Filippo Maria Ricci, La Gazzetta dello Sport 21/3/2015, 21 marzo 2015
BARTOMEU: «MESSI RIMARRA’. POGBA? VEDREMO»
Il Barcellona è al centro del mondo. Per questioni sportive, il momento è decisamente propizio, e non: il caso Neymar è aperto, la Fifa ha bloccato il mercato blaugrana, la politica non molla il club. Mille i motivi per parlare con Josep Maria Bartomeu, presidente del Barcellona.
Iniziamo dal calcio. E dalla Champions.
«Ci è toccato il Psg per la terza volta in due anni. Squadra complessa, che sta crescendo e gioca bene. Sarà dura».
E la Juventus?
«Un club che negli ultimi anni ha fatto un lavoro eccellente per tornare al suo posto, soprattutto in Europa. Conosco bene i suoi dirigenti, lavorano con discrezione ed energia e hanno messo su una squadra spettacolare. La Juve è il pericolo occulto della competizione: avanza piano piano, senza far rumore. La vedo in semifinale, col Monaco è favorita».
Domani c’è il Clasico.
«Importante, ma non decisivo, mancano ancora tante giornate. Basta pensare al nostro calendario in aprile: Siviglia fuori, andiamo a Parigi, riceviamo il Valencia, poi il Psg e quindi abbiamo il derby a casa dell’Espanyol. E dovremo andare al Calderon. C’è molta Liga dopo il Clasico».
Si può vendere Leo Messi?
«Impossibile. Chi lo dice lo fa per destabilizzare. Leo è cresciuto qui al Barça e qui al Barça si ritirerà. Penso sia anche il suo obiettivo».
E la crisi tra Messi e Luis Enrique?
«È stata incredibilmente esagerata. In ogni squadra ci sono frizioni tra giocatori e allenatore. È normale. Succede in ogni ambito lavorativo. Una buona squadra cresce sul binomio conflitto-soluzione».
Avete convocato elezioni anticipate: un’inchiesta di Catalunya Radio dice che, se si presenta, Joan Laporta vince a mani basse.
«Abbiamo convocato le elezioni perché attorno al club c’era un gran rumore e avevamo paura potesse condizionare la squadra. E abbiamo chiesto a tutti di concentrarsi solo sul tema sportivo. Non tutti lo fanno, e la cosa non mi piace. Non censuro, ma insisto che bisognerebbe pensare solo alla stagione in corso. Dopo faremo inchieste, valutazioni, bilanci, critiche».
Come mai avete chiamato Ariedo Braida?
«Io lo conoscevo da tempo, un amico mi ha consigliato di prenderlo. Persona onesta, gran lavoratore, ottimo professionista: ho pensato che la coppia Braida-Rexach, uno per il cacio internazionale e l’altro per quello nazionale, poteva funzionare».
La situazione però è anomala: potete comprare ma non iscrivere giocatori.
«L’idea è acquistare e lasciare i giocatori nel proprio club fino a gennaio».
Le faccio un solo nome, Paul Pogba.
«No comment. Ha un contratto con la Juve, club per il quale abbiamo massimo rispetto. Posso dire che Paul è un grande giocatore, poi bisognerà chiedere alla Juve se lo vogliono vendere. E capire la strategia di Raiola».
La sentenza Fifa.
«La Fifa ha delle regole molto chiare. Il Barça ha un progetto di reclutamento nel mondo e offre ai ragazzi borse di studio. In questi anni la federazione catalana e quella spagnola ci hanno sempre dato l’ok per la registrazione dei giovani. Da li la nostra sorpresa per una sanzione molto ingiusta. La Fifa non deve proibire i trasferimenti quanto controllare che i ragazzi stiano bene. Per me la Fifa agisce contro la legge, e non vorrei che si trovasse di fronte a un nuovo caso Bosman. Lo potremmo chiamare un “caso Barça”, nel quale i genitori di un ragazzo denunciano la Fifa alla Comunità Europea perché impedisce a loro figlio di giocare».
Caso Neymar. Il Mundo Deportivo è arrivato a dire che il pm potrebbe chiedere la sospensione del Barça dalla Liga.
«Sarebbe una sorpresa spettacolare. Faccio fatica a pensarci. La nuova legge permette di paralizzare l’attività di un’azienda nel caso si dimostri che l’entità è stata creata per delinquere. Ma il Barça oltre 115 anni fa non è stato creato per delinquere... Non capisco perché vogliano sanzionarci penalmente per un eventuale delitto fiscale».
In caso di indipendenza della Catalogna il Barça dove giocherebbe?
«Sono solo speculazioni. Il Barça è un club catalano e catalanista, attaccato alla propria terra, con la stragrande maggioranza dei suoi 150.000 soci catalani e a loro ci rimettiamo. La decisione spetterebbe a loro».