lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 18/02/2011, 18 febbraio 2011
1944: MENTRE VARSAVIA INSORGE I RUSSI STANNO A GUARDARE
Da parte di molti storici è stato criticato il mancato intervento delle truppe sovietiche a sostegno dell’insurrezione di Varsavia iniziata il 1° agosto 1944 e durata per due mesi. Le truppe sovietiche erano giunte ai sobborghi orientali della periferia di Varsavia. Nel suo libro «L’impero di Hitler» , Mark Mazower invece sostiene che l’insurrezione fomentata dall’armata nazionale polacca non fu molto tempestiva perché i sovietici, dopo un tour de force che li aveva portati a liberare in poco tempo una vastissima zona conquistando tra le altre le città di Ostrov, Pskov, Kamenez, Lublino, Byalowsk, Kaunas, Brest Litowsk, Leopoli non potevano essere in grado di fronteggiare la Wehrmacht senza riprendere il fiato.
Antonio Fadda
antoniofadda2@virgilio.it
Caro Fadda, vi sono molti eventi storici in cui due interpretazioni apparentemente contraddittorie possono essere almeno parzialmente vere. Nei mesi precedenti l’Armata rossa era riuscita, con un grande sforzo, a liberare il territorio sovietico e si era attestata sulle rive della Vistola. Ma la sua impetuosa avanzata aveva allungato le linee interne di comunicazione e costretto i reparti a prendere fiato per colmare i vuoti materiali e umani provocati dai sanguinosi combattimenti con la Wehrmacht. I tedeschi, d’altro canto, stavano dando prova su entrambi i fronti di una inattesa elasticità. Non avevano ancora perduto la speranza di potere rovesciare le sorti della guerra e combattevano con una energia di cui gli inglesi e gli americani avrebbero fatto le spese di lì a poco nelle Ardenne durante la controffensiva tedesca passata alla storia come «the battle of the bulge» (la battaglia del saliente). Stalin promise che l’Armata rossa avrebbe lasciato la Vistola per una nuova offensiva verso la metà di gennaio e mantenne la promessa. Non è assurdo pensare che i comandanti delle truppe sovietiche attestate di fronte a Varsavia avessero buone ragioni per esitare.
Ma vi sono almeno due circostanze che suggeriscono l’esistenza nei calcoli sovietici di un pregiudizio anti polacco. Nella sua storia della Seconda guerra mondiale, Liddell Hart ricorda che gli alleati chiesero ai sovietici il permesso di atterraggio nei loro aeroporti per gli aerei che rifornirono gli insorti polacchi durante la rivolta. Mosca rifiutò e gli aerei dovettero tornare alle loro basi di partenza nell’Italia meridionale. Quanto più lungo era il viaggio, tanto minore era il carico d’armi e vettovagliamenti che gli aerei erano in grado di trasportare.
Il secondo episodio è citato da Norman Davies, lo storico di Oxford che ha meglio studiato l’insurrezione in un libro pubblicato in Italia da Rizzoli nel 2003 («La rivolta. Varsavia 1944: la tragedia di una città fra Hitler e Stalin» ). Davies ricorda che la battaglia dei cittadini di Varsavia contro i tedeschi cominciò nel giorni in cui Stanislaw Mikolajczyk, primo ministro del governo polacco in esilio, giunse a Mosca da Londra per una serie di colloqui con le autorità sovietiche. Stalin e Molotov lo ricevettero di malavoglia e non gli nascosero che i veri rappresentanti della Polonia, per l’Urss, erano i membri filosovietici del Comitato di Lublino. Quando Mikolajczyk chiese a Stalin di fornire armi alla resistenza polacca per consentirle di portare aiuto ai cittadini di Varsavia, Stalin rispose sgarbatamente: «Io non permetterò alcuna operazione dietro le nostre linee. Lei dovrà rivolgersi al Comitato di Lublino» . Mosca voleva che Varsavia venisse liberata dall’Armata rossa, non dai suoi cittadini.
Sergio Romano