, per dire, il motore dell’aereo di Stato che all’inizio di gennaio, per ragioni di Sicurezza, è partito da Firenze allo scopo di trasportare sulle nevi della Valle d’Aosta il presidente Renzi e i suoi cari.
La formula famigliare e ormai quasi trentennale aggiorna una celebre battuta dell’allora ministro degli Esteri Andreotti che nel 1986 volle in tal modo sanzionare l’affollata carovana, circa 60 persone, che il premier Craxi si era portato in Cina.
Quella volta Bettino decisamente aveva esagerato. Tra gli ospiti personali, per capirsi, oltre a Marina Ripa di Meana che faceva lo yoga sull’aereo, c’erano la ragazza che Bobo Craxi poi non sposò e la fidanzata di Martelli che doveva girare un documentario da nessuno mai visto. A quel volo di Stato, oltretutto, se ne aggiunse un altro fino a Macao, capitale del gioco d’azzardo, e poi un’altra puntata ancora in India per far visita al fratello di Craxi, Antonio, ospite del santone Sai Baba che per il presidente italiano materializzò una certa polvere magica, il vibhuti, che tuttavia non portò molta fortuna al garofano.
Craxi fece installare nel Gulfstream presidenziale un divano su cui sdraiarsi e leggere i giornali; il ministro De Michelis a un certo punto prese a fare capodanno assai lontano, Hanoi, Pechino, di nuovo Hanoi. I democristiani, in questo relativamente più furbi, viaggiavano con i veicoli di Tanzi (De Mita, Scotti, Goria) e di Ciarrapico (Andreotti); ma entrambi si possono considerare pionieri e profeti di una pratica scroccona destinata a proliferare anche dopo la crisi, le punizioni e i buoni propositi di Mani Pulite.
La scelta austera di Mattarella richiama piuttosto la stagione remota di Pertini, ma anche quella più recente di Ciampi, che da Governatore e poi ministro dell’Economia viaggiava sempre su voli di linea dell’Alitalia (a differenza di Antonio Fazio), come del resto Mario Draghi. Ma si tratta appunto di eccezioni: meritevoli, se non altro, di un ricordo. Nella Seconda Repubblica il potere è in effetti tornato a bordo con uno slancio e una indifferenza alle critiche che rendono arduo un censimento completo del malcostume aeronautico e bipartisan nell’epoca della “casta”.
Volare, oh-oh. Così, furono via via pizzicati Scognamiglio, poi Maroni, poi Mastella e Rutelli diretti al Gran Premio di Monza, poi Bertinotti, ma il rischio è di fargli un torto perché tanti altri ne approfittavano senza che nessuno ormai ci facesse tanto più caso. La classica giustificazione ex post è che gli aerei dovevano comunque partire, quindi le spese non cambiavano. Ma durante la questione Enac-Rotkopf, D’Alema allargò l’orizzonte della faccenda: «Quanto ai voli è assurdo dire che potevo pagarmi un volo di linea. Come parlamentare io non pago i voli di linea, se ho preso un passaggio per fare tre comizi invece di uno il risparmio non è stato mio, ma dei contribuenti» - anche se forse era troppo pretendere la gratitudine di questi ultimi.
Berlusconi volle modificare il logo degli aerei di Stato, ma incappò nell’onnipresente fotografo Zappadu cui si debbono le immagini di diversi trasbordi Roma-Olbia e ritorno per l’opportuna convenienza di parecchie graziose ragazzette convocate ad uso “cene eleganti”. Ma alcuni aerei risultarono della Fininvest per cui non si capiva più bene se il Cavaliere ci marciava o no. In compenso è sicuro che in Canada, missione ufficiale, si portò dietro quella Dama bianca che l’altr’anno è stata beccata con un notevole quantitativo di droga al seguito.
In quel caso l’invocazione della Sicurezza sarebbe suonata irreale, e al tempo stesso troppo reale. La vita del potere infatti è complicata, ma anche per questo prendersi un bel volo di linea, con tutte le seccature che comporta, forse conviene a tutti.
Filippo Ceccarelli, la Repubblica 15/2/2015