
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Ieri a mezzogiorno due uomini sono entrati nella moschea Badr di Sana’a, la capitale dello Yemen. C’era gran folla perché era venerdì, e il venerdì a mezzogiorno i musulmani si riuniscono per pregare insieme. Ma uno dei due uomini entrati nella moschea aveva indossato abiti-bomba, e si è fatto saltare in aria. Mentre la massa di fedeli fuggiva, anche il secondo uomo s’è fatto saltare in aria, in modo che il numero di morti fosse il più alto possibile. Mezz’ora dopo, altri due shahid (“martiri”) sono entrati nella moschea di al Hashush, sempre a Sana’a, e anche lì hanno fatto scoppiare le loro cinture, uccidendo decine di uomini, donne e bambini. Questi due attentati devono esser veri, perché abbiamo le foto orrende che li rappresentano: uomini che puliscono per terra in mezzo alle colonne dei templi, e quello che ramazzano via è sangue. I morti contati o ipotizzati ieri sera erano 140, i feriti 250. Di un terzo attentato non siamo sicuri. Ne riferisce la televisione al Masirah, che è di parte sciita: un quinto shahid si sarebbe immolato all’interno della moschea di Sa’dah, città che si trova nel governatorato omonimo, tra le montagne del Nord-Ovest. In quest’altro attentato i morti sarebbero sedici.
• Perché questi martiti dell’Islam si vanno a sacrificare per far morire quelli che credono nel loro stesso Dio?
È la guerra tra sunniti e sciiti. Tutta l’enorme carneficina a cui stiamo assistendo impotenti è in realtà una guerra tra sunniti e sciiti e qualche volta, all’interno della comunità sunnita, tra le due fazioni del terrore, l’Isis e al Qaeda. I martiri, quando ammazzano a Parigi o a Tunisi, dicono a tutti gli altri: siamo noi i più forti, siamo noi i predestinati al dominio del mondo, siamo noi che pianteremo sulla cima di San Pietro la bandiera di Allah. In questo modo attirano dalla loro parte migliaia di fedeli, convinti anche attraverso Internet. A Sana’a, e forse a Sa’dah, vediamo, nuda e cruda, la guerra tra sciiti e sunniti. Lo scorso gennaio un colpo di stato ha rovesciato, a Sana’a, il presidente Abd Rabbih Mansur Hadi, sunnita. Gli sciiti della tribù Houthi hanno il potere, il sunnita Hadi è fuggito ad Aden, nel Sud del Paese. È la spaccatura del Paese tra Nord e Sud (com’era un tempo), è un’altra guerra civile. Gli iraniani appoggiano i golpisti sciiti, i sauditi finanziano (e riconoscono) il governo in esilio di Aden. La maggioranza degli yemeniti è sunnita. Gli shahid di ieri sono sunniti che hanno portato la morte in un tempio sciita. L’Isis – sunnita — ieri ha chiamato le due moschee «covi».
• C’è una rivendicazione dell’Isis?
Sì. A rivendicare è la filiale yemenita dello Stato islamico (Wilajat al-Yemen): «Cinque cavalieri del martirio con le loro cinture esplosive si sono lanciati in una operazione benedetta da Allah che l’ha resa possibile. Quattro di loro si sono infilati nei covi dei Rafidah (“apostati”, termine per indicare gli sciiti, ndr ) Houthi nella provincia di Sana’a, facendo saltare per aria le loro sedi di Badr e al Hashush. Abbiamo raccolto le teste degli imam». Nell’attentato alla moschea Badr è rimasto ucciso lo sceicco Murtaza al-Mahturi, guida spirituale delle tribù Houthi.
• Ma allora non è vero che questi gruppi si organizzano da sé e si limitano a proclamarsi filiali dell’Isis e alzare una bandiera. Abbiamo tutti letto questo quando si è parlato delle conquiste libiche dello pseudo-califfo. Invece pare che siano effettivamente coordinati da al Baghdadi.
Gli americani dicono di no, e hanno dubbi su questa rivendicazione. «L’Isis — dicono alla Casa Bianca — non ha la capacità di coordinare gli attacchi nei vari Paesi. Stiamo in ogni caso verificando se l’Isis ha una struttura di comando e di controllo in grado di coordinare gli attacchi».
• Si combattono guerre per interposta persona, sciiti contro sauditi oppure Iran contro Arabia.
La Siria non esiste più, forse non esiste più nemmeno l’Iraq, e non esiste la Palestina nemmeno nella visione di al Baghdadi, che la considera terra sua, terra da conquistare. Dati molto recenti mostrano che l’Arabia Saudita è il principale acquirente al mondo di armi, per ogni sette dollari spesi in questo commercio, uno è suo. E gli americani sono i più importanti venditori del pianeta. Le guerre in corso vanno capite anche attraverso la lente di questi dati generali.
• L’Onu ha condannato gli attacchi in Yemen?
Sì, per voce del segretario generale, Ban Ki-moon, che ha anche lanciato un appello a tutte le parti nel Paese a «cessare immediatamente le azioni ostili ed esercitare la massima moderazione». Parole da politico, inviti a mettersi intorno a un tavolo: «Tutte le parti devono rispettare gli impegni presi per risolvere le divergenze con mezzi pacifici e dovrebbero impegnarsi in buona fede nei negoziati facilitati dalle Nazioni Unite, al fine di raggiungere un accordo». Da aggiungere che l’Onu, alla fine di febbraio, ha approvato una risoluzione per estendere fino al 26 febbraio 2016 le sanzioni contro l’ex presidente yemenita, Ali Abdullah Saleh, e due figure di spicco del movimento Houthi.
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