Carlo Cambi, Libero 21/3/2015, 21 marzo 2015
AUGURI GUALTIERO!
L’ultimo schiaffo glielo ha dato per insipienza il ministro agricolo Maurizio Martina non invitandolo al primo Forum della cucina italiana. Lui ha glissato dicendo: grazie ho altro da fare. Se ci fosse andato - visto il parterre e il nulla che quel summit ha prodotto - sarebbe stato come invitare Mozart al festival di Sanremo. Sono passati un po’ di giorni e il milieu della cucina da show si spertica negli auguri ricordandosi che Gualtiero Marchesi, il 19 marzo ha compiuto 85 anni. Lo hanno in fretta nominato ambasciatore dell’Expo e lui da par suo ha ringraziato scegliendo il grano come emblema del suo “pontificato” gastronomico urbi et orbi. Gualtiero, lo chiamano falsamente maestro anche se lui è semplicemente un genio, ha già creato un piatto: non sono risotto, non sono minestrone, ma sono milanese. Che significa esaltare il riso senza mantecarlo, le verdure senza lasciarle brodose e profumarle di zafferano citando un’identità come solo chi dà alla cucina il valore antropologico può fare. Ma non uno, in questa “rincorrenza” alla benevolenza di Gualtiero, che si sia chiesto qual è davvero il peso che questo eterno ragazzo - pare abbia fatto una riduzione dell’anagrafe trasformando la salsa della sua eccezionale biografia in elisir di giovinezza - ha avuto ed ha sulla cultura italiana. Gualtiero Marchesi - nato da famiglia di ristoratori albergatori a Milano, con vocazione alla musica il suo eterno amore - non ha paragoni possibili in Italia: è unico e immensamente distante da tutti gli altri. Basta il distico che ha premesso alla sua vita di cuoco: «La cucina è di per sé scienza, sta al cuoco farla diventare arte». Gli altri, ora che la cucina è diventata pervasiva e spettacolo di se medesima dimenticandosi, si limitano a ritenere che la cucina sia apparenza. C’è soltanto un paragone possibile: Auguste Escoffier. Solo che i francesi al loro cuoco dettero la Legion d’Onore, a Marchesi hanno fatto fatica a conferirgli la commenda. Ma cosa li accomuna? Quasi tutto. Gualtiero si è formato alla scuola di Lucerna e pure Escoffier ha illuminato Lucerna. Il francese voleva diventare scultore, Gualtiero pianista e certo a lui si addice l’aforisma di Mozart secondo il quale un esecutore deve avere «intelligenza, cuore e dita». Escoffier ha cucinato per i grandi della terra e non c’è potente del mondo che non abbia voluto nutrirsi da Gualtiero. Infine se il francese con la pesca Melba ha conquistato l’immortalità, Marchesi ha fatto altrettanto con il suo risotto giallo in foglia d’oro. La differenza dove sta? Semplicemente che il primo era di Francia dove la cucina è cultura, arte e orgoglio, l’altro italiano e qui la cucina prima era mensa e oggi è apparenza. Molti anni fa si disse, non capendo nulla, che Marchesi faceva della nouvelle cuisine alimentando favole metropolitane che volevano che da lui si mangiassero porzioni mignon. Non era vera né l’una né l’altra cosa. Marchesi ha elevato l’Italia a consapevolezza del suo immenso patrimonio gastronomico che significa occuparsi dell’uomo in quanto si nutre. Oggi a 85 anni continua a credere che la trasmissione del sapere è fondamentale. Educa i nuovi cuochi con Alma, la scuola superiore di cucina che ha fondato a Colorno e che dovrebbe essere tutelata dai nostri governanti, si occupa dell’etica dell’estetica con la Fondazione Marchesi e vuole dare un senso etico alla sua vita lavorando ad un magnifico progetto: fondare la casa di riposo per i cuochi sulla scorta di quella degli artisti. Questo è lo spessore di Gualtiero Marchesi, il solo che in Italia abbia avuto il coraggio di rispedire al mittente le stelle Michelin affermando: «Ciò che più m’indigna è che noi italiani siamo ancora così ingenui da affidare i successi dei nostri ristoranti a una guida francese. Quando polemizzai con la Michelin lo feci per dare un esempio; per mettere in guardia i giovani, affinché capiscano che la passione per la cucina non può essere subordinata ai voti. So per certo, invece, che molti di loro si sacrificano e lavorano astrattamente per avere una stella. Non è né sano, né giusto». Perché Gualtiero, pigliando dalla musica, predica: «Un esecutore deve saper eseguire e conoscere la musica. Solo allora può aspirare a diventare compositore». Invece oggi molti in cucina suonano in play-back. Auguri Gualtiero!