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 2015  febbraio 15 Domenica calendario

ARDUINO, GUERRA TRA I FONDATORI A RISCHIO IL GIOIELLO DELL’HI-TECH

Dieci anni fa erano un gruppo di amici al bar. Adesso si fanno la guerra, a colpi di comunicati stampa e cause legali. Ma non si tratta della solita battaglia che, troppo spesso, sbrana le aziende italiane: questa volta, a incrociare le spade, sono i genietti che si sono inventati Arduino, la scheda elettronica che ha permesso il decollo del mondo dei «makers», i nuovi artigiani digitali.
Arduino è un piccolo capolavoro «made in Italy», che, per farla breve, permette (quasi) a chiunque di programmare un computer. Ma in realtà è molto di più: uno strumento formidabile, nato - non è un caso - ad Ivrea, nell’Interaction Design Institute di Olivetti. La Silicon Valley tricolore. Era il 2005, a scervellarsi in laboratorio c’erano Massimo Banzi, Gianluca Martino, lo spagnolo David Cuartielles, l’americano Tom Igoe, lo studente David Mellis. Sul web gira una foto scattata pochi anni più tardi: il team in maglietta, barbe d’ordinanza, sorrisi. Pare un secolo fa.
Lo scontro che lacera Arduino è diventato pubblico da una manciata di giorni. La miccia sono le parole di Federico Musto, appena nominato amministratore delegato di Arduino Srl: tratteggia i piani di crescita del gruppo, disegna un percorso che, spiega, nel giro di due o tre anni dovrebbe aprire alla società le porte della Borsa. Musto è considerato vicino a Martino, uno dei fondatori: l’uomo che possiede una della aziende che, materialmente, producono le schede. Non l’unica. Solo che l’altro ideatore, Massimo Banzi - il volto del progetto - proprio non ci sta: le vere Arduino, semmai, sono la Arduino Llc (partecipata da tutti i fondatori) con sede negli Usa, e la Arduino Sa, amministrata dallo stesso Banzi, domiciliata in Svizzera. Insomma pure il nome, come i prodotti, pare open source: a disposizione di tutti. E invece no, spiega Banzi, che sta lavorando per aprirsi nuovi mercati: per realizzare schede e utilizzare il marchio bisogna fare riferimento ai suoi creatori. Le cause legali, racconta, sono già partite. Ma sono una parte marginale di tutta la vicenda. «Sta succedendo qualcosa di surreale», racconta. Surreale perché la «nuova» Arduino sembra intestarsi un accordo con il colosso hi-tech Intel che, in realtà, è stato gestito da Banzi.
E dunque, il gruppo di Musto e Martino? Si tratta, dice, di una delle società con cui ha collaborato per «quanto riguarda la mera manifattura e la commercializzazione di parte delle schede Hardware». Si chiamava Smart Projects, ha cambiato nome a fine 2014.
Tweet e commenti non fanno che peggiorare la situazione: «Noi stiamo cambiando il mondo, dando alle persone la possibilità di inventare», dice Banzi. Accapigliarsi in tribunale non faceva parte dei progetti.
Giuseppe Bottero, La Stampa 15/2/2015