Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  luglio 20 Venerdì calendario

Per i marchi è tempo di revival Gli esperti: l’operazione funziona solo se il messaggio è forte A volte ritornano

Per i marchi è tempo di revival Gli esperti: l’operazione funziona solo se il messaggio è forte A volte ritornano. Spot, testimonial, loghi e prodotti storici di un brand stanno facendo capolino su schermi tv e sugli scaffali dei punti vendita. Magari aggiustati con un po’ di make up. L’apripista nella pubblicità è stata Lavazza che, qualche anno fa, ha resuscitato Carmencita, storica testimonial del marchio creata da Armando Testa. E da allora i casi non si contano e non solo nel food. Da San Pellegrino a Mio, da Cassina a Bally, da Fiat a Google, tutti o quasi, recentemente, hanno scelto un po’ di revival. L’operazione è però da prendere con le pinze. È consigliata se il brand è abbastanza forte per fare della tradizione una bandiera, se il segmento di mercato a cui si parla è in grado di cogliere il messaggio di trent’anni fa e se si presenta un’occasione: come un anniversario o il rientro in comunicazione dopo anni di silenzio. In ultimo, ma solo in extremis, quando le casse piangono e non c’è altro modo di andare in comunicazione. Parola di esperti del settore, pubblicitari, direttori marketing e docenti a confronto. Il revival è una strada che viene battuta nel pieno dell’estate dai marchi di beverage. Dalla cedrata Tassoni che, dal lontano 1982 è onair ogni estate con lo stesso spot e per questo si è guadagnata insieme ai Pennelli Cinghiale il titolo di spot più longevo della tv italiana, a San Pellegrino che resuscita la sua Aranciata amara in occasione degli 80 anni del marchio. «Abbiamo rilanciato la storica clavetta dell’Aranciata San Pellegrino, l’intramontabile bottiglia di vetro creata nel 1932: con la sua forma arrotondata e zigrinata che ricorda quella di un’arancia», spiega Fabrizio Costa, trade marketing manager Out of home. «Grazie anche a una limited edition con un’etichetta che celebra la ricorrenza accompagnata da un calendario di eventi nella penisola che ricorderanno al pubblico le locandine e l’iconografia storica del prodotto». Anche il Formaggino Mio della Nestlé a partire dal febbraio scorso ha rinverdito la tradizione mixando spot d’antan con la nuova creatività, in una campagna curata da Publicis. «In quel caso abbiamo celebrato il ritorno in comunicazione del brand (oltre ai suoi 75 anni) dopo un periodo di silenzio», dice Bruno Bertelli direttore creativo esecutivo di Publicis Italia insieme a Cristiana Boccassini. «In pubblicità è importante che le marche di successo scelgano la continuità e siano fedeli al loro messaggio, Nike per esempio ha lo stesso pay off da vent’anni, che però è ben diverso dal riciclare spot e idee di un tempo andato». Per Bertelli le operazioni di revival devono rispondere a una precisa esigenza creativa o comunicativa. «Il risultato non dev’essere quello di un brand autoreferenziale che si parla addosso, ma quello di trasmettere attraverso la riscoperta del passato, un contenuto di innovazione», continua. «Proprio come ha fatto Google che ha ingaggiato lo stesso compositore che studiò il jingle di Coca-Cola negli anni 70 dandogli un brief simile per creare il nuovo jingle del motore di ricerca con un’operazione che ha legato due grandi storie di passato e futuro». C’è infatti chi punta su una tradizione centenaria da abbinare a ventate di novità. È il caso di Fiat (basti pensare all’operazione fatta sulla Cinquecento), ma anche di Bally. «Bally ha 160 anni di storia e i nostri direttori creativi lavorano per far sì che dalle collezioni emerga il nostro heritage», racconta Victoria Hennessy, global marketing and communications director di Bally. «Nelle campagne evochiamo sempre sia le nostre origini svizzere (la campagna AI12 è ambientata a Verbier sulle Alpi svizzere) sia le evoluzioni del brand». Anche nell’ultima edizione di Pitti Immagine Uomo è andato in scena questo mix. «Abbiamo organizzato un cocktail a Firenze e mostrato prodotti d’archivio e qualche anticipazione della stagione spring summer 2013 per celebrare come passato e futuro si possano fondere anche in termini stilistici». Strategia seguita anche online. «L’home page del nostro sito accoglie poster pubblicitari storici che mostrano l’evoluzione di Bally e video in cui possiamo mostrare in modo chiaro e veloce, la produzione artigianale delle nostre scarpe». A volte la tradizione con cui si sceglie di dialogare non è solo quella del marchio. Nemo Cassina, brand del design made in Italy, conta un’intera linea dedicata al design d’autore. E ora con il nuovo Projecteur 365 di Le Corbusier, una lampada molto particolare, ha reso omaggio al grande architetto francese materializzando un progetto del 1954 e inaugurato così un percorso di edizioni per il settore contract d’autore. L’heritage di un paese, di un settore e di un brand sembra quindi un porto franco in cui rifugiarsi anche in momenti di crisi in cui il consumatore chiede certezze. Senza esagerare però. «Ci sono prodotti evregreen come la Nutella e la crema Nivea che capitalizzano un’identità molto forte nei consumatori, frutto di investimenti passati fatti dalle aziende sul prodotto e in comunicazione», afferma Enrico Valdani, direttore del dipartimento di marketing e titolare della cattedra Banca Mediolanum in customer&service science dell’Università Bocconi. «I brand di questo calibro fanno bene a richiamare i messaggi del tempo attraverso immagini emozionali comunicando in questo caso con investimenti ridotti. Messaggi che però vanno mixati con la nuova vision». C’è infine un altro però. Se il brand non è così universale bisogna fare attenzione. «Perché il nuovo messaggio deve essere compreso non solo dal vecchio target nostalgico, ma anche dal nuovo segmento di consumatori che si vuole raggiungere».