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 2011  febbraio 18 Venerdì calendario

La guerra santa alle slot nella Las Vegas italiana - Quando esci dall’Autostrada Torino-Aosta, percorri duecento metri poi se giri a destra sei arrivato al Casino di Saint Vincent, se giri a sinistra entri nel borgo antico di Châtillon

La guerra santa alle slot nella Las Vegas italiana - Quando esci dall’Autostrada Torino-Aosta, percorri duecento metri poi se giri a destra sei arrivato al Casino di Saint Vincent, se giri a sinistra entri nel borgo antico di Châtillon. Di là il teatro delle puntate, di qua l’atmosfera dei vecchi caffé e negozi, intorno ai quali sono arrivate da qualche tempo quattro sale giochi e in molti d’una ventina di bar le slot machine. Ma da mercoledì sera Châtillon, la vicina di casa delle roulettes, ha deciso una frenata d’avanguardia in Italia sulle macchinette divorapensioni, mangiapaghette, depauperastipendi. Nessuna crociata, nessuna polemica con il gioco in sé e tanto meno con il contiguo casino, anzi. Il sindaco Henri Calza gartantisce che non c’è nell’animo suo e dei colleghi di Consiglio un’impennata moralistica: «Semplicemente attenzione al disordine del gioco indiscriminato. Siamo in pieno recupero del borgo e credo passi più attraverso le botteghe, l’artigianato che attraverso una slot a ogni angolo. Preveniamo l’eccesso». Prevenire quasi all’unanimità, non fosse per un astenuto. Nel consiglio comunale di una cittadina di 5 mila abitanti a cinquecento metri d’altitudine, siede una maggioranza di esponenti di una lista autonomista che racchiude tre forze regionaliste, poi una minoranza composta da due liste civiche. Si è astenuto dal voto il consigliere di minoranza Antonio Di Giuseppe, titolare di un bar con ricevitoria per tutte le forme di schedine, ma nemmeno una slot. Dice: «Sulle macchinette ci vuole regolamentazione, ma non mi sentivo di votare un provvedimento su una legge nazionale che bisognerebbe capire meglio e non mi sentivo di dare un taglio all’italiana: chi ha fatto in tempo è fortunato e gli altri si arrangino». Il regolamento non è un giro di chiave inglese fine a se stesso. Si pongono limiti per nuove licenze imbastiti su una trama di buon senso, come i vincoli di distanza, 250 metri, da asili, scuole, luoghi di aggregazione di varia tipologia. Il sindaco, in cuor suo, vede il pericolo della macchinetta sotto casa come lo vediamo tutti, quando assistiamo ai gesti da patologia compulsiva della matura signora che sta «imbucando» quasi assente la ossuta pensione, restituendola in bella parte allo Stato. Non a caso Calza ha già abbozzato un discorso con il dottor Leonardo Iannizzi, il dirigente del Sert, servizio tossicodipendenze, con l’ipotesi di dedicare attenzione specialistica alla dipendenza da gioco. Regolamento da un lato, filosofia dall’altro: perché la decisione del Comune entra soltanto nel merito di collocazioni, spazi, regole ferree sull’età, ma l’animo è in effetti quello preventivo di rovine, pur comprendendo che, per di più in tempi di crisi, i gestori di locali pubblici hanno più vantaggio dalle slot che da caffé e aperitivi. A quattro chilometri da qui, il Casino ha aperto anche la sala slot machine per i residenti, cui sono vietati gli altri ingressi. Che differenza c’è? Rispondono dalla direzione di Saint Vincent: «Fermo che noi non possiamo e vogliamo far la morale a nessuno, la differenza è che qui ci sono controlli rigorosi, sull’età prima di tutto, poi c’è il fatto che ogni presenza è registrata, seppur nel rispetto della privacy. E c’è che noi possiamo impedire un ingresso». In altre parole, se un parente disperato dagli slanci della zia (disperato non per l’eredità ma per la sopravvivenza) la segnala, loro sono autorizzati a «negare l’ingresso senza dare spiegazioni», cosa che un bar non può fare, sarebbe come rifiutare il cappuccino. E aggiungono: «Non spetta a noi entrare nel merito, a noi spetta garantire la limpidezza di ciò che avviene qui dentro». Non è un caso che ordini del giorno bipartisan sulle slot ovunque si affaccino in Piemonte, Veneto, Lombardia, Toscana. Il dubbio di Antonio Di Giuseppe, astenuto, è soltanto quello di cristallizzare una casta già consolidata a danno di imprenditori che presenteranno la domanda domani, insieme con quello di non sentirsela di essere il Comune sperimentatore d’Italia. Ma si è astenuto, non ha votato contro. Qui si tratta, spiegano, non di limitare imprenditoria e offerta, ma le condizioni dell’offerta, garanzie, prudenza, rigore, oltre all’ovvio non trasformare la via centrale di un borgo in una copia grossolana, disordinata ed eterogenea del Casino. Non ci sono forse quassù, o non ci sono ancora in piccoli centri come questo, i problemi annessi della voracità criminale. In Liguria, a Bordighera, l’indagine che potrebbe portare allo scioglimento del Consiglio comunale nasce dalle intercettazioni di minacce da parte di pregiudicati ai politici locali dopo il no all’apertura di una sala giochi. Châtillon non teme ancora questo ma si preferisce borgo di Storia e quieto turismo a luccicante micro Las Vegas di montagna.