Francesco Sisci, Il Sole 24 Ore 18/2/2011, 18 febbraio 2011
IL FIGLIO DI KIM PAZZO PER CLAPTON
Sembra uno spaccato nell’anima del paese forse più misterioso della terra.
Kim Jong-chul, il trentenne secondo figlio del dittatore della Nord Corea Kim Jong-il, è stato visto e fotografato lunedì scorso al concerto a Singapore del cantante Eric Clapton.
Forse è la prova della potenza del "soft power" anglo-americano, quella musica rock che entra dalle orecchie, ti prende al cuore e arriva fino allo stomaco. Il giovane Kim, si sa, è un fan di Clapton dai tempi in cui lo ascoltava alla radio al collegio svizzero dove era stato mandato a svezzarsi. Nel 2006 poi aveva seguito tutte le tappe del tour tedesco di Clapton.
In questo caso allora sarebbe stato "tradito" da qualche servizio di sicurezza occidentale per mostrare al mondo come la musica capitalista abbia già conquistato il cuore e la mente del centro del potere nordcoreano.
O forse è un’altra cosa. È un messaggio obliquo, di quelli che piacciono tanto qui in Oriente. La dirigenza nordcoreana manda a dire agli Stati Uniti: vogliamo parlare quanto prima con voi.
Nel 1965 Mao provò a usare uno di questi messaggi invitando per la parata della festa nazionale il 1° ottobre lo scrittore americano Edgar Snow.
Voleva fare capire agli Usa di essere pronto a cominciare un dialogo con loro. Gli ingenui americani però allora non capirono e ci misero ancora più di un lustro per aprire le storiche trattative di Nixon con Pechino.
Oggi non sappiamo se il gesto è simile, ma sappiamo che di certo la Nord Corea è ansiosa di parlare, sono gli Usa che non hanno tanta voglia di ricominciare a trattare finché le condizioni della riapertura dei colloqui non sono state chiarite.
Gli Stati Uniti vogliono impegni concreti di Pyongyang perché blocchi i due programmi nucleari nordocoreani, quello al plutonio e quello all’uranio.
Di certo la primavera e l’estate si annunciano dure: con la crisi mondiale degli aumenti dei prezzi del grano la Nord Corea, tradizionale importatore, potrebbe avere più difficoltà del previsto, e quindi avere più bisogno di aiuti del previsto. Il soccorso americano, insieme a quello tradizionale cinese, allora potrebbe essere un’ancora di salvezza.
O forse la febbre americana è un semplice vizio di famiglia, il privilegio supremo in un paese dove, come ai tempi dei faraoni, tutto, potere e ricchezze, si accumulano al vertice.
Non è un mistero che Kim Jong-il stesso sia un grande fan del cinema di Hollywood. Pare abbia una enorme collezione di pellicole in 35 mm, una squadra di traduttore pare sia al lavoro solo per lui e il suo consumo.
La passione americana evidentemente corre nel sangue perché nel 2001 il primogenito della dinastia, Kim Jong-nam, venne fermato all’aeroporto di Tokyo. Era in possesso di un passaporto falso, in compagnia di due donne e un bambino, con una valigetta piena di dollari e le prenotazioni per una settimana alla Disneyland giapponese.
In famiglia l’unico a non avere noti gusti artistici americani è il più giovane, il ventenne Kim Jong-un, scelto per il carattere, si dice, e per la straordinaria somiglianza al nonno, il fondatore della dinastia e della Corea del Nord, Kim Il-song.
Su di lui circolano molte voci. Un giapponese, per dieci anni cuoco alla corte nordcoreana e poi fuggito all’estero con una vicenda rocambolesca, sostiene in un libro che Kim Jong-un sia in realtà un riformista. Lui vorrebbe cambiare molte cose una volta alla guida del paese dopo la morte del padre.
Questo è il futuro lontano. Per ora i servizi di sicurezza occidentali sono allertati per verificare se Jong-chol seguirà Clapton nella prossima tappa del suo tour asiatico, che sarà nella capitale dell’odiatissimo sud, Seul.