Loretta Napoleoni, il venerdì di Repubblica 18/2/2011, 18 febbraio 2011
L’ECONOMIA DELLA SHARIA CONQUISTA L’INDIA - È
il primo indice delle imprese indiane che rispettano la sharia e che sono quotate in Borsa, dette anche Shariah. Ne fanno parte le cinquanta maggiori società indiane che non investono in prodotti proibiti dalla sharia, quali tabacco e armi, e non attingono i propri profitti da attività dove si applica il tasso d’interesse. Tra queste ci sono imprese di telefonia come la Bharti Airtel e di IT (information technology) come Tata Consultancy Services, ma anche conglomerati industriali quali Reliance Industries, che compare nel Fortune 500 (la lista delle
maggiori aziende del mondo per fatturato).
Le Shariah fanno gola ai 175 milioni di musulmani – circa il 15 per cento della popolazione – che vivono in India e che sono più reticenti a investire e a indebitarsi, rispetto alla popolazione induista, nella finanza tradizionale. Da un’indagine della Reserve Bank of India risulta infatti che il rapporto tra debiti e depositi dei musulmani è pari al 47 per cento, mentre la media
nazionale è del 74 per cento.
Gli indiani di religione islamica sono molto cauti nella gestione delle proprie finanze e domandano prodotti «sicuri». E chi non ne ha bisogno in questa prolungata crisi? Da quando, a gennaio, è partito, l’indice shariah è popolarissimo anche e soprattutto tra gli investitori «non musulmani» ed esteri.