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 2015  marzo 21 Sabato calendario

ROMANISTI, COME SOFFRIRE MENO

Giovedì scorso alle 19 e 18, nel momento stesso in cui il nostro portiere Skorupski con un liscio assolutamente creativo consentiva allo sbalordito attaccante gigliato Alonso di appoggiare comodamente nella rete sguarnita e prima che il carneade Basanta svettasse comodamente di testa per il definitivo 3 a 0, ho elaborato sugli spalti dell’Olimpico il seguente breve decalogo per tifare Roma cercando di non soffrire troppo.
Primo. All’inizio del campionato evita accuratamente di cullare sogni di scudetto, ambizione insensata e fenomeno verificatosi non a caso tre sole volte in un paio di secoli, così come l’allineamento dei pianeti e il pareggio di bilancio delle ferrovie. Comunque, sempre meglio un onorevole sesto posto che veder sfumare per un punto lo scudetto all’ultima giornata, come già accaduto con ricoveri di massa nei centri di igiene mentale.
Secondo. Non dare mai e poi mai retta ai proclami dell’allenatore tipo: quest’anno sicuramente vinciamo noi. Intanto portano iella, senza contare che il generoso tentativo di Garcia di “scuotere l’ambiente” si è rivelato nefasto per dei giocatori che sentono pressione perfino quando al ristorante sono costretti a scegliere tra acqua liscia o frizzante.
Terzo. A proposito dell’allenatore, se dopo un paio di successi viene subito immortalato sulla copertina di un magazine o se peggio ancora detta l’autobiografia con lo stesso piglio di Giulio Cesare nel De Bello Gallico, attenzione perché si rischia di smuovere le forze primordiali dell’universo. Due anni fa capitò a Stramaccioni, illustrato come il “nuovo re di Milano” e congedato dall’Inter qualche mese dopo. Nel caso di Garcia, che ora molti danno in partenza, anche il titolo del libro Tutte le strade portano a Roma non ha certo aiutato.
Quarto. Non lamentarsi dei torti arbitrali subiti. Ci stanno tutti, ma continuare a dibattere per mesi sui gol fasulli della Juve convalidati da Rocchi ai danni della Roma è un’inutile fuga dalla realtà. È come rifugiarsi in una fumeria d’oppio mentre sei braccato dagli esattori di Equitalia.
Quinto. Se qualcosa può andare male andrà peggio. Nel caso della Roma, la legge di Murphy è implacabile ma almeno ti coglie sempre preparato.
Sesto. Non esultare troppo presto di fronte alle presunte disgrazie altrui. Come l’aver soffiato l’ottimo difensore Astori alla Lazio.
Settimo. Fai un uso moderato delle radio romane (alcune decine che trasmettono h24) soprattutto quando guidi. Creano dipendenza e, malgrado le nefandezze della tua beneamata, l’ascolto di certe cattiverie può indurti a picchiare con forza sullo sterzo, il che non è prudente.
Ottavo. Sdrammatizza, ironizza, prendi esempio da Jürgen Klopp trainer del Dortmund: che eleganza dopo aver beccato tre pappine dai gobbi. E quelli del Liverpool che quando le buscano continuano a cantare You’ll never walk alone, non camminerai mai da sola: che stile! Bisogna saper perdere e in fondo siamo ancora secondi (ok, ok, ma come cz fa Gervinho a mangiarsi tutti quei gol?!!).
Nono. Non giurare invano, tipo: basta, non rinnovo più l’abbonamento (a proposito, a che ora si gioca domenica a Cesena?).
Decimo. La Roma non si discute, si ama, disse Renato Rascel dopo la colletta del Sistina. È la seconda legge giallorossa di Murphy: il peggio non è mai morto.
Antonio Padellaro, il Fatto Quotidiano 21/3/2015