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 2012  luglio 20 Venerdì calendario

POLITICI, GIÙ LE MANI DALLA SCALA


Cura dimagrante per la remunerazione del direttore artistico della Scala Stéphane Lissner. Dopo la riduzione del 10% dello stipendio decisa dal sovrintendente stesso nei giorni scorsi, il cda ha stabilito all’unanimità per il 2012 anche un taglio degli incentivi che si aggira, a quanto si apprende, intorno al 20%. La parte variabile della retribuzione scende così da circa 150 a 120 mila euro. Mentre la parte fissa, con la diminuzione del 10%, passa da 449 mila a circa 400 mila euro. Raccontata così, questa sembra una storia ordinaria di spending review e invece nasconde alcuni oscuri paradossi che travagliano Milano. Intanto un po’ di storia: Lissner arriva a Milano nel 2005 sponsorizzato da Bruno Ermolli, dopo la rottura fra la Scala e Riccardo Muti. È il primo sovrintendente straniero del prestigioso teatro. Poi via Albertini, via la Moratti, dentro Pisapia che rinnova il contratto a Lissner fino al 2017.
E qui interviene la famosa revisione di spesa: dietro quel taglietto del 10% si scopre un tesoro. Il sovrintendente guadagnerebbe qualcosa come 1 milione di euro l’anno, tra voci fisse, benefit e premi. Lissner smentisce. A questo punto entra in gioco la politica. Comincia Roberto Formigoni, detto “il Celeste”: «Se il cda della Scala non allinea lo stipendio di Lissner alla media di tutti i teatri europei, proporrò alla giunta di ridurre il contributo al teatro». Osservazione più che sensata. Peccato che Formigoni usi la riduzione di spesa per una sua battaglia contro il sindaco Giuliano Pisapia, presidente del consiglio d’amministrazione della Fondazione Teatro alla Scala. Lissner è stato voluto da Ermolli ma, si presume, dallo stesso Formigoni, visto che nel cda aveva e ha una suo diretto rappresentante (a quel tempo non aveva nulla da protestare?).

Lirica di Stato. È anche vero che lo stipendio di Lissner è alto, che la lirica sopravvive (la carica di Lissner non dovrebbe essere sovrintendente ma sopravvivente del Teatro alla Scala) solo con gli aiuti di Stato e di munifici privati, che la Scala ha conosciuto gestioni più oculate. Intanto la ex fidanzata di un ex consigliere scalpita per occupare il prestigioso posto. Povera (si fa per dire) Scala. Ma se anche qui la politica togliesse il disturbo?

Partiti da sopprimere
«Nei giorni più cupi del ****, quando la coscienza e la morale di questo Paese toccavano il loro punto più basso, un’analisi anche sommaria degli avvenimenti sarebbe bastata a rendere evidente l’inadeguatezza dei partiti politici». Chi ha scritto questa frase? Un sostenitore dell’antipolitica, un grillino o un contestatore NoTav? No, al posto degli asterischi bisogna mettere una data precisa, è il 1940, e l’estensore dell’invettiva è nientemeno che André Breton, il padre del Surrealismo. Lo scritto accompagna il Manifesto per la soppressione dei partiti politici scritto da Simone Weil (edito ora da Castelvecchi).