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 2012  luglio 20 Venerdì calendario

IL MOBILIERE DI GHEDDAFI


Pensi a tutto quel lusso imballato in attesa di niente, e in effetti vien da leggerne un’immagine emblematica, quasi fosse l’appendìce naufraga e presto polverosa d’un regime ormai crollato. Dice: ma questa è retorica da inizio articolo, è un trucco. E però resta l’impressione nel pensare che Gheddafi venisse fin qui, a Bassano del Grappa località Romano d’Ezzelino provincia di Vicenza, a farsi confezionare gli sfarzosi arredi da raìs per poi riempirne le sue dimore, quelle in cui dormiva – lui e i suoi – nelle notti in cui tralasciava l’ostentato rito del tendone beduino. «È questo cos’è?» chiediamo guardando l’immagine di un enorme armadio. E ci spiegano che in effetti è mobilio particolare, destinato a un albergo da costruire a Tripoli, tanto lussuoso da impressionare re e capi di Stato e sceicchi, e anche nutrire la megalomania del personaggio. «Questi sono i disegni, il salone d’entrata avrebbe dovuto diventare così». Ma questa fornitura Gheddafi non ha fatto a tempo a ritirarla. La storia l’ha falciato prima.

DALLA GUINEA A PUTIN

Poi incontri il patron dell’azienda, e t’immagini questo veneto dai corti capelli chiari, classico esemplare d’imprenditore del nordest partito nel ’66 come artigiano e ora a capo di un’aziendona da 180 assunti, te lo immagini che propone i suoi arredi di rango proprio a Gheddafi, con i suoi emissari arrivati apposta da Tripoli fin qui, di fianco alla superstrada che da Vicenza parte per incidere il Veneto. «I nostri lavori in Libia?». E ci racconta: «Le ho viste in televisione al tempo della guerra, c’erano le immagini di questa villa mezza distrutta. Una di quelle che abbiamo fatto noi, nel senso che ci abbiamo fatto i mobili. Il grande divano ad angolo, il tavolo, la boiserie. Erano i nostri, li ho riconosciuti... ». Pezzi pregiati, e certo – come dire? – certo non adatti ad ambienti angusti o a uno stile minimale. Lussuosi e vistosi, altroché. «Perché noi della Francesco Molon – ci conferma – siamo specializzati in un certo tipo di clientela. Per intenderci, lavoriamo per prìncipi arabi e ambasciate e sedi diplomatiche e alberghi di lusso. E poi Putin...». Pure Putin? «Certo, è un nostro buon cliente». Figuriamoci. E in effetti anche la sala in cui chiacchieriamo è in tema, grande specchio dalla cornice molto lavorata ed enorme tavolo ovale e sedie in stile e scrivania da megapresidente. Tutto “oltre”, verrebbe da dire a un (suo malgrado) saltuario frequentatore Ikea. Ma quello è tutt’altro universo.
Ci allunga un patinatissimo catalogo con alcune sue realizzazioni, Molon, e certo impressiona. Si va dall’immensa sala-conferenze al Konstantonovskiy Palace di San Pietroburgo al Parlamento della Guinea Equatoriale finanche alla sala riunioni di Palazzo Chigi. E poi ecco la foto di Gheddafi. «Eh sì, prima lavoravamo con lui attraverso altri professionisti, una specie di subappalto. Poi, cinque anni fa, ne siamo diventati interlocutori diretti». E via con le forniture. «Tre ville, abbiamo prodotto mobili per tre sue grandi ville». A Tripoli? «Una di certo a Tripoli, le altre non so, d’altronde noi realizzavamo il progetto e poi spedivamo, non andavamo sul posto».
E però adesso c’è un problemino... «Ma sì, guardi. Stavamo lavorando a quest’albergo di Gheddafi proprio a Tripoli. Già avevamo prodotto l’arredamento della hall. Roba di lusso, da hotel a sette stelle ». Sette? «Sì, sette stelle. Ma lui era così, voleva solo pezzi unici, costruiti apposta. D’altronde i soldi non sono mai stati un problema... ». Ah no, certo. Ma li sceglieva personalmente, gli arredi? «Sì. Mandava i suoi uomini di fiducia, ci confrontavamo e poi però era necessario aspettare la sua ultima parola. Ma adesso c’è quel...». E preferenze? Nel senso: che Gheddafi non avesse un gusto sobrio, ecco, era intuibile, ma insomma: qualche sua fissa? «Soprattutto l’oro». Certo. «E poi il verde, gli piaceva molto il verde. E in generale i colori piuttosto tenui».Colori sobri per Gheddafi: questa è una notizia. Mai avuto problemi? «Macché. Sempre puntuale nei pagamenti». E bravo il Gheddafi, sempre puntuale nel pagarsi i lussi. «Solo che adesso...».

«STILE IMPERIALE»

E si vede ch’è un po’ seccato, Molon, sebbene l’azienda stia continuando a lavorare senza pause nonostante la crisi. Perché la fornitura per quell’albergo, quello di Tripoli a sette stelle, è rimasta ferma qui, in magazzino, imballata in vista d’una partenza mai avvenuta. «Ma sì, guardi. Un carico da 980 mila euro, avevamo incassato solo piccoli acconti. E il progetto complessivo era di svariati milioni: capirà,doveva essere una struttura dedicata a ospitare personaggi internazionali, capi di Stato e cose così, e lui voleva sempre fare una grande impressione. Armadi alti 4-5 metri, soffitti lavorati, un ambiente con venature scure. Molto particolare. E prezioso: lo definirei uno stile imperiale ». Ora accatastato nel capannone, appendìce naufraga e polverosa del crollo d’un regime.
Il rischio, adesso, è che tutto questo ben di Allah gli rimanga sul groppone, a Molon. «Stiamo cercando di riproporre il materiale, qualcuno pare interessato. Ma quel che mi preme è mantenere il lavoro in Libia». Diavolo d’un vicentino, i conti innanzitutto. E sarà possibile? «Speriamo. Al nuovo governo voglio mandare un messaggio ». Prego. «Ecco, che la ditta Molon vuole continuare a lavorare con la Libia, visto che in passato ci siamo trovati così bene». Cioè, con Gheddafi. Ma i nuovi vertici libici sono di tutt’altro segno. «Sì, è vero. Ma il lavoro è lavoro».

Da Romano d’Ezzelino è tutto. A voi Tripoli.

Andrea Scaglia