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 2011  febbraio 18 Venerdì calendario

Bindi, l’anti Ruby della sinistra moralista - Come contraltare alla conturbante Ruby delle notti berlusconiane, la sinistra ca­la l’asso dell’immacolata Ro­sy Bindi e la candida a Palaz­zo Chigi

Bindi, l’anti Ruby della sinistra moralista - Come contraltare alla conturbante Ruby delle notti berlusconiane, la sinistra ca­la l’asso dell’immacolata Ro­sy Bindi e la candida a Palaz­zo Chigi. L’opposizione sem­bra dire: il carnevale delle Ru­by è finito, comincia la quare­sima delle Rosy. Insomma, ci vuole appioppare un’espia­zione collettiva dopo averci fatto fare scorpacciate di ses­so con i guardoni delle procu­re e stampa affine. Rosy è la fiaccola che traccia il solco tra l’immoralismo di destra e la virtuosità di sinistra. Chi meglio di lei, tutta d’un pez­zo, chiesa e partito, inconta­minata per scelta? Primo ad avere l’intuizione della vergine di Sinalunga (Siena), è stato Gad Lerner. Indignato da tempo, fino ad ammalarsene, per lo stile di vita del Cav, Lerner ha con­trapposto le lolite seminude di Arcore al tipo di donna che predilige: il genere Bindi. Lo ha fatto nella sua rubrica su Vanity Fair , rivista gla­mour in netto con­trasto con i pisto­lotti uggiosi che gli escono dalla pen­na. Zigzagando tra foto di callipige di cui Vanity tra­bocca, ha scritto: «I tempi sono ma­turi perché Bindi diventi la prima donna di governo dopo 150 anni di storia d’Italia». All’autorevole suggerimento ha fatto eco Nichi Vendola e la candi­datura ha preso l’Aire. Dal suo pri­vilegiato osserva­torio pugliese, Ni­chi ha detto che Rosy ha «il profilo giusto per guidare una rapida transizione verso la normalità». È, cioè, l’esse­re ideale per un governo di «emergenza democratica», per annichilire il Berlusca, ap­provare una nuova legge elet­torale, regolare il conflitto d’interessi e riformare ilsiste­ma stampa e tv che, sempre guardando da Bari, è troppo tenero col Cav. Conclusa l’operazione, l’ammucchia­t­a si scioglie e la Bindi è conge­data: tanti saluti e grazie. Col massimo rispetto per Lerner e Vendola, non è detto che l’operazione riesca. Non tan­to perché al Be­rlusca non pas­sa per l’anticamera del cervel­lo di fare fagotto e Napolitano vuole decidere lui a chi dare l’incarico,ma soprattutto per­ché ha già battuto i piedini Giovanna Melandri.Rosa dal­l’invidia, la bella del Pd ha det­to no a Rosy. «La stimo molto - ha celiato - ma può essere la donna che federa un’allean­za da Vendola al Terzo Polo? Non credo». E ha evitato per un pelo di aggiungere che la persona adatta era lei, solo per il timore che D’Alema- di cui Giovanna è una dipen­dente- potesse poi farle un li­scio e busso dell’accidente. Alle corte: la candidatura Bin­di è bruciata. Eppure, mettendomi nei panni della sinistra, Rosy è senz’altro la più adatta a gui­darla. Se però mi metto in quelli del cittadino, conside­rerei una iattura pari a un’in­vasione di cavallette la Bindi a capo del governo. È una donna con più carattere che cervello. Crede in quello che dice e lo fa. Sarebbe perciò un ottimo cane pastore per gli sbandati di sinistra. Ma da do­ve le vengano le idee è ignoto e sarebbe quindi un pericolo a Palazzo Chigi. Non è il tipo da prenderle da altri o con­frontarle con i collaboratori, che tratta col frustino in stile Moira Orfei. Le escono spes­so parole di odio e disprezzo con cui alluviona chi non le va a genio. Tra le vittime negli anni: il Msi, la destra dc, Cra­xi, il Cav, ecc. Si può, dunque, ritenere che il suo organo più vivace sia la bile e concludere che lì si trovi la sede dei suoi ragionamenti. Rosy ha compiuto 60 anni giorni fa. Fin da piccola fu de­terminata, un po’ mascolina e senza smancerie. Frequen­tava gli scout e nei campeggi sentiva meno degli altri il bi­sogno dei ricambi, delle doc­ce, del letto di casa. Trascorse la giovinezza tra la parroc­chia, l’Azione cattolica e, do­po la tragica esperienza con Vittorio Bachelet (fu ucciso dalla Br davanti a lei), entrò in politica. Si iscrisse alla Dc e, nonostante il cuore battes­se a sinistra - tra il bresciano Martinazzoli e l’irpino De Mi­ta - il primo a darle una mano vera fu Andreotti. Si candidò con lui in Veneto per le Euro­pee dell’89, apparve appaia­ta in tutti i cartelloni e fu elet­ta. Quando poi Andreotti fu falsamente accusato per il ba­cio a Riina, Rosy lo mollò al suo destino con la solita ariet­ta di superiorità di quelli co­me lei, condita di «ben gli sta»,«se l’è cercata»e compa­gnia. Il Veneto è stato a lungo il suo collegio elettorale anche per la Camera dei deputati in cui entrò nel ’94. Ora è alla sua quinta legislatura. Tosca­na linguacciuta, Rosy era mol­to colorita sia nelle frequenti bisbocciate nelle taverne di campagna dove lei e gli amici bevevano come taniche, sia con gli avversari politici. Una volta insultò ma­lamente con st..za, p.tt..a e altro un’as­sessora socialista che non glielo perdonò per anni. Con «Mani pulite», Rosy fu felice come una pasqua. Go­deva per i dc che andavano in galera, teorizzando un parti­to ridotto alla metà di puri co­me lei. Insieme a Martinazzo­li, fece di meglio: sciolse la Dc, creò il Partito popola­re e si ritrovarono con un terzo degli elettori. Di lì a poco, non ebbe­ro più nulla. Il Ppi naufragò e la de­mocristianità residua, con Bindi mosca cocchiera, si tra­sferì nell’Ulivo e divenne una cosa sola con gli ex comuni­sti. Rosy è una fan di Prodi. Ogni volta che è stato pre­mier, Romano l’ha ricompen­sata con la poltrona di mini­stro. Tra il ’96 e il 2000, Rosy è stata alla Sanità e ha fatto la riforma che l’ha statalizzata e resa un colabrodo. Nel 2006, per piazzarla, Prodi ha inven­tato il ministero della Fami­glia. Durante la sua prima esperienza ministeriale, Bin­di cambiò quattro capigabi­n­etto e cinque capi del legisla­tivo. Uno di loro si licenziò du­rante un Consiglio dei mini­stri. Era nella sala attigua, pronto a fornire suggerimen­ti. Di continuo, veniva un commesso con ordini della ministra di fare questo o quel­lo. Bagatelle da domestico. Per un po’ il tecnico pazien­tò, poi non ci vide più e conse­gnò al commesso due righe per il ministro: «Non sono il suo galoppino». «Mi aspetto sempre un ceffone se non so­no d’accordo con lei », confes­sò il ds Luigi Berlinguer, mini­stro dell’Istruzione, e suo vici­n­o di sedia al Consiglio dei mi­nistri. Oggi, la vergine di Sinalun­ga è la vice di Fini alla Camera e vanno d’accordo in tutto sal­vo rivaleggiare su chi odia di più il Berlusca. La posta in gio­co è una gita a Montecarlo. Chi perde paga il viaggio. Sog­giorno, in ogni caso, dal co­gnato.