Giusi Fasano, Corriere della Sera 15/2/2015, 15 febbraio 2015
QUEI FURTI DELLE API PER IL MERCATO NERO CHE MINACCIANO L’AGRICOLTURA E LA SALUTE
Se non hai la minima idea di come si trattano le api difficilmente ti avvicini a un alveare. Men che meno progetti di rubarne trenta. Quindi questa storia comincia con una certezza che il presidente della Federazione apicoltori italiani, Raffaele Cirone, riassume così: «Un furto del genere è senz’altro opera di uno specialista del settore, uno che sa come avvicinarsi e proteggersi, che sa qual è il valore di ciò che sta portando via e, normalmente, sa già come piazzare sul mercato nero, diciamo così, la sua refurtiva. Può essere un apicoltore che ha perso i suoi alveari e rimpiazza la perdita rubando quelli altrui. Oppure l’altra ipotesi è un apicoltore, un esperto, che ha sentito voci su possibili acquirenti e recupera la “merce” da vendere rubandola».
Mercato nero, refurtiva, ladri. Parliamo di trecentomila api rubate l’altro giorno (con i loro trenta alveari, appunto) a un apicoltore del Trevigiano, «ma parliamo soprattutto del fatto che gli hanno sottratto la capacità produttiva, il suo strumento di lavoro» per dirla con il presidente Cirone. «Non si tratta solo del miele e men che meno si tratta del danno economico in sé (in questo caso 9.000 euro, ndr ). Il fatto è che da due-tre anni nel nostro settore l’abigeato è sempre più frequente e diffuso».
Non sono bastate le nuove norme appena entrate in vigore (il 19 gennaio scorso) per perfezionare la cosiddetta anagrafe delle api che traccia vita, movimenti e morte di ogni singolo alveare.
«I traffici illegali purtroppo si moltiplicano a dispetto di ogni regola» dice il presidente della Fai, preoccupato dal fatto che tutto ciò che è illegale salta ovviamente i controlli sanitari quindi diventa un potenziale rischio per l’agricoltura e la salute pubblica. È stata l’importazione illegale di api, per esempio, a far entrare in Calabria un parassita che, se non sarà trovato un rimedio, diventerà presto un problema grave.
Tutto questo si somma a una situazione resa già abbastanza complicata dalle piogge eccezionali dell’anno scorso durante il periodo della fioritura. Quelle piogge hanno messo in grandissima difficoltà le api e il risultato è che «abbiamo avuto un anno davvero orribile» conferma Massimiliano Fasoli, consigliere nazionale Fai per la Lombardia. «Il 2014 è stato il peggiore degli ultimi 50 anni per la produzione del miele. Siamo al 50% in meno rispetto alle annate ordinarie». Che vuol dire averne prodotto nemmeno 50 mila quintali contro i 100 mila degli anni precedenti.
Ma le api non sono soltanto sinonimo di miele. «Hanno un ruolo fondamentale nell’impollinazione» ricorda Fasoli.
In Italia il valore annuo dell’impollinazione, cioè il contributo delle api al fatturato delle produzioni agricole, è di un miliardo e mezzo di euro. Alla loro attività si lega circa il 70% delle colture dei prodotti alimentari.
«Non ci sarebbe frutta sulle nostre tavole se non ci fosse l’impollinazione delle api, sarebbe una catastrofe per la disponibilità di cibo, collasserebbe un equilibrio che si è realizzato in milioni di anni» immagina il presidente Cirone, ricordando una volta di più quanto siano preziose. Chissà se lo sanno anche i ladri...