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 2015  marzo 21 Sabato calendario

ANNA FOGLIETTA “LE NOSTRE RISATE FANNO PAURA AGLI UOMINI”

«La mia è una guerra dichiarata, sono arrabbiata: alle donne non si riconosce il dono della comicità. Non è affatto scontato, anche nella promozione di un film, nei manifesti o nei cartonati le attrici sono sempre subordinate agli uomini, non ci sono, oppure stanno lì come belle statuine. Secondo me l’umorismo delle donne fa paura. Ma come? Lavorano, recitano, fanno le madri e fanno pure ridere?! È troppo per i poveri uomini, potrebbero estinguersi come dinosauri!». Anna Foglietta da Roma, classe 1979, con la sua bella voce gioiosa e il linguaggio schietto e diretto, scherza ma non troppo sul tema della comicità al femminile. In questi giorni è sugli schermi con due commedie, Noi e la Giulia e La prima volta di mia figlia. «Credo di conoscere la grammatica della commedia, ho dimostrato di saperla fare, eppure è sempre faticoso, gli uomini che fanno ridere te li aspetti, le donne no. Proprio per questo potrebbe essere una risorsa da sfruttare, potrebbe rivitalizzare il genere. Forse anche noi attrici dovremmo osare di più.
L’unica che se lo può permettere è Paola Cortellesi, è un genio, ha una potenza formidabile».
Prima che qualcuno si accorgesse del suo potenziale comico, l’attrice ha indossato l’uniforme del poliziotto e per anni, da La squadra a Distretto di polizia, ha indagato, ha arrestato mascalzoni, ha stanato criminali incalliti. «Ho fatto il percorso inverso, ho dimostrato prima di saper far piangere.
Finalmente Luca Licini in Solo un padre con Luca Argentero mi ha offerto un ruolo piccolo ma ben costruito, una “sclerata”, insoddisfatta della vita che in un attimo passava dal registri drammatici a quelli comici, senza mai oltrepassare i limiti».
«Una qualità che mi riconosco è quella di restare in una partitura precisa, non “scaccolo” mai, come si dice in gergo, sono per la recitazione del sottrarre. Insomma nella commedia mi sento a mio agio e mi diverto». L’impressione è che Anna Foglietta, con quel tocco buffo nel cognome — «Dice che ero predestinata?» — sia a suo agio e si diverta anche nella vita. Del resto tre figli in quattro anni — Lorenzo, Nora e Giulio, da 4 anni a pochi mesi — e insieme sei film suggeriscono un atteggiamento positivo e una buona dose di fiducia. «Bisogna avere leggerezza, non prendersi molto sul serio e affrontare la vita in modo divertente altrimenti con tre figli rischi di diventare pazza, specialmente oggi, in tempi come questi. A parte i momenti drammatici in cui mi sembra di non poter soddisfare i desideri di tutti, compresi i miei, a volte riesco a guardarmi da fuori e mi ammazzo dalle risate. Penso che potrei fare una fiction, scriverla, produrla e girarla. Mi basta mettere una telecamera in cucina e succede di tutto: mentre cucino allatto Giulio, allungo una carota a Nora che mi sta attaccata alla gamba e vuole disperatamente mangiare, e intanto Lorenzo pretende che io faccia Little John e lui Robin Hood. Non fa ridere? In confronto la dea Kali è una dilettante».
Eppure la maternità a ripetizione non era tra i suoi progetti essenziali. «Anzi, vivevo in campagna, due cani meravigliosi, ero una single felice. Poi è arrivato Paolo, mi sono innamorata follemente, sono rimasta incinta e mi è piaciuto fare la mamma, ho cominciato ad amare i bambini. E siccome la vita mi piace prenderla di petto, sono andata avanti. Non pensavo l’avrei apprezzato così tanto, i bambini mi danno un’energia incredibile, mi ispirano, amplificano lati del mio carattere come l’ironia e la leggerezza, mi hanno fatto scoprire qualcosa di me che non conoscevo, la pazienza. Ero una sempre affannata, sempre di fretta, se non avevo risultati immediati diventavo pazza, con i figli ho imparato ad aspettare e ad adeguarmi ai loro tempi. Anche nel lavoro, ho imparato a staccarmi dall’ansia, l’ansia del provino, della telefonata, della prestazione perché comunque c’è una vita a casa che mi aspetta. Continuo ad amare follemente il mio lavoro, ma amo di più i miei figli. Paradossalmente questo distacco mi consente di dare di più, il rapporto con i bambini arricchisce la gamma delle emozioni, aiuta a capire sfumature dei personaggi, e sul set sono più concentrata di prima».
Anche l’incontro con Paolo, che ha raccontato spesso, ha il suo lato bizzarro. Si erano conosciuti al liceo e «ci piacevamo come pazzi», come dice lei, ma non se lo erano mai detto, bloccati dalla timidezza. «Dopo 16 anni lui ha trovato il coraggio di farsi vivo. Io ero in un periodo della mia vita in cui potevo aprirmi a nuove relazioni e tutto è cominciato». Naturalmente, con una moglie così disponibile all’ironia e alla leggerezza, il marito deve essere all’altezza. «Il grande pregio di Paolo è che è molto bello ma è molto buffo, è goffo, e gli uomini belli e goffi mi fanno impazzire. Luca Argentero così impacciato in Noi e la Giulia mi piace tantissimo. La goffaggine toglie ai belli quell’aria impeccabile, tutta d’un pezzo. Mio marito inciampa, sbaglia i tempi, fa delle figure terribili, lo adoro. Oltretutto mi riempie sempre di complimenti, mi fa arrossire, e poi sa giocare con i figli. Non gli manca niente». E non è un caso che al cinema la facciano ridere i perdenti. «In L’oro di Napoli, quando la Loren deve sempre rimanere incinta, la faccia esangue di Mastroianni che non ce la fa più a fare sesso è irresistibile».
Il senso dell’umorismo l’ha aiutata sia nella scelta di lavorare incinta, sia nell’aver affrontato cinque ruoli da lesbica. «Sul set di Edoardo Leo la pancia anzi è diventata un elemento della storia. Lì il problema è stato quello di arrivare dopo due settimane di riprese, c’era un gruppo già formato, mi sentivo un po’ un’aliena, però avendo io uno spirito combattivo e cameratesco, sono una donna più da spogliatoio che da salotto, non è stato difficile integrarmi. Quanto ai ruoli di lesbica il bacio saffico in Tutta colpa di Freud è andato bene, c’era l’attrice americana che faceva la coatta, vantava esperienza di sesso vario. Con me, italiana, madre, un po’ codina! E allora è scattata la rivalsa, al ciak mi sono buttata, le ho tolto la maglietta, ho cominciato a toccarle le tette, ho fatto un macello, l’ho stravolta. Ero più spaventata per L’amore è imperfetto, doveva essere una scena omosessuale seria, di nudo, credibile per il pubblico.
Una sfida che ho accettato, comunque tutto ti fa crescere».
Malgrado la sua allegra bonomia, Anna Foglietta può anche innervosirsi. Per esempio «quando mi chiedono perché ho fatto cinque film da lesbica. Ma che pensano?
Sono una professionista e anche dal punto di vista fisico mi sembra di essere molto mediterranea, femminile. Perché non mi chiedono mai dei quindici personaggi etero? Siamo in una società piena di pregiudizi. E sono stufa della solita domanda: come si sente ad aver girato incinta? Come se non rientrasse nella normalità femminile e fosse una malattia. E purtroppo arriva sempre dalle donne».
A proposito, a quando la prossima gravidanza? «Basta, ho finito. Anzi, la prego di scriverlo a caratteri cubitali, così me lo tengo come un promemoria da attaccare al frigorifero: comprare le uova, è finito il latte, chiamare l’idraulico, non rimanere incinta».
Maria Pia Fusco, la Repubblica 21/3/2015