Massimo Calandri, la Repubblica 21/3/2015, 21 marzo 2015
LE AZZURRE IN META “NATE PER COMBATTERE MA CON FASCINO”
C’È un’Italia del rugby che oggi gioca per la vittoria finale nel Sei Nazioni. Una squadra azzurra che non ha mai preso il “cucchiaio di legno”. Che non schiera oriundi o equiparati, però ha un’ala in testa alla classifica marcatori e un mediano di apertura che calcia la palla in mezzo ai pali. La Nazionale femminile è l’altro spicchio ovale, quello vincente. Quindici ragazze che trionfano in Scozia come i maschi, ma poi – loro – battono la Francia. Sognano di arrivare prime: nel pomeriggio a Padova devono travolgere il ruvido Galles e sperare in una improbabile combinazione di risultati (la Scozia che batte l’Irlanda, l’Inghilterra che supera la Francia). Meglio non illudersi, d’accordo: però eccole qui, guerriere a testa alta.
Maria Magatti, 23 anni, occhi azzurri e 5 mete. Figlia di Chiara Giaccardi e Mauro Magatti, sociologi e docenti alla Cattolica, inventori di quella “teoria della generatività” (la capacità di dare vita a cose nuove senza poi pretendere di averne il controllo) che sembra disegnata per questa storia. «Ma quando da adolescente ho detto che volevo giocare a rugby, mamma è sbiancata: “La danza classica no?”. Invece ora è la mia prima tifosa, e come si vanta: “Giochi benissimo”. Che ridere». Maria corre col 14 sulle spalle e non la prende nessuno, capelli lunghi raccolti in una coda. Ha vinto uno scudetto col Monza. Sogna le Olimpiadi di Rio con la squadra a 7.
Maria Cristina Tonna è stata una bandiera della Nazionale e oggi ne è il manager. Conserva un vecchio articolo di Repubblica: “Rugby, rimmel e fango. Le ragazze che fanno meta”. Lo scrisse Corrado Sannucci. «Il solo che ci ha dedicato un po’ di attenzione, quando ci guardavano come delle matte». Non più. Il rugby femminile italiano è in crescita esponenziale: oltre settemila tesserate (6.764 lo scorso giugno), 19 club iscritti alla serie A e 93 alla Coppa Italia. L’altra settimana a Badia gli spettatori erano duemila e trentamila le visualizzazioni internet per la partita. «Le bambine del club, le Birbe, aspettavano le azzurre per chiedere l’autografo».
Andrea Di Giandomenico da sei anni è l’allenatore. «Abbiamo quasi sempre vinto due partite in ogni edizione. Non è quello dei maschi, non facciamo paragoni. Ma è comunque un rugby vero: da dilettanti, sacrificio e passione. Livello tecnico buono, chi non ci ha mai visto resta stupito: merito del lavoro che si fa in tutta Italia a livello giovanile». Silvia Gaudino, capitano e numero 8: come Sergio Parisse. Flavia Severin è anche vice campionessa europea di pugilato. Manuela Furlan, estremo, magra e gentile, placca che pare un camallo. Chissà dove potrebbero arrivare se qualche sponsor si interessasse a loro. Maria Cristina Tonna lo sa, la strada è ancora lunga. «Capisco l’appeal delle pallavoliste, ma anche noi siamo delle belle ragazze. Perché si può essere belle in tanti modi. E femmine. Forti, coraggiose, anche dure. Senza perdere il nostro fascino, anzi». Certo, se si vincesse il Sei Nazioni... Maria Magatti sgrana gli occhioni: «Sarà dura, ci proviamo. Grinta, aggressività. Lo so, fa un po’ effetto. Ma questo è uno sport di combattimento. E noi donne siamo nate per combattere».
Massimo Calandri, la Repubblica 21/3/2015