Ettore Livini, DLui, la Repubblica 21/3/2015, 21 marzo 2015
EMIRI VOLANTI
Addio vecchie glorie d’Europa e d’America. Il baricentro dei cicli mondiali ha iniziato a spostarsi verso il Golfo Persico. E mentre i big del passato – Alitalia, Air France, Lufthansa e British – si leccano le ferite dopo anni di conti in rosso, i nitori padroni del trasporto aereo mondiale – Emirates, Etihad e Qatar Airways – consolidano a suon di petrodollari i nuovi rapporti di potere ad alta quota.
I numeri parlano chiaro: i passeggeri dei tre colossi mediorientali, forti di una posizione strategica a cavallo tra Asia e Occidente, sono cresciuti negli ultimi due anni del 30% contro la percentuale da prefisso telefonico dei rivali. I forzieri dei loro azionisti (le famiglie regnanti dell’area), gonfiati dai profitti incassati nel periodo d’oro del greggio, hanno riserve inesauribili. E mentre la concorrenza insegue la chimera dell’utile a suon di tagli e ristrutturazioni, loro continuano a espanderei senza badare a spese.
La flotta degli emiri volanti copre ormai con voli no stop l’80% delle rotte globali, ha in ordinativo fra Airbus e Boeing nuovi aerei per un valore di 200 miliardi e, visto che l’appetito vien mangiando, ha iniziato anche a far collezione di concorrenti. Qatar Airlines, segno di come sono cambiati i tempi, ha rilevato il 10% del capitale di British Airways e Iberia. Etihad ha comprato quote di Alitalia oltre ad Air Serbia, Air Berlin, la svizzera Darwin, l’indiana Jet Airways. Emirates ha deciso di fare da sé. E tutte e tre, nelle ultime settimane, sono partite anche all’assalto della roccaforte Usa dove in 12 mesi hanno aumentato del 40% il loro servizi.
Ma quale è il segreto del successo delle aerolinee del Golfo? Se il primo, ovvio, è che almeno finora hanno avuto a disposizione risorse illimitate, il secondo è la debolezza dei rivali. I vettori tradizionali in Europa e negli States escono da un decennio da incubo. Segnato dalle Torri Gemelle, dalla Lehman Brothers e da una lunga recessione costata diverse decine di miliardi. Non solo: al vento contrario sul settore si è aggiunta l’ascesa irresistibile delle low cost. Più “leggere” sui costi, agili e flessibili. Risultato: Ryanair, Easyjet & Co. hanno sbancato il trasporto a medio raggio conquistando in Europa il 32% del mercato e aggravando di conseguenza i guai delle tradizionali aerolinee di bandiera.
Emirates, Etihad e Qatar, grazie ai portafogli gonfi degli sceicchi, hanno così fatto bingo. Gestiscono organici più snelli, sono posizionate sull’asse Est-Ovest che oggi è di gran lunga il più dinamico e ricco in fatto di voli.
C’è poi un altro punto. Hanno anche costruito (o stanno costruendo) aeroporti da sogno – scintillanti megalopoli dei cieli – in grado di fare da hub per decine di milioni di persone. Lo scalo di Dubai con i suoi 70 milioni di passeggeri internazionali transitati nel 2014, quasi il triplo di Fiumicino, ha sorpassato Heathrow a Londra, conquistando la leadership mondiale di settore. L’offerta capillare – sommata ai sussidi pubblici dei soci, lamentano i concorrenti – sta consolidando quindi la leadership del Golfo. Basta aprire un motore di ricerca e fare un confronto delle tariffe per avere quasi sempre la stessa risposta: le più convenienti, con differenze di centinaia di euro, sono quelle dei tre mediorientali. Ragione spesso più che sufficiente per affidarsi ai loro servizi. Niente però è per sempre. E le Cassandre del trasporto aereo, abituate a veder nero anche nei momenti migliori, ammoniscono: chi di petrolio ferisce, di petrolio può perire. Tradotto in termini aeronautici: il crollo del prezzo del greggio degli ultimi mesi potrebbe diventare una zavorra per gli sceicchi (magari mettendo a rischio i loro maxi-ordini di aerei) e favorire una timida riscossa dei rivali, per cui il pieno dei jet rappresenta circa il 30% dei costi. Ad oggi non ci sono segnali in questo senso. Ma regna un diffuso ottimismo: il mondo è in ripresa, il mercato tira. Nel 2015, stime della Iata (associazione di settore), i vettori macineranno 25 miliardi di profitti. Una torta grande per tutti ma con la fetta più grande, inimmaginabile fino a dieci anni fa, sulla tavola degli emiri del Golfo.