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 2015  marzo 21 Sabato calendario

BANCA TROPPO CENTRALE?

La programmata chiusura di altre filiali della Banca d’Italia sta facendo discutere. Contribuiscono il carattere ultrasecolare dell’Istituzione e la costanza della diffusione della rete sull’intero territorio nazionale. In origine, la Banca d’Italia, per l’esercizio del servizio di Tesoreria provinciale dello Stato, disimpegnato sulla base di una convenzione con il Tesoro, era tenuta a insediarsi in tutti i capoluoghi di provincia.
Il legame, normativamente fissato, era tale che, ogniqualvolta veniva istituita una nuova provincia, l’Istituto era tenuto a insediarvisi. Per molti anni il servizio di Tesoreria, concretantesi, in particolare, negli incassi e pagamenti per conto dello Stato e in una serie di altre operazioni, rappresentava una quota non secondaria dell’attività delle filiali e un impegno importante di alcune strutture centrali. L’attribuzione del servizio si era nei decenni stabilizzato in capo alla Banca, che tuttora lo disimpegna nell’interesse della collettività, dopo che, alla fine degli anni 40 del Novecento, quando il personale indisse uno sciopero per il miglioramento dei trattamenti economici e normativi che durò circa quaranta giorni, il governo aveva minacciato che avrebbe assegnato tale servizio a una banca commerciale, ipotizzando anche il conferimento alla Bnl. Ma la cosa poi non ebbe alcun seguito. Agli inizi degli anni 90, a seguito di approfondite analisi svolte nell’Istituto e di una conseguente azione di stimolo, fu approvata una leggina che rompeva il collegamento automatico tra province e filiali Bankitalia per il servizio anzidetto, prevedendo che si sarebbero potute attuare scelte alternative tenendo conto della economicità e funzionalità del servizio, da riconoscersi con decreto del ministro ora dell’Economia.
Dopo quasi un secolo si introduceva, così, una rilevante innovazione nel presupposto degli effetti dello sviluppo delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione che avrebbero potuto supplire all’effettivo insediamento in loco, anche ricorrendo, se del caso, a convenzioni con Poste o altri soggetti. L’Istituto perciò non si insediò nelle nuove province, che all’epoca furono costituite, e le misure alternative mostrarono la loro validità in una con innovazioni nel sistema dei pagamenti che progressivamente si affermavano, prima fra tutte quella relativa all’accreditamento in conto degli stipendi. Nell’ultima parte degli anni 80 e negli iniziali anni 90 furono altresì compiuti studi per una revisione della rete territoriale, ma i Governatori dell’epoca, come i loro predecessori, esclusero l’opportunità di una rivisitazione: dominava la concezione della Banca come parte dello Stato-ordinamento e da ciò si faceva derivare la conseguenza dell’importanza della presenza di questa ultrasecolare istituzione, soprattutto in particolari zone del Paese, dove meno appariva presente lo Stato. Istituto di emissione, Banca centrale, Organo di Vigilanza, dunque, ma anche qualcosa in più, quale volto dello Stato nell’aspetto più avanzato e sensibile agli interessi generali.
Dopo che tra la fine degli anni 50 e gli anni 60 erano state soppresse le agenzie, insediate in ambiti territoriali infraprovinciali, nessuna modifica di rilievo, dunque, si ebbe, poi, nella rete; anzi, in alcuni importanti capoluoghi regionali (Milano, Napoli) accanto alla Sede storica della Banca si istituirono, tra gli ’80 e i ’90, rispettivamente due Succursali destinate esclusivamente allo svolgimento dell’attività di Tesoreria. Come si è detto, però, la Banca non è soltanto attività di Tesoreria; per una parte cospicua, molto più rilevante è pure esercizio delle funzioni di emissione e circolazione monetaria, di banca delle banche, di apprestamento di servizi all’utenza, soprattutto, di Vigilanza bancaria e di svolgimento di attività a quest’ultima collegate, nonché organo di ricerca economica e istituzionale e di alta consulenza al comparto pubblico, per cui sarebbe limitativo assumere il solo parametro della Tesoreria per trarre conseguenze, in generale, sul futuro delle Filiali.
Negli anni, intanto, si sviluppa ulteriormente il sistema dei pagamenti, si evolvono i collegamenti tra centro e periferia in tempo reale, si attua il cosiddetto «piano sportello» completando l’automazione delle attività di cassa e di riscontro delle Dipendenze. Ma si continua anche a promuovere un decentramento di compiti a livello territoriale.
La rete, comunque, resta intatta. La Banca compie l’intero percorso di adesione alla moneta unica e promuove la convergenza legale dell’ordinamento italiano con quello voluto dal Trattato Ue dallo statuto del Sistema europeo di banche centrali; promuove poi la concreta attuazione del nuovo assetto normativo, funzionale ed operativo. Dopo il 2006, governatore Mario Draghi, sostenendo la necessità di interventi di razionalizzazione e di diverso posizionamento della Banca nel territorio, si realizza una serie di innovazioni che comportano la chiusura, tra il 2008 e il 2009, di 39 filiali (che esercitano anche il servizio di Tesoreria), l’introduzione del modello di Dipendenza a operatività limitata e l’assorbimento delle attività di informazione finanziaria (soprattutto in tema di antiriciclaggio) già di competenza dell’Ufficio italiano dei cambi (Uic) che, nella circostanza, dopo oltre mezzo secolo di vita, veniva soppresso.
Queste decisioni non furono facili. Per la soppressione dell’Uic fu necessario un provvedimento legislativo, il cui iter non fu semplice. Si confrontavano diverse posizioni, ciascuna delle quali aveva a proprio sostegno ragioni non facilmente rigettabili. Quanto alla chiusura delle Filiali, l’argomento finì in Parlamento in conseguenza di numerose interrogazioni. La linea che fu sostenuta faceva leva sull’idea di una riorganizzazione che non avrebbe mutato la natura dell’Istituto come Banca centrale nazionale, parte del Sistema europeo, diffusa in tutto il territorio nazionale, ma avrebbe inteso privilegiare, in relazione alla riduzione di alcuni compiti, esigenze di efficienza, economicità, accountability. Alla fine, con questa decisione, che veniva indicata come prima tranche di una revisione e che non comportava perdite di posti di lavoro perché si prevedeva l’utilizzo del personale delle filiali soppresse in Consorelle viciniori, la riforma passò, approvata dal Consiglio superiore dell’Istituto. L’azione delle organizzazioni sindacali, che pure erano state critiche sull’operazione, valse a definire opportune intese sul riutilizzo del personale. Si erano concentrate, alla base della revisione, anche critiche esterne che maldestramente assimilavano, senza conoscere affatto la realtà, la Banca a un ente della pubblica amministrazione, vedendo ogni cosa alla luce del termine stracco e stantio di (presunta) casta e sottovalutando il patrimonio di esperienze, di professionalità e di storia presente anche nella rete periferica e l’utilizzo che se ne sarebbe potuto fare ampliando i compiti per sostituire quelli in calo, a cominciare dalla definizione dei rating delle imprese, ai fini del rifinanziamento delle banche presso la Bce sulla base dei crediti concessi, e dagli apporti alla finanza pubblica territoriale, passando per l’azione di prevenzione e contrasto delle illiceità, per la parte di competenza, nel campo finanziario. Concorreva a creare le spinte alla chiusura anche la permanente voglia di isomorfismo a livello di Sistema europeo di banche centrali, spesso alimentata dalle banche centrali più piccole, nell’incuranza della storia, delle tradizioni, dei profili istituzionali che riguardano altre banche centrali.
Ora sopravviene un nuovo piano dell’Istituto per la chiusura di altre 22 filiali, nei confronti del quale una parte consistente delle organizzazioni sindacali ha indetto iniziative di sciopero e ha pubblicizzato la propria posizione di contrarietà. Non mancano, ovviamente, ai fini della soppressione anzidetta, dati e analisi. Coloro che, come chi scrive, hanno trascorso una vita nell’Istituto possono essere fuorviati dalla nostalgia e, d’altro canto, non sarebbe coerente stare lontano da questo tema, che è complesso, ma non eludibile, per la sua importanza e per i sentimenti che suscita. Intanto, è da chiedersi quale sia il disegno della struttura della Banca d’Italia dei prossimi decenni. A quale Banca si pensi, dal punto di vista delle strutture, e a quale rapporto con il territorio. Giustamente, si ricorda ai tanti sproloquianti che, riguardate nel loro complesso, le funzioni dell’Istituto non sono in calo, che restano, all’opposto, numerose e che per quelle che sono state trasferite alla Bce sussiste una compartecipazione stretta e, ancor prima, un’attività istruttoria e, poi, di realizzazione che comporta di analizzare non solo l’Italia, ma l’intera zona Euro e, per alcuni aspetti, l’intera Unione.
È interesse di tutti, allora, conoscere dove si miri con la soppressione di queste 22 dipendenze, che porterà a una chiusura complessiva di due terzi delle Dipendenze, quale Banca d’Italia, nel complesso, ne risulterà, tra centro e periferia; se si sia pensato, al di là di sollecitazioni, spesso prive delle più elementari conoscenze, provenienti da esponenti del governo e al pretestuoso inquadramento di questa vicenda nell’ambito della spending review, a un raccordo con la riforma costituzionale sulle province. Soprattutto è importante verificare come si considera il valore aggiunto della Vigilanza di prossimità, nei confronti, in specie, degli intermediari minori, nonché il ruolo della territorialità anche nella Vigilanza sulle assicurazioni considerato che l’Ivass è incardinato nella Banca; infine, se si debba ritenere precluso l’approfondimento su nuovi compiti nel territorio che non abbia certo lo scopo di mantenere in vita specifiche realtà altrimenti prive di ragione, ma di valorizzare esperienze e competenze, con alle spalle la forza intellettuale e il prestigio dell’amministrazione centrale e di tutta la Banca, in un’ottica di servizio agli interessi del Paese. Esisteranno, di certo, studi abbondanti, come accennato. Allora, quanto meno, occorrerebbe renderli pubblici per un proficuo confronto.
Angelo De Mattia, MilanoFinanza 21/3/2015