Massimo Gaggi, Corriere della Sera 18/02/2011, 18 febbraio 2011
SE LA MEGALOPOLI SI SCOPRE SOSTENIBILE
Caotiche, sporche, rumorose, inquinate, paralizzate dal traffico, infestate dalla criminalità, coperte di graffiti. Le grandi metropoli fanno dannare da decenni architetti, urbanisti e sociologi che si interrogano sulla sostenibilità di queste concentrazioni umane. Un problema nel Terzo mondo dei grandi agglomerati dove si vive a milioni nelle baracche, tra le discariche. Ma le città che divorano la campagna e diventano metropoli regionali di congestione e inquinamento sono ormai percepite come un’emergenza anche nei Paesi avanzati. Milano, New York, Shanghai, Los Angeles vanno verso il punto di rottura? «Niente affatto, le megalopoli sono una benedizione e i loro problemi vanno risolti rendendole ancora più verticali» sostiene l’economista di Harvard Edward Gleaser nel suo nuovo saggio «Triumph of the City» , appena pubblicato in America. Gleaser— un celebre studioso dei fenomeni urbani figlio di uno storico dell’architettura berlinese — nel suo studio dà gambe e braccia alla tesi di chi è convinto che, con tutti i loro problemi, le città siano «la più grande invenzione dell’umanità» : non solo straordinarie macchine per la produzione di ricchezza e motori del progresso tecnologico e sociale, ma anche fattori di limitazione dell’inquinamento. La tesi non è del tutto nuova e la materia è analizzata da anni da studiosi come Richard Burdett della London School of Economics: chi vive in centro produce un impatto ambientale inferiore rispetto a chi abita nel verde, visto che i suoi spostamenti sono più brevi, può usare i mezzi pubblici e ha una casa mediamente più piccola da riscaldare. La metropoli, con la sua capacità di integrare servizi di alta qualità di tutti i tipi (dalle specialità mediche alla ristorazione) è, poi, un magnete che attira talenti capaci di costruire imprese e distribuire reddito. Gleaser va ancora più in là: nonostante l’iperaffollamento (250 dei 314 milioni di americani vivono in appena il 3%della superficie Usa), le megalopoli non solo producono benessere e migliorano l’ambiente ma sono anche i luoghi della salute e della felicità: a New York, seppure tra congestione e inquinamento, si vive mediamente più a lungo che in qualunque altra parte degli Stati Uniti. Ma New York è anche una città nella quale è stato affrontato già da tempo il problema del suo sviluppo sostenibile. Non sono solo gli otto milioni di alberi che il sindaco Bloomberg si propone di piantare: la città ha cominciato a rinnovare e potenziare gli acquedotti e la metropolitana, bonifica i terreni industriali inquinati, si prepara a proporre ai cittadini formule più avanzate di riciclaggio e smaltimento dei rifiuti, incentiva la produzione locale di derrate alimentari. Non so se le «fattorie verticali» — i grattacieli agricoli progettati dalla Columbia University— diventeranno parte del paesaggio urbano. Di certo vivere nelle megalopoli richiederà, in futuro, forme sempre più sofisticate di educazione alla convivenza. New York ci prova.
Massimo Gaggi