Francesco Caruso, La Gazzetta dello Sport 21/3/2015, 21 marzo 2015
CORINI, EMOZIONI
Per Eugenio Corini Chievo-Palermo è un pugno nello stomaco e un tuffo nei ricordi. Torna a parlare l’allenatore licenziato 4 mesi fa dal club veneto proprio in occasione della «sua» partita: non ce n’è un’altra che potrebbe racchiudere meglio la sua storia calcistica.
Corini, si aspettava l’esonero dopo 7 partite?
«Proprio no. Avevamo compiuto un percorso importante, venivamo da 2 salvezze molto intense e avevamo intrapreso un nuovo percorso, con 15 giocatori nuovi e un avvio molto complicato contro Juve, Napoli, Milan, Sampdoria, Roma, mica una passeggiata. Eppure eravamo tutti lì in gruppo, compresi Sassuolo e Palermo. Avrei meritato più credito».
Stavolta si è rotto definitivamente il filo che la legava al Chievo?
«Mai dire mai, anche perché sono ancora sotto contratto, ma credo che sia finita».
Un domani potrebbe invece allenare il Palermo?
«Chi lo sa, per ora tanto di cappello a Iachini per il gran lavoro che sta portando avanti. Era normale che la squadra che inizialmente pagasse dazio, ma poi si è ripresa, anche per le esplosioni di Dybala e Vazquez, ma non solo».
Per chi farà il tifo oggi ?
«Immagino una bella partita, aperta a qualunque risultato fra 2 squadre che possono dirsi tranquille».
Come definirebbe il suo passato palermitano?
«Sono stati 4 anni portentosi. Avevo appena vissuto la famosa parentesi del miracolo Chievo e a 33 anni sentivo l’esigenza di un cambiamento. Capii che stava per aprirsi un ciclo importante e non mi sbagliavo. Indimenticabili i giorni della promozione, il ritorno in A dopo oltre 30 anni è stato un’esaltazione collettiva».
Lei in Sicilia inoltre ha anche trovato la sua seconda moglie.
«Sì, Aurelia è di Palermo e insieme ai nostri 2 bimbi, Sofia di 4 anni e Carlotta di 6 mesi e ai miei 2 figli più grandi, Alessandra di 23 e Filippo di 13 torniamo tutte le estati».
E di Chievo cosa le è rimasto, a parte la recente delusione?
«Mi sento fortemente riconoscente al club che mi ha permesso di diventare allenatore professionista».
I ricordi che la legheranno per sempre al Chievo e al Palermo?
«Da allenatore, le 2 salvezze in gialloblù, soprattutto quella dello scorso anno. Da giocatore non dimentico quando dal Verona passai al Chievo e accusavo ancora problemi al ginocchio, andai a pranzo con il presidente Campedelli e gli dissi: “Guardi, se vuole posso anche andare via e stracciamo il contratto”. Lui mi rispose di pensare a guarire perché avremmo fatto un bel pezzo di strada assieme. E fu esattamente così. In rosanero rammento la prima vittoria con la Juve con gol di Brienza e quando in agosto battemmo l’Inter al Moretti e già a notte fonda a Palermo si crearono le file fuori dai botteghini per comprare l’abbonamento. Ma oggi guarderò la partita senza pensare a nulla». Sarà vero?