
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Il partito di Fini si sta sfaldando. L’altro giorno ha lasciato il gruppo di Futuro e libertà il senatore Menardi. Ieri hanno annunciato il loro ritorno nel Pdl il senatore Franco Pontone e l’onorevole Roberto Rosso. L’uscita dei due senatori mette i finiani in una situazione molto difficile: per far gruppo a Palazzo Madama bisogna essere almeno in dieci e a questo punto invece i futuristi sono rimasti in otto. È possibile che il gruppo sia integrato con due prestiti dall’Udc o dal partito di Rutelli. Ma per il presidente della Camera è comunque un brutto schiaffo. Pontone è il vecchio militante del Msi, un fedelissimo di quella parte politica, che ha firmato, per conto di An, le pratiche relative alla vendita della famosa casa di Montecarlo. Anche per questo il suo allontanarsi da Fini, preannunciato da parecchie dichiarazioni dubbie su quello che stava avvenendo nel Fli e da qualche assenza strategica, ha un brutto sapore. Roberto Rosso torna nel Pdl dopo un incontro con Berlusconi e la promessa che ricoprirà incarichi direttivi nella struttura vercellese del partito: viene da Trino e ha conteso a Chiamparino il posto di sindaco della città. Lo smottamento dei finiani, oltre tutto, non sembra finito: hanno l’aria di voler ricompattare con Berlusconi anche Mario Baldassarri e Maurizio Saia. Baldassarri è una pedina chiave della Commissione bicamerale per il federalismo. La sua mossa metterebbe al sicuro i prossimi passaggi dei decreti attuativi.
• Insomma, Berlusconi – a parte i guai con la Procura milanese – è fortissimo.
Fini fa capire che è colpa dei soldi con cui il presidente del consiglio si è comprato questi transfughi. Sul “Secolo d’Italia” di oggi scrive: «Sarebbe davvero inutile negare l’evidenza: il progetto di Futuro e Libertà vive un momento difficile, sta attraversando la fase più negativa da quando, con la manifestazione di Mirabello, ha mosso i primi passi». Poi parla delle «tante armi seduttive di cui gode chi governa e dispone di un potere mediatico e finanziario che è prudente non avversare direttamente».
• È vero? I parlamentari tornano da Berlusconi perché il Cavaliere li ha comprati?
Domenica si è conclusa l’assemblea fondativa di Fli, l’atto cioè che ha trasformato un gruppo di parlamentari in un partito. Fini ha imposto Italo Bocchino, capo dei falchi, alla vicepresidenza del partito, con un compito di coordinatore. In pratica, è il segretario. La mossa ha provocato molte proteste nell’area delle colombe. Si sa che sono in fibrillazione anche Urso e Barbareschi. Ronchi pensa ai bei tempi in cui era ministro. Eccetera. Anche Fini ammette che lo sfarinamento è il risultato delle «polemiche e delle divisioni esplose dopo l’assemblea costituente».
• E come pensa di rimediare?
Sostiene che ormai il suo partito punta alle elezioni, cioè a una rivincita sul territorio. Mah. Il pezzo sul “Secolo” è abbastanza discutibile. Scrive “gerarchi del Pdl”, e l’espressione suona strana sul “Secolo d’Italia” e nella penna di un uomo che per due terzi della vita è stato fascista. Critica dei deputati e chiede le dimissioni del presidente del Consiglio, e questo – detto dal presidente della Camera – è singolare. Lo schieramento di quelli che chiedono le sue dimissioni dal più alto scranno di Montecitorio s’è allargato a Giuliano Ferrara.
• Giuliano Ferrara non è un berlusconiano di ferro? Non condivideva l’idea che Fini si dovesse dimettere?
No, Ferrara e il Foglio l’anno scorso hanno criticato Berlusconi per il suo attacco frontale a Fini. Ferrara, a quel tempo, spiegava che la posizione di Fini, diversa da quella del Cav, poteva costituire un arricchimento nel centro-destra. L’espulsione secondo lui era stata un errore. Stamattina sul Foglio, invece, l’Elefantino scrive: «Dall’alto di Montecitorio, Fini dovrebbe sapere che perdere seguaci in Parlamento non autorizza a perdere la testa». E chiede che Napolitano «faccia notare» al presidente della Camera che i confini della decenza sono stati superati.
• Quindi il corteggiamento di Berlusconi non c’entra niente?
Flaiano diceva che gli italiani sono sempre pronti a correre in soccorso del vincitore. E – a parte il caso Ruby – Berlusconi sta vincendo. Deputati e senatori poi non vogliono lo scioglimento delle Camere e la mossa più saggia per evitare le elezioni anticipate sembra proprio quella di rinforzare la maggioranza. E poi, certo, è chiaro che il Cav adopera tutte le arti seduttive di cui è capace, e sono molte. Ha sempre in riserva un bel po’ di poltrone al governo. Poi ci sono gli incarichi di partito, e le mille promesse che un uomo nella sua posizione può fare. S’è aggregato al gruppo dei Responsabili anche Paolo Guzzanti, il cantore della mignottocrazia berlusconiana. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 18/2/2011]
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