
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
La situazione in Siria sta precipitando: il regime tenta di regolare i ribelli con i carri armati, i ribelli si preparano – a quanto pare – ad assaltare la sede della televisione di stato. I morti delle ultime 48 ore sarebbero più di duecento. Tutte queste notizie ci arrivano attraverso canali non troppo diversi da quelli che facevano disinformazione durante la crisi libica: i giornali occidentali, in genere tagliati fuori da corrispondenze dirette e fidate, pescavano quello che potevano nel caos di dispacci provenienti da laggiù. E ora è lo stesso. La linea rossa, quella che sembra segnare l’inizio della fine per il regime di Assad, è rappresentata dall’attentato dell’altro giorno: un kamikaze facente parte del corpo di guardia del ministro della Difesa Daoud Rajha s’è fatto esplodere uccidendo lo stesso ministro della Difesa, quello degli Interni Mohammad Ibrahim Shaar, e il capo della sicurezza Asif Shawkat, che è anche cognato del presidente. L’enormità di questo atto terroristico consiste in questo: era in corso un vertice con i servizi segreti del Paese, e questo significa che l’agguato è stato concepito all’interno stesso del Palazzo. Non si sa se Assad era presente, certe fonti dicono di sì e che sia stato ferito, altri affermano che era già fuggito, ma nessuno sa dove. Si accredita l’idea che la moglie del presidente, la bella Asma, si sia rifugiata in Russia. Sono notizie del tutto incontrollate e da prendere con le molle.
• Come mai Asma sarebbe in Russia?
I russi e i cinesi sono i grandi protettori del regime di Damasco. Ieri, al Consiglio di sicurezza dell’Onu, si sono opposti alle sanzioni contro Assad (i morti dall’inizio della guerra civile sarebbero 16 mila). Gli Stati Uniti parlano di «occasione sprecata». Non le sarà difficile immaginare che neanche in questa tragedia siriana è possibile distinguere nettamente i buoni dai cattivi. Naturalmente il regime è mostruoso, ma coloro che vogliono abbatterlo non sono angeli del Paradiso. Non sto parlando dei poveri morti o dei torturati, che sono quasi sempre vittime innocenti e inconsapevoli. Ma chi dà l’assalto ad Assad si muove in un’ottica geopolitica molto complessa e che riguarda tutto lo scacchiere mediorientale.
• Chi sono i giocatori seduti intorno a questa scacchiera?
Intanto i vari potentati siriani e in primo luogo, nel cosiddetto Palazzo, militari e servizi segreti. I quali hanno ben chiaro che, allo stato attuale, nessuna delle due parti (regime e ribelli) ha la forza per prevalere definitivamente. Come in Libia, i ribelli sono riforniti di armi e denaro da fuori, ma non hanno la competenza per prevalere sull’esercito nazionale, ugualmente ben equipaggiato e assai più professionale. Il regime potrebbe ricorrere alle armi chimiche… Speriamo di no.
• Chi finanzia i ribelli?
I sauditi e l’emiro del Qatar. Gli stessi che hanno tenuto mano al movimento anti-Gheddafi. Qui in ballo non c’è il petrolio (la Siria ne ha poco), ma il controllo di un’area politicamente decisiva. Questa sarebbe un’ulteriore faccia della battaglia: i rivoltosi sembrano prepararsi a una presa di potere sunnita contro la prevalenza sciita. È in questo senso che la guerra civile siriana ha come bersaglio finale Teheran.
• Quindi i rivoltosi saranno amici di Israele…
Non direi. L’asse tra Arabia Saudita e Qatar ha un codice genetico ancora più fondamentalista di quello iraniano. Sono islamisti wahabiti, i più rigidi di tutti. Hanno a lungo civettato con i palestinesi, mentre i sauditi sono capaci di tenere allo stesso tempo ottimi rapporti con gli Stati Uniti. Le ricordo che questa accelerazione della crisi sirina è cominciata dopo che, all’inizio di luglio, sono scattate le sanzioni occidentali contro Teheran: non si può più comprare il loro petrolio, non si può più far capo alla loro banca centrale… Gli iraniani si difendono vendendo sotto costo il greggio alla Cina che poi lo rimette in circolazione. Ma la crisi è grossa e generale. Gli Stati Uniti hanno aumentato la presenza delle loro navi nel golfo di Hormuz, che gli iraniani minacciano sempre di chiudere.
• L’attentato in Bulgaria è connesso con questo scenario?
Il kamikaze sarebbe stato identificato, ma non ci sono rivendicazioni. Il premier israeliano dice di sì, che sono stati gli iraniani. E del resto i loro servizi avevano avvertito già due mesi fa che poteva esserci un attacco terroristico in quel paese. Da Teheran smentiscono indignati, dicendosi compartecipi del dolore di vittime innocenti eccetera eccetera. Ne sappiamo poco o niente, amico mio. È quello che tanti anni fa si chiamava “Il Grande Gico” e non pareva a quel tempo così tragico.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 20 luglio 2012]