Leonetta Bentivoglio, D- la Repubblica 21/3/2015, 21 marzo 2015
IL DIAVOLO IN REGIA
Tutti lo vogliono, tutti lo chiamano, largo al regista di qualità. In un arco velocissimo di anni Damiano Michieletto è diventato più frenetico e richiesto di Figaro. Nessun creatore di spettacoli, in Italia o forse in Europa, sta lavorando quanto lui. Inarrestabile, applaudito e discusso, è generoso d’incursioni nei teatri d’opera al massimo livello e nella prosa. Non c’è tregua per Michieletto, che sta per debuttare (25 marzo) al Piccolo di Milano con Divine Parole, fosco e grottesco drammone, più o meno sconosciuto in Italia, dello spagnolo Ramon Maria del Valle-Inclán (1866-1936). Quasi un’investitura: Damiano viene infatti accolto per la prima volta nel teatro che fu di Strehler e dell’appena scomparso Ronconi. E l’attivissimo regista, nato a Venezia quarant’anni fa (ma ha un’aria da studente spettinato e distratto che lo fa sembrare un ragazzino), vi si lancia con un progetto impegnativo e scioccante, che coinvolge sedici attori "in uno spazio violento e barbarico, col pavimento coperto di fango", spiega con piglio entusiastico durante le prove. "Quella materia viscida e grigia impregna e sporca via via gli interpreti, nel segno di una corruzione progressiva. E visto che la scena sarà piazzata in mezzo al pubblico, può darsi che gli spettatori abbiano bisogno di mantelline per ripararsi dagli schizzi".
Pochi mesi dopo tornerà a catturarlo la lirica, cioè il territorio che nei primi anni 2000 gli ha dato fama internazionale grazie ad allestimenti audaci e comunicativi, osannati o contestati a Vienna, alla Scala, a Zurigo, a Salisburgo, a New York. Nel giugno prossimo realizzerà per la Royal Opera House di Londra il monumentale Guillaume Tell di Rossini, con Sir Tony Pappano sul podio dell’orchestra, e in autunno proporrà nello stesso teatro la sua lettura delle tempestose emozioni di Cavalleria Rusticana e Pagliacci, "titoli di fine 800 che ben si prestano a essere presentati come vicende contemporanee e realiste calate nell’odierno Sud d’Italia". Il deviamento storico-ambientale non sorprende nel caso di Michieletto, la cui ottica registica viaggia tra spostamenti d’epoca e scelte temerarie di contesti "altri".
Nel suo catalogo di melodrammi figurano un Elisir d’amore balneare, con bagnini propensi al rimorchio, un Così fan tutte incorniciato da un albergo high-tech gradito agli scambisti, una Bohème raffigurante il precariato e le ossessioni di ragazzi del terzo millennio e un Ballo in maschera dipinto come una chiassosa campagna elettorale american style. Non basta: quest’anno Michieletto è atteso in settembre alla Fenice di Venezia per un nuovo Flauto Magico: "Tamino e Pamina saranno gli allievi di una scuola ottocentesca, dove si scontrano forze che si contendono la formazione e il controllo degli individui. Il percorso di conoscenza sarà diviso tra uno sguardo moderno e laico, aperto al sapere scientifico, e un altro legato al mistero e alla religione, includendo un approccio alla natura e alla sessualità che li porta a scoprire il corpo e l’amore".
Continua intanto a circolare per l’Italia una sua produzione teatrale risalente all’anno scorso, L’ispettore generale, dall’omonima pièce di Gogol, montata per lo Stabile del Veneto e tuffata in un sordido bar dei giorni nostri, tra donne strette in tessuti leopardati, rozzi giovanotti "tamarri" e climi di ubriachezza molesta: "Quella di Gogol è un’umanità gretta, che annega nell’alcol la sua strisciante depressione e cerca la catarsi nel divertimento facile, nella brama del lusso e nella più meschina alienazione". Da dove scaturisce la sua attrazione per un teatro così estremo e spinto? "Più che spinto vuol essere limpido e leggibile, mai cerebrale. Da giovanissimo mi hanno ispirato molto i testi di Jerzy Grotowsky e Peter Brook, inventori di un teatro radicale e ricco di fisicità, e sono stato uno spettatore assiduo delle rivoluzionarie regie operistiche di Peter Sellars. Ciò che conta non è l’aggiornamento in sé, ma la coerenza della prospettiva e il modo di affrontare la psicologia dei personaggi. Il regista deve considerarsi innanzitutto uno story-teller,
capace di trasmettere una trama e d’integrare la visione della storia con la nostra percezione della vita. Vestire gli attori e i cantanti con costumi di oggi non è sufficiente per renderli attuali: certe brutte regie declinate al presente sono le più antiquate".
Michieletto non si è avventurato nel teatro per ragioni familiari: "Sono figlio di un operaio e non ho artisti né melomani in famiglia. La rivelazione è iniziata per caso ed è stata graduale. Da ragazzino mi piaceva recitare nelle compagnie amatoriali venete e, spinto dalla voglia di confrontarmi con stimoli più grandi, ho deciso di andare a studiare alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano". Ha appena concluso il corso quando nasce sua figlia Viola, "e dato che non c’era lavoro mi sono messo a fare il pizzaiolo". Alle pizze sfornate in un ristorante di Scorzè, provincia di Venezia (ma ora la sua casa è a Treviso, e nel frattempo ha avuto un secondo figlio, Daniele), si è sovrapposta la "palestra fondamentale" della sua collaborazione giovanile con l’Orchestra Verdi di Milano, "dove nel weekend curavo opere musicali per bambini, e per un regista non c’è niente di più istruttivo di un pubblico infantile, che esige spettacoli chiari ed estranei agli intellettualismi. Non si può mai dare niente per scontato nella narrazione. In più le produzioni per i più piccoli sono squattrinate e insegnano ad arrangiarsi". Un direttore della Verdi a quel punto lo invita nel 2002 al festival irlandese di Westport per un Barbiere di Siviglia che meriterà riconoscimenti, e da lì Michieletto passa, due anni dopo, alla ribalta del festival rossiniano di Pesaro, che segna l’avvio dell’ascesa. Il desiderio più grande? Mettere in scena opere nuove: "Se nel passato il teatro lirico era sempre contemporaneo, adesso ci si occupa solo di capolavori creati due o tre secoli fa, e io sono stanco di portare fiori freschi sulle tombe dei morti. Sogno di raccontare storie di oggi con la musica di oggi".