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 2015  marzo 21 Sabato calendario

SCANDINAVIA IN MANO ALLE GANG ARABE

Stoccolma
Due giovani, volto coperto da maschere col teschio, fanno irruzione in un ristorante di Hisingen, a Göteborg. Svuotano i caricatori delle loro armi automatiche sui clienti. Due morti, otto feriti.
Ancora una volta è un regolamento di conti tra bande rivali, tutte composte da stranieri, prevalentemente di origine araba. La polizia è da subito in grado di garantire che non si tratta di un attacco terroristico. Qui, in gioco non c’è il dominio religioso ma i soldi: pizzo, armi e droga. Tanta droga. Basti pensare che il maggior consumo d’Europa oggi lo registra la ricchissima Norvegia.
Solo a Göteborg, lo scorso anno, ci sono state 50 sparatorie, con quattro morti e ventiquattro feriti. Nessuna di queste ha attirato l’attenzione internazionale, ma anche questo è terrore, in Paesi democratici. Nel Nord dell’Africa in modo drammaticamente plateale. Nel Nord d’Europa, sommessamente, dove le cosche si sono impossessate di intere città della costa, strategiche per i loro traffici, abituando la società alla paura con pillole quotidiane di violenza. Un veleno a lento rilascio, per assuefare al terrore senza dare scalpore. Fino a che a svegliare non sono le stragi in una redazione, in un museo, o durante una conferenza, come nel caso di Copenaghen, che poche ore prima era ripiombata nel terrore per la sparatoria nel parcheggio sotterraneo del centro commerciale Field’s di Amager; proprio sull’isola danese dell’Øresund 24 ore prima c’era stato un blitz della polizia, a caccia dei complici dell’autore degli attentati del 14 febbraio.
La capitale danese, indelebilmente segnata, vive oggi tra indagini ancora aperte, e una gran voglia di rialzare la testa. Anche qui si è trattato “solo” di un regolamento tra due bande: 8 persone coinvolte, tre feriti, tre arrestati. È chiaro però, che la democratica Danimarca non può più essere la stessa dopo il terrore del mese scorso, quando al centro Culturale Krudttønden di Nørrebro l’artista svedese Lars Vilks, autore della celeberrima vignetta raffigurante Maometto con le sembianze di cane, avrebbe dovuto tenere una conferenza su “Libertà d’espressione-satira e blasfemia” in onore alle vittime di Charlie Hebdo. Invece, il 22enne naturalizzato danese ma di origini palestinesi Omar Abdel Hamid El-Hussein, ha scatenato un inferno di proiettili. Vilks è fuggito con la scorta, mentre è morto il documentarista Finn Norgaard. Nella notte il secondo attacco, alla sinagoga di Nørrebro, costata la vita ad un sorvegliante ebreo, Dan Uzan.
Da allora la tensione non si è mai spenta, le indagini sono proseguite senza sosta perché era impensabile che quel giovane avesse fatto tutto dal solo, e l’allerta della polizia e dei servizi segreti è sempre stata massima. Nel corso dello scorso weekend intanto, Vilks, che dopo i fatti di Copenaghen ha dovuto rinunciare a una serie di conferenze in tutto il Nord perché le forze di sicurezza erano giudicate insufficienti, ha fatto la sua prima uscita pubblica da allora, per ricevere, proprio a Copenaghen, il “Premio Trykkefrihedsselskabet”, la controversa organizzazione esplicitamente anti-musulmano. Una sorta di orgoglioso riscatto emotivo, tutto nordico.
Michela Danieli, il Fatto Quotidiano 21/3/2015