
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Cominciati i campionati europei di calcio, qualche lettore si chiede se il referendum inglese avrà conseguenze anche su manifestazioni come questa, destinate magari, proprio per via del referendum, a scomparire in futuro.
• Lei che dice?
Nessun rapporto tra referendum inglese e manifestazioni sportive di qualunque tipo. Si giocavano tornei internazionali anche prima che nascesse l’Unione europea e se l’Unione europea dovesse andare a remengo, si continuerà cionostante a far tornei tra paesi e città di tutta l’Europa e di tutto il mondo.
• Che poi non ho neanche ben capito su che cosa votano questi inglesi.
Devono decidere se restare o no nell’Unione europea. L’ipotesi di uscire è stata battezzata «Brexit», quella di restare «Bremain».
Si adopera però quasi sempre, per definire il referendum del 23 giugno prossimo, il termine «Brexit», perché l’uscita di un paese dalla Ue è una vera e propria incognita dalle conseguenze molto difficili dal calcolare. La Gran Bretagna non ha adottato l’euro, come sa, e continua a trafficare con la sterlina. Cionostante le conseguenze finanziarie di un’eventuale Brexit sono giudicate molto preoccupanti. Più preoccupanti per gli inglesi che per il resto dell’Unione, a dire il vero, anche se, non essendoci precedenti ed essendo le reazioni demandate a un soggetto misteriosissimo come il mercato, non si può sapere con sicurezza se non la sconteremmo molto amaramente anche noi la rottura dell’unità.
• Che dicono i sondaggi?
L’ultimo sondaggio, diffuso ieri, riguarda solo la città di Londra e a Londra, a quanto pare, vince l’ipotesi di rimanere: 57 a 43. Londra però fa testo? Forse no. Le rilevazioni precedenti davano da ultimo in vantaggio la Brexit per tre 53 a 47. E la Brexit coincide anche con un sentimento generale, lo stesso che spinge Lega e M5s in Italia, e i vari partiti populisti in Europa. Votare per l’uscita ha un sapore enti-establishment che può risultare attraente per una classe di cittadini, sempre più numerosa, indebolita dalla guida europea della Germania: bassi salari in nome dell’austerità e primato indiscusso dei tedeschi sui mercati, che mettono insieme, a fronte dei deficit commerciali altrui, dei surplus importanti.
• Ma se gli inglesi uscissero?
Il colpo sarebbe molto duro, ma non credo che l’Unione o l’euro andrebbero in pezzi. Anzi qualcuno pensa che la vittoria del Brexit potrebbe essere lo shock che ci vuole per spingere i paesi dell’Unione a qualche passo sulla via dell’integrazione. Qualcun altro però dice che l’abbandono inglese potrebbe avere l’effetto contrario: constatato che «si può fare», i paesi meno convintamente europeisti potrebbero essere tentati di intraprendere a loro volta la via dell’exit. Un effetto a catena, favorito dal fatto che tutti i sondaggi dànno il sentimento europeo in forte calo ovunque. Tra le due scuole di pensiero, purtroppo, penso che sia più vicina alla verità la seconda. Processi di integrazione europea risultano molto difficili da praticare, ad esempio, per la Francia - che secondo uno studio del Pew Research è il Paese con il record di anti-europeisti, addirittura il 68% - dove si vota per il presidente tra meno di un anno ed è sicuro che Marine Le Pen andrà al ballottaggio. O per la Germania che nel 2017 affronta le elezioni politiche e deve vedersela con la crescita degli antieuropeisti di Alternative für Deutschland. E ci potrebbero essere le elezioni anche in Italia, con Grillo e Salvini scatenati e, dopo le amministrative, più vicini di prima.
• L’Italia potrebbe avere qualche vantaggio dall’uscita della Gran Bretagna?
Se gli inglesi se ne vanno, tra le molte conseguenze potrebbe esserci anche quella, gravissima per loro, della perdita del primato finanziario. Avendo alzato un muro e non trovandosi quindi più al centro della piazza mondiale, dove capitali e titoli si muovono liberamente, la Borsa di Londra si trasformerebbe inevitabilmente in una Piazza Affari qualunque. Per dirne una, le sue finanziarie non potrebbero più sollecitare il risparmio negli altri Paesi, facoltà che, insieme a molti altri privilegi, è concessa solo a chi fa parte della Ue. Questo potrebbe avere come conseguenza un maggior peso di Milano nel mondo degli affari. La nostra Borsa, tra l’altro, è posseduta dalla Borsa inglese (London Stock Exchange), e la maggior parte degli analisti pensa che, vincendo la Brexit, Milano dovrebbe essere ceduta. Però si sa di trattative in corso tra il London Stock e la Deutsche Börse per mettere insieme i rispettivi mercati. Sarebbe solo la prima delle infinite conseguenze della Brexit.
(leggi)