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 2012  luglio 20 Venerdì calendario

IL PARLAMENTO CI IMPICCA ALLE TASSE


Con 368 voti – manco tanti – la Camera dei deputati ha ceduto per almeno 22 anni ogni realistica possibilità di governo dell’Italia ad Angela Merkel e ai suoi successori tedeschi. Con un mal di pancia silente, ma evidente nei numeri, Pd-Pdl e Udc ieri hanno approvato definitivamente il trattato europeo sul fiscal compact che costringerà tutti i Paesi aderenti a vivere per sempre nella religione monacale del pareggio di bilancio e l’Italia anche a una maxi-manovra per arrivare in 20 anni a partire dal 2014 a un debito pubblico al 60 per cento del Prodotto interno lordo.
Entro il 2014 l’Italia dovrà raggiungere il pareggio di bilancio – e questa era l’aspirazione delle maxi manovre del 2011 con la loro pioggia di tasse. Da lì in poi dovrà mantenerlo ogni anno – salvo casi eccezionali e concordati – e in venti anni recuperare 900 miliardi di euro secondo i conti pubblici attuali. Questo significa una manovra parallela di rientro dal debito di 45 miliardi di euro in media all’anno. In caso di inosservanza, l’Italia rischierebbe qualsiasi tipo di tutela da parte della Banca centrale europea, la sospensione di qualsiasi tipo di prestito infrastrutturale come quelli della Bei, l’esclusione da fondi europei e anche sanzioni economiche che scatterebbero dopo i primi richiami.
Quale autonomia avrebbe un governo con quei 45 miliardi di euro sopra la testa? Praticamente nessuna. E francamente, bisogna prepararsi al peggio. Perché quelle condizioni sono in grado ben più dello spread d’agosto di mettere in ginocchio questo Paese. A parole chi ha proposto il fiscal compact ha la sua soluzione: se il Pil italiano crescesse più del debito pubblico, quei 45 miliardi all’anno si ridurrebbero perché la distanza da colmare sarebbe minore. Anche il premier Mario Monti ha usato questo argomento per convincere il Parlamento: dipende da noi essere virtuosi e riprendere l’autonomia che il nuovo trattato porta via. Peccato che da quando governa lui il debito pubblico sia lievitato e ormai corra verso i duemila miliardi di euro, mentre il Pil si avvia a scendere di due punti percentuali. La distanza a fine anno sarà dunque sensibilmente aumentata, e quando Monti se ne andrà quei 45 miliardi all’anno diventeranno sicuramente 47-48 miliardi. Quindi la predica fatta vale nulla, perché è irrealizzabile.
Che cosa accadrà dunque? Votato quel trattato se non si accorderà per cambiarlo facendo leva sulle sponde politiche possibili (Europa mediterranea e Francia), l’Italia sarà congiunturalmente impossibilitata a crescere, come un corridore a cui abbiano imposto la camicia di forza. Dovendo mantenere il pareggio di bilancio con un massimo sforamento dello 0,5 per cento, dovrà spremere i contribuenti e tagliare la spesa pubblica finché le due voci non saranno in equilibrio. Siccome ogni manovra di questo tipo – come si è visto – ha effetti depressivi, anche aumentando le tasse diminuiranno le entrate. Quindi il taglio delle spese previste non basterà. Possiamo dire addio per sempre allo Stato sociale, questo è certo. Ed è incredibile che il Pd di Pier Luigi Bersani ieri abbia messo la sua firma e i suoi voti sotto questa decisione che non è eventuale, ma certa. Tutto questo però non basterà.
L’Italia boccheggiante che non cresce avrà ogni anno una manovra extra sempre più alta per la riduzione del debito. Quella manovra va fatta – intendiamoci – ed è un anno che spingiamo in questa direzione da queste colonne. Ma non può essere fatta sotto la tagliola del fiscal compact. Perché dovere fare cassa entro una certa data assai ravvicinata (45-50 miliardi di euro entro dicembre ogni anno), spingerà a una corsa alla vendita del patrimonio pubblico. Si può stare certi che fino all’ultimo – conoscendo la tua condizione – non si presenteranno acquirenti. Spunteranno in extremis e faranno loro il prezzo. Dovrai vendere di più per raggiungere il tuo obiettivo. Una corsa contro il tempo che naturalmente sarà accompagnata dalla speculazione: attaccheranno i tuoi titoli pubblici per fare salire il costo del debito e provocare un aumento della forbice con il Pil. Ci metteranno in ginocchio portandoci via tutto quel che si può a un prezzo d’occasione. È un’ipotesi pessimista? No, purtroppo è assai realista. Abbiamo firmato e votato quel trattato con la pistola alla tempia (spread impazzito per farci fretta, Germania che senza trattato non accetta che scatti lo scudo sui Bot) senza accorgerci che proprio quello sarà il metodo usato nei prossimi anni. Bisognerà liberarsene il più in fretta possibile. Qualsiasi altro prezzo da pagare è più lieve di questo.

Franco Bechis