Giulia Zonca, La Stampa 21/3/2015, 21 marzo 2015
UNA DONNA SOLA AL COMANDO LA POLITICA FA LE PROVE IN TV
La fiction gioca di nuovo d’anticipo. Prima che Obama diventasse il presidente nero, film e serie avevano già abbondantemente testato il ruolo, ora tocca alle donne. A un anno dalle presidenziali che vedranno Hillary Rodham Clinton tentare il passaggio da First Lady a grande capo, i telefilm provano a vedere l’effetto che fa. Con personaggi che mettono i brividi.
ATTENZIONE SPOILER (MICRO)
La battuta del momento suona così: «È il mio turno». In Scandal, stagione 5, è urlata, in House of Cards, stagione 3, è scandita e in nessuno dei due copioni c’è margine di trattativa. Le due signore mettono in chiaro che hanno contribuito, sofferto e coperto le peggiori nefandezze per aiutare i compagni nella scalata e ora che i partner vacillano pretendono la loro parte. Potrebbe essere uan forma di emancipazione, peccato che queste Lady Macbeth contemporanee non siano proprio donne modello.
LADY FASCINOSE E CRUDELI
Claire Underwood, la first lady di House of Cards interpretata da Robin Wright,è il fascino personificato: sempre al centro dell’attenzione, è crudele, vendicativa, lunatica. Si fa nominare ambasciatrice per fare esperienza e all’esordio al tavolo delle trattative litiga con i russi e sostiene le Pussy Riot. Nelle due stagioni iniziali si dimostra più spietata del marito, nell’ultima ha improvvisi rigurgiti di coscienza. Mai fine a se stessi.
Mellie Grant, la padrona della Casa Bianca in Scandal con la faccia di Bellamy Young, è più simpatica ma ugualmente folle. Ironica, disposta a reggere i tradimenti pur di non perdere il potere, ingegnosa ed eccentrica, mette in crisi lo staff perché si sente trascurata poi pesca la trovata giusta per uscire dalle situazioni più imbarazzanti.
House of Cards è un crescendo di dialogo e un capolavoro di sceneggiatura, Scandal è confusionario e corteggia colpi di scena plasticati ma sia la versione sofisticata che quella popolare promuovo il concetto di coppia. Non più dietro ogni uomo importante c’è una donna di carattere, piuttosto: ogni uomo che conti lavora con una donna speciale. E meschina a quanto pare.
L’AUDIENCE LE VUOLE PERFIDE
Non c’è parità di trama. I presidenti neri fittizi sono eroici e morali, in un crescendo hollywoodiano vengono scelti di frequente per tenere la mano al Paese durante la fine del mondo (vedi Deep Impact e 2012), le donne candidate invece sono ambiziose e ciniche, quanto i loro mariti per carità.
Secondo critici e politologi, il presidente nero di 24 ha contribuito a creare fiducia intorno all’ipotesi di un reale candidato di colore. Era il 2001, otto anni prima del vero insediamento. Difficile che la signora Clinton trovi spinte per la sua campagna dalla tv. Il pubblico giudica Claire e Mellie fantastiche però non le voterebbe mai. Anche se il messaggio forte c’è: le aspiranti Commander in Chief giocano di squadra eppure non stanno tutta la vita in ombra. E sono davvero innamorate degli uomini che si sono scelte per la vita e per l’arrampicata sociale.
L’abbinamento è rivoluzionario, per l’audience serviva sporcarsi le mani.
Giulia Zonca, La Stampa 21/3/2015