Paolo Siepi, ItaliaOggi 21/3/2015, 21 marzo 2015
PERISCOPIO
Matteo Salvini non è fascista né nazista. È un simpatico, sfacciato opportunista, rapido e furbo come tante maschere italiane. Dietro la sua bonomia lombarda c’è un calcolo preciso: ripetere in Italia le imprese elettorali di Marine Le Pen in Francia e Nigel Farage in Uk. Qui, come là, i leader populisti sanno che devono sottrarre voti alla destra tradizionale, per avere successo. E la xenofobia, di questi tempi, tira. Così si sta muovendo il leghi sta Salvini; e Berlusconi, sebbene in declino, l’ha capito. Certo, prendersi a bordo tipetti come quelli di Casa Pound è rischioso. E certe bandiere in piazza sono dure da digerire. Ma i neopopulisti sono di bocca buona e hanno lo stomaco robusto: mandano giù tutto, e non si sentono neppure male. Beppe Severgnini, Sette.
Forse siamo vissuti tutti, diciamo, negli ultimi vent’anni, sopra le nostre possibilità. Forse adesso sarebbe il momento di scendere giù di un gradino, l’ora di essere più sobri: lo dico logicamente per quelli che possono, proprio perché tanti non possono e ancora non si vede la strada chiara per venirne fuori. Carlo Edoardo Valli, imprenditore brianzolo. Corsera.
Lo avevamo già sperimentato con Obama. Da quando la leadership ha sostituito la politica, non si procede per convincimenti ma per innamoramenti. Si comincia dall’infatuazione, riempiendo lo schermo vuoto del leader con i propri sogni. Poi si passa alla delusione e da lì alla nausea. Avanti il prossimo. Massimo Gramellini. La Stampa.
Succede a molti di cambiare campo. Qualcuno sostiene che sia accaduto anche a me. Una star della sinistra televisiva mi ha bollato come «un vecchio stronzo fascista». In realtà, io sono soltanto un qualunquista o anarchico pacifico e inoffensivo. Però il passare da una parrocchia all’altra non l’ho mai ritenuto un peccato, nemmeno veniale. Giampaolo Pansa, Tipi sinistri. Rizzoli. 2012.
Quando il gran pettine manicheo che in Italia pretende di dividere i pidocchi buoni da quelli cattivi spiaccicò Giovannino Guareschi proprio tra quelli cattivi, lui lo stesso mantenne liberi cervello e anima. Restò umile con gli umili e arrogante con i potenti e pagò di persona la sua libertà fino all’ultimo fiato. Morì di malinconia, di delusione, di rabbia, non di cinismo. Beppe Gualazzini, Guareschi. Editoriale Nuova. 1981.
Mi raccontò di Vittorio Gassman, che aveva una furibonda paura di montare a cavallo e che quindi, per le scene in lontananza, era sostituito da una controfigura, mentre per quelle più ravvicinate, la povera bestia veniva trattenuta da quattro persone. Nonostante ciò, Gassman continuava a chiedere a Zurlini: «Ma non si può avere un cavallo di marmo?». Antonio D’Orrico. Sette.
In quanto esseri umani possiamo identificare galassie lontane anni luce e studiare particelle più piccole di un atomo: ma non abbiamo ancora svelato il mistero del chilo e mezzo di materia che si trova fra le nostre orecchie. Barack Obama il 2 aprile 2013 nell’annunciare l’avvio del progetto di mappatura neuronale.
Si è molto malignato sulla sessualità di Gadda. Sandro Penna si spinse a dire che insieme si appostavano nei vespasiani in attesa dei militari. Falso. Semmai era Penna aduso a queste pratiche. Sono convinto che Gadda, per tutta la vita, restò vergine. Non mi chieda perché. Ma non lo vedo lasciarsi coinvolgere da una donna né tantomeno da un uomo. Fu un personaggio straordinario dotato di una disciplina nevrotica e divorato dai limiti mentali che seppe imporsi. Piero Gelli già editor Garzanti, Einaudi e Rizzoli (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Un giorno Jean Daniel, direttore del Nouvel Observateur, aveva scritto un ritratto di Françoise Giroud dove aveva scritto che Françoise era «una bella donna». Françoise gli rispose: «Avrei preferito essere descritta come una donna bella». Christine Okrent, Françoise Giroud. Fayard. 2003.
Mio padre mi spiegò l’essenza del nazismo. Non una dottrina, né un ordine sociale, né una convinzione condivisa, né una fede, è un popolo in estasi! Questo popolo di altissima civiltà (da Lutero a Kant, da Leibniz a Wagner, da Beethoven e Goethe a Schopenhauer) ha invertito la marcia, di sua propria volontà, catturato da questo tipo di godimento che confonde la ragione, verso il regno animale. Regressione verso la quale è guidato, galvanizzato, da un animale superdotato. Il mio viaggio in Germania ha contribuito molto a illuminarmi su questa giungla dove si svolge una nuova fase dell’avventura umana. Jean-Jacques Servan-Schreiber, Passions. Fixot. 1991.
Uno spettro si aggira per l’America. E non è quello del comunismo. È lo spettro della sedia, ultimo bersaglio del salutismo più intransigente del pianeta: quello a stelle e strisce, appunto. Il motto è lampante quanto subdolo: Sitting is the new smoking («stare seduti è il nuovo fumo» o, dipanando, «stare seduti fa male quanto fumare sigarette»). L’ostracismo per il fumo negli States, lo sappiamo, ha raggiunto negli ultimi anni livelli parossistici, tanto da superare quello nei confronti della cocaina, che ha ancora un residuale appeal da middle class e non crea cocainomani passivi. Aldo Nove, scrittore. Sette.
Sulla vita succinta, il poderoso busto pareva reggersi in bilico. Giuseppe Marotta, L’oro di Napoli. Rizzoli. 1987.
Il camionista Tavazzi è quello stesso che aveva portato verso il fronte le due tonnellate di lucido da scarpe destinato alle calzature dei vittoriosi che dovevano fare l’ingresso trionfale nella seconda capitale egiziana, Alessandria. È un vecchio soldato preciso e calmo, uno dei rari che giungendo alla località di sosta, prima di sprofondare nel sonno pesante del viatore sfinito, si preoccupino del motore e della macchina per non aver sorprese poi. Così usano sempre i tedeschi. Si è visto come si comportasse valorosamente quando è stato ferito: inoltre è educato, istruito e ha bella presenza. Sulle sue maniche non stonerebbe il galloncino d’ufficiale, mentre i galloni da caporale sarebbero forse eccessivi per diversi suoi superiori di ogni arma. Paolo Caccia Dominioni, Alamein. Longanesi. 1966.
Non vedo più quella stanza vuota, quelle file di libri sempre allo stesso posto che sembrano fusi in un solo blocco, quella sedia accanto al tavolo che ormai è diventata del gatto. Piero Chiara, Il cappotto di astrakan. Mondadori. 1978.
Niente mi dà più soddisfazione che mentire a un bugiardo. Roberto Gervaso. Il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 21/3/2015