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 2015  marzo 21 Sabato calendario

ORA L’INCUBO È L’IMPATTO SULL’ECONOMIA

Il terrorismo ha un indubbio vantaggio nei confronti dei Governi, anche quelli di Paesi ricchi e potenti. Con costi spesso contenuti, a volte irrisori, e con pochi uomini, può mettere sotto scacco un intero Paese.
Facendo irruzione nella sede del la rivista satirica francese Charlie Ebdo, dove hanno ucciso 12 persone, due terroristi franco-algerini hanno scatenato per due giorni una colossale caccia all’uomo, che ha seriamente messo in difficoltà le rete stradale della Francia, paralizzandola in diversi tratti. Altri due terroristi, massacrando mercoledì a colpi di kalashnikov 17 turisti stranieri nel museo del Bardo di Tunisi, rischiano ora di mettere in ginocchio l’economia della piccola Tunisia.
A tre giorni dalla strage il solo Paese travolto dalle primavere arabe che era riuscito a mostrare al mondo una transizione democratica credibile e trasparente - tanto da meritarsi la menzione di “paese dell’anno” dall’Economist - si ritrova oggi solo. Impaurito che il rilancio economico su cui aveva scommesso possa arrestarsi bruscamente.
Il discorso vale soprattutto per il turismo, uno dei settori trainanti dell’economia nazionale, capace di assorbire almeno 400mila addetti. Uno “strumento” quasi insostituibile per curare il male che affligge da anni il Paese: la disoccupazione, soprattutto giovanile. «L’impatto economico è terribile». Così , senza troppi giri di parole, il premier tunisino Habib Essid ha prospettato i potenziali danni all’economia. «La stagione turistica avrà sicuramente problemi», ha rincarato la dose Essib.
I primi segnali, purtroppo, già ci sono. Il laconico comunicato diramato dalla Costa crociera è arrivato a Tunisi come una doccia fredda: «Costa ha annunciato la sospensione di tutti i futuri scali previsti in Tunisia», ha dichiarato Neil Palomba, direttore generale Costa Crociere. E forse Costa non resterà sola in questa decisione. Una bella sfortuna. Nel 2014 ben 250 navi avevano fatto scalo nei porti tunisini sbarcando 600mila passeggeri. D’altronde il settore delle crociere nel 2014 aveva dato incoraggianti segnali di ripresa.
La Tunisia possiede una grande fortuna, o una grande sfortuna, a seconda di come la si vede: l’assenza di idrocarburi e di materie prime - al di là dell’industria dei fosfati - l’ha reso un’economia bilanciata e diversificata. La sola in quest’area, con un settore manifatturiero solido e uno dei servizi in forte crescita.
Fino alla rivolta del gennaio 2011 era proprio il turismo ad essere una delle maggiori fonti di entrata dell’economia nazionale. Oggi rappresenta comunque ancora il 7% del Pil (l’agricoltura contribuisce per il 16%, l’industria per il 28,5, e i servizi per il 55,5%). Ma fornisce al paese il 20% di valuta straniera pregiata. Prima del 2011, durante gli anni d’oro del turismo, erano 7-8 milioni i visitatori che ogni anno arrivano in questo Paese. Un numero elevato, pari al 70-80% della popolazione della Tunisia. Certo, nel 2011, la primavera araba ha avuto un impatto drammatico sul settore. Ma già nel 2013 i dati indicavano la presenza di oltre 6 milioni di turisti. Di questi, 560mila erano italiani. D’altronde secondo fonti Istat - precisa l’Ispi - la Tunisia è la seconda meta turistica per gli italiani al di fuori dell’Unione europea, dietro solo agli Stati Uniti.
Sarebbe ingenuo escludere a priori che anche gli altri settori dell’economia non saranno toccati dagli avvenimenti. E che potrebbero avere un impatto su quel prodotto interno lordo che veniva stimato quest’anno, complice anche i successi sul fronte politico, in ripresa al 3,7 per cento.
Occorrerà vedere la percezione degli imprenditori che esportano verso il Paese e soprattutto quelli che sono presenti con società in partnership con quelle tunisine. E l’Italia è in prima linea assieme alla Francia: come aveva precisato al Sole 24 Ore l’ambasciatore italiano a Tunisi, Raimondo De Cardona, nei giorni successivi alle storiche elezioni di fine ottobre. «Italia e Tunisia sono due Paesi vicini, con relazioni commerciali e culturali storiche. È indubbio che tra il popolo tunisino e l’Italia ci siano forti affinità e relazioni improntate a una reciproca simpatia. Ancora oggi i piccoli imprenditori italiani presenti in Tunisia sono numerosi. Contiamo circa 700 aziende. Questo Paese offre un contesto congeniale per le Pmi. Nel primo semestre del 2014 abbiamo incrementato il nostro export, e siamo i secondi fornitori appena dopo i francesi. Il felice esito della transizione sta producendo un deciso interesse».
Oltre 700 aziende, che impiegano 60mila persone, e costituiscono circa il 25% del totale delle imprese a partecipazione straniera, sono un patrimonio da tutelare. Lo sanno bene le autorità tunisine: gli attentati «non ci impediranno di promuovere la Tunisia» perché «quello che è successo a Tunisi sarebbe potuto accadere in qualsiasi altra parte nel mondo, ha dichiarato il premier Essib.
Roberto Bongiorni, Il Sole 24 Ore 21/3/2015