Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  giugno 10 Venerdì calendario

PARISI, VALE UN PARTITO - CON BERLUSCONI KO, A DESTRA CERCANO DI EVITARE IL BARATRO CON UNA CLAMOROSA CONTROMOSSA: RIUNIFICARE FORZA ITALIA, ALFANO, VERDINI E FITTO SOTTO UN NUOVO SIMBOLO, CON STEFANO PARISI LEADER

Il dossier più complicato della storia del berlusconismo è affidato a due "garanti": Gianni Letta e Niccolò Ghedini. Sono stati loro, ieri, ad incoraggiare l’ex premier al San Raffaele. Ed è stato proprio l’ avvocato a telefonare ai big del partito per avvertirli che presto (al massimo subito dopo i ballottaggi) nascerà un direttorio... -

Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”

Sotto shock. Con Silvio Berlusconi costretto in un letto d’ospedale, gli azzurri si ritrovano improvvisamente senza una guida. Con il rischio di una logorante guerra di successione interna. A un passo, insomma, dalla dissoluzione.

Per sfuggire al baratro, prende corpo in queste ore una clamorosa contromossa: riunificare Forza Italia e Verdini, Fitto e un pezzo del Nuovo centrodestra. Un nuovo simbolo, un nuovo partito e un nuovo leader. Magari proprio Stefano Parisi, in piena corsa per la poltrona di sindaco di Milano. Di certo non l’ ex premier, se è vero lo sfogo di Marina Berlusconi: «Papà non deve più salire su un palco!».

Chi cerca di raggiungere l’ ultima spiaggia ha già in mente una data: settembre.

L’idea, frutto di un vorticoso giro di consultazioni, è di organizzare subito dopo l’ estate una convention unitaria per far tornare sotto lo stesso tetto le schegge impazzite del berlusconismo. Quali? I Conservatori di Raffaele Fitto, che tifa da tempo per l’unità di un centrodestra antirenziano. I verdiniani di Ala, in crisi nel rapporto con il premier.

E il Nuovo centrodestra. Tra i principali sponsor dell’ operazione c’è Maurizio Lupi - che a Milano è alleato del centrodestra mentre Angelino Alfano frena, timoroso che un tale scossone al sistema possa provocare una crisi di governo. Chi finirebbe ridimensionato è invece il cerchio magico di Maria Rosaria Rossi, Francesca Pascale e Deborah Bergamini.

Gran parte del partito le considera semplicemente avversarie e tifa per un loro ridimensionamento.

Questi, però, sono ancora i giorni dell’emergenza. E c’ è spazio soprattutto per l’ affetto verso il leader. «Per noi adesso è durissima, bisogna mantenere la calma e stare vicini al Presidente», confida Renata Polverini. E Altero Matteoli: «È una sfida difficile». Il dossier più complicato della storia del berlusconismo è affidato a due "garanti": Gianni Letta e Niccolò Ghedini. Sono stati loro, ieri, ad incoraggiare l’ex premier al San Raffaele.

Ed è stato proprio l’ avvocato a telefonare ai big del partito per avvertirli che presto (al massimo subito dopo i ballottaggi) nascerà un direttorio.

Un tavolo, così l’ha definito, da convocare a Palazzo Grazioli e riunire per gestire l’ordinaria amministrazione. Molti, com’ è ovvio, aspirano a un posto in questo board. Ci saranno quasi certamente Giovanni Toti e Maria Stella Gelmini, Mara Carfagna e gli ex aennini Gasparri e Matteoli, oltre ai due capigruppo Renato Brunetta e Paolo Romani. Tra loro, naturalmente, c’è chi aspira a guidare da "reggente" Forza Italia nel nuovo partito di centrodestra. Toti, innanzitutto, forte di un rapporto solido con la Lega di Matteo Salvini. Ma anche Carfagna, sempre in testa ai sondaggi di gradimento nell’elettorato azzurro, e Gelmini, lanciata ieri da Laura Ravetto.

Tanto, tantissimo dipenderà dalle scelte di Berlusconi. Ma parecchio si intuisce dai ragionamenti della figlia Marina, riferiti da chi era al San Raffaele: «D’ora in poi papà dovrà dedicarsi solo alla sua salute - ha avvertito la primogenita - E nessuno si azzardi a chiedergli di fare ancora politica, capito?». Sulla stessa linea Fedele Confalonieri, l’amico di una vita, anche lui infastidito dalla tabella di marcia consigliata dai fedelissimi all’ ex premier ottantenne nelle ultime settimane di campagna elettorale.

Per adesso, comunque, il Cavaliere preferisce affidare le chiavi del suo impero aziendale alla primogenita Marina e all’amico Confalonieri. Le vicende personali e professionali saranno mediate da Ghedini, mentre i rapporti istituzionali spetteranno all’"ambasciatore" Letta. La politica appare invece sempre più lontana.

Non a caso pochi, pochissimi dei dirigenti azzurri hanno potuto fare visita al leader. Ci ha provato ieri Verdini, fermato sulla soglia della stanza d’ospedale. «Riceve solo i familiari». Pragmaticamene, il ras toscano ha salutato l’ex alleato al telefono. Dal parcheggio del San Raffaele.






Fonte: Massimo Costa, Libero 10/6/2016

Testo Frammento
AUTORITRATTO DI STEFANO PARISI –
Dal grembiule dei gesuiti al baffo anni ’70 che ricorda alla lontana qualche figurina Panini di Roberto Pruzzo (calciatore giallorosso come la sua fede). Dal primo abbraccio con Gabriele Albertini – conosciuto davanti a un aperitivo al Camparino – al sorriso di Anita, la moglie al suo fianco dal 1982 nonché principale consigliere dell’aspirante sindaco.
L’opuscolo con cui Stefano Parisi entrerà nelle caselle postali dei milanesi prima del ballottaggio è un volumetto di 12 pagine: molto più sottile, per intenderci, dei mitologici dossier che il Cavaliere aveva stampato in milioni di copie prima delle elezioni del 2001 e 2006. Quella era «Una storia italiana» già alla ribalta, questo è l’incipit di una storia ancora da scrivere dal 19 giugno in poi. Nei prossimi giorni i volontari lo porteranno nei palazzi della città per raggiungere anche astenuti e indecisi. Il titolo? «Milano si merita di meglio», con in copertina la foto del candidato del centrodestra fotografato in cima a uno dei nuovi grattacieli milanesi.
All’interno c’è un racconto a cura di Andrea Orsini e Lucia Scajola che mescola aneddoti privati e curriculum pubblico, il cane Mirò e le scrivanie di Palazzo Chigi (dove Parisi è stato capo del Dipartimento economico). Lo staff ha prodotto alcune bozze, l’ultima verrà consegnata nelle case prima del voto. ll tutto corredato dalle idee per la Milano dei prossimi 5 anni e le sue parole d’ordine: sviluppo, innovazione, sicurezza, decoro. Ma in queste pagine c’è anche qualche pennellata del Parisi privato. Come quel baffone nero con i riccioli: «Il ’68 lascia tracce, se non nelle idee, almeno nel look», recita la didascalia della foto.
Il primo incontro con Anita Friedman, figlia di un medico ebreo americano, avviene a Roma durante la manifestazione di solidarietà dopo l’attentato alla Sinagoga di Roma del 1982. Lei, cresciuta in Africa e a Gerusalemme, ha appena raggiunto il padre in Italia. Si sposeranno due anni dopo e avranno due figlie: Sarah e Camilla. A fine degli ’80 Parisi entra a far parte della segreteria dell’ex ministro Gianni De Michelis. Quando cade il muro di Berlino, Parisi e De Michelis sono a Bonn e seguono dalla Germania il disfacimento del comunismo europeo.
Nel 1994 ecco l’incontro con Berlusconi, con Parisi «immediatamente colpito dall’atteggiamento di quest’uomo: uno dei più grandi imprenditori italiani che avrà l’umiltà di prendere lezioni da uno dei migliori funzionari dello Stato». Non a caso il Cavaliere conferma Parisi a Palazzo Chigi, dove il candidato sindaco resta anche con Dini e Prodi. Quest’ultimo gli regalò un sigaro Avana, dono di Fidel Castro.
L’arrivo a Milano è scandito dai luoghi dei primi incontri con Gabriele Albertini, fino ai quartieri trasformati dal suo lavoro in Comune da city manager: Porta Nuova e CityLife. Poi l’esperienza in Confindustria e l’avventura di Fastweb, terminata dal clamoroso errore giudiziario – un avviso di garanzia per truffa nel 2010 con l’archiviazione nel 2014 – che decapitò i vertici dell’azienda. Di Parisi si scopre anche l’amore per la campagna maremmana, dove ha comprato una casa vicino al mare e un gozzo, con il quale esce a pescare. Proprio in campagna ha trovato «un cucciolo abbandonato che chiama Mirò, dal quale diventa inseparabile».
In fondo al libretto c’è anche il racconto delle prime avances del centrodestra per convincerlo a scendere in campo per Milano. Il suo nome esce per la prima volta in autunno in un vertice tra Armando Siri, assistente economico di Salvini, e Deborah Bergamini, capo della comunicazione di Forza Italia. Il primo incontro con il Cavaliere, ad Arcore, finisce con un nulla di fatto. «Ho un’azienda che sta crescendo, non posso abbandonarla proprio ora» dice Mr Chili a Berlusconi. «Hai ragione» replica il leader azzurro allargando le braccia. Ma la voglia di fare qualcosa per Milano è tanta. La moglia Anita all’inizio lo gela: «Tu sei matto!». Le figlie «sono più possibiliste ma non lo incoraggiano». Ma il papà si è già convinto, e in quattro mesi ricompatta il centrodestra fino a portarlo a un soffio dall’avversario che tutti davano già vincente.







Fonte: Salvatore Merlo, Il Foglio 10/6/2016

Testo Frammento
PROGNOSI DEL BERLUSCONISMO–

Una volta, appena operato e guarito, chiese all’amico che era andato a trovarlo in clinica: “Scommetti che non avevo niente, e questi medici mi hanno operato per farsi pubblicità?”. E sempre Silvio Berlusconi si è rapportato in modo gagliardo alle grandi malattie, quelle del suo corpo e quelle della sua politica, dando sempre del tu al pericolo, un po’ per esorcismo e connaturato ottimismo, per gioia birbante e allegra megalomania, così ha dato del tu al cancro alla prostata, che lui ha combattuto e sconfitto, così alla decadenza da senatore, agli alterni impicci e ai guai che hanno ininterrottamente agitato la vita litigiosa delle sue ventennali coalizioni di governo. La forza, per il Cavaliere, è sempre stata quella di truffare il dolore, l’umiliazione, persino l’età: “Sono invincibile”; “Mi odori Vespa, lo sente? Questo è odore di santità”; “Un erede? Ne ho almeno due o tre in testa”; “State tranquilli, ho un dinosauro nel cilindro”. Frasi palindrome, ribalderie, allusioni a un suo sempre impossibile ritiro, serissime spiritosate, perché il dinosauro preferito di Berlusconi è sempre stato Berlusconi, e solo Berlusconi, l’uomo che ha costruito tutto se stesso e la propria epica del comando intorno al carisma monocratico, ludico e cinematografico dei grandi palchi illuminati dove un solo capo sulla tolda intona assieme al popolo i gingle elettorali di “Forza Italia” e “Meno male che Silvio c’è”. Sedici anni fa, nel frastuono del Forum di Assago, primo strano congresso di Forza Italia, qualcuno gli chiese: “Chi è il numero due di Forza Italia?”. E lui: “E’ Gianni Letta!”. “Ah, bene. Ma dov’è adesso Letta?”. “Non c’è”. “Anzi, non è nemmeno iscritto”. Come disse una volta Adriano Galliani: “Si sa bene chi sono i tre eredi di Silvio Berlusconi”. E chi sono? “Il primo è Silvio, il secondo è Berlusconi, il terzo è Silvio Berlusconi”. Così adesso, ora che l’hanno ricoverato al San Raffaele, in questa vicenda in cui forse c’è anche l’esaurimento momentaneo di un uomo che si è svuotato nel trasfondere sangue all’organismo anemico del centrodestra, adesso che giungono i bollettini medici, i sospiri di sollievo per lo scampato pericolo, gli auguri e le urgenti prescrizioni d’una operazione chirurgica a cuore aperto, adesso lo si può immaginare non meno scavezzacollo e spensierato di tutte le altre volte in cui si è trovato in difficoltà, spensierato nel senso d’un uomo troppo sicuro di sé per porsi il problema del futuro, e troppo superbamente impolitico anche solo per immaginare di rimettere ordine e offrire un orizzonte d’immortalità al berlusconismo, e insomma di fare nella politica quello che in realtà da quasi un anno ha cominciato a fare nelle sue aziende. Esattamente un anno fa veniva infatti ceduto il 25 per cento delle antenne Ei Towers, poi ci fu la liquidazione del leasing della sede del Giornale a Milano, la cessione del 50 per cento delle assicurazioni Mediolanum, poi a novembre del 2015 la storica acquisizione della Rizzoli Libri da parte di Mondadori, poi l’8 aprile 2016 l’ingresso di Vincent Bolloré in Mediaset, e infine anche il Milan, che prima o poi sarà venduto ai cinesi. Ma Forza Italia non la si può vendere ai cinesi. E il centrodestra non è la Mondadori che conta sulla determinazione di Marina, e non è nemmeno Mediaset che ha Pier Silvio. In politica c’è un non erede che si chiama Matteo Salvini, c’è uno strano amatissimo avversario che si chiama Matteo Renzi, ci sono tanti voti sorprendentemente ricomparsi in queste elezioni amministrative e c’è poi un partito sospeso, incerto, in bilico, che ha sempre vissuto all’ombra del potere finanziario e carismatico del suo padrone: che ne sarà di Forza Italia? “Fare il leader di un partito è cosa che gli sconsiglio da tempo”, ha detto ieri, con un saggio sorriso, il suo medico personale, Alberto Zangrillo. “Ma tra un mese, dopo l’operazione al cuore, potrà fare quello che vuole”, potrà decidere. E che vorrà farne il Cavaliere del berlusconismo? Quale destra sceglierà, se mai sceglierà? Nel Medioevo, come raccontano i libri di Marc Bloch sui re taumaturghi, con l’impedimento del sovrano si rischiava la dissoluzione del regno: la sua salute era il collante tribale. E nessuno più di Berlusconi, nella politica europea, ha assunto tratti pre-politici, da re taumaturgo, appunto. Così da una parte c’è l’ordine nel disordine, dunque il riassetto delle aziende, della roba e del portafoglio che si accompagna al lascito politico. Dall’altra, forse, la dissipazione di un ventennio e di una storia che è stata di governo e non di sole urla, di moderazione, a volte giocosamente immoderata, e non di cupo populismo trinariciuto. Un capo come lui, attorno al quale tutto si è sempre condensato e scomposto, per suo calcolo e capriccio, imperio e arbitrio, può certo spogliarsi ma mai dimettersi, può cioè mettere a posto l’eredità, indicare un orizzonte, ma senza dismettere il carisma. Non più leader, ma padre e bandiera. E d’altra parte non si lascia soltanto quando ci si sente “al di sotto”, ma anche quando si è “al di sopra”.





Fonte: Filippo Cecarelli, la Repubblica 10/6/2016

Testo Frammento
DALLE FESTE SELVAGGE AI MALATI DI ALZHEIMER, PASSANDO PER CORSE IN PANTALONCINI, PACEMAKER E MOLTE GAFFES. LA STRAORDINARIA AVVENTURA POLITICA DI BERLUSCONI –
Basta politica, comunque. Basta stress, basta impicci, basta speranze, fatiche, paure, alleanze e successioni. E un diniego tutto sanitario, di «severo» grado cardiovascolare, mette dunque fine – che nel suo caso però non è mai la vera fine – alla straordinaria avventura politica di Silvio Berlusconi.
Consumatosi nei wild parties, nelle feste selvagge ad Arcore, a Palazzo Grazioli e a villa La Certosa, il suo ciclo di potere era già finito nell’Istituto “Sacra Famiglia” di Cesano Boscone. Più di qualsiasi narrazione orgiastica, più di qualsiasi burlesque o bunga bunga, il compimento di un’epoca è apparso evidente – e a suo modo anche glorioso e perfino misericordioso – in un video trafugato nel quale si vedeva l’uomo più ricco e potente d’Italia, l’Unto del Signore, e a sua volta Signore delle meraviglie, che intratteneva attorno a un pianoforte i malati di Alzheimer al suono di una mazurka.
In ogni caso: come rapidamente è cambiato, magari anche grazie a Berlusconi, il modo in cui i potenti dicono addio alla politica quando il cuore, la pompa della loro energia, non gli regge più.
Nella Prima Repubblica, costretto dai medici del San Gabriele a mollare il Viminale, il democristiano Gava trovò il modo di far sapere che le dimissioni gliele aveva chieste niente meno che «Nostro Signore». Passa un quarto di secolo e, da sacrale che era l’approccio, a decidere o ad accompagnare l’ex Cavaliere verso la conclusione della sua vita pubblica è il dottor Zangrillo, ormai da anni inseparabile presenza e sostegno, come altri medici del sovrano in passato disposto a avvalorarne la figura in quel teatro dell’immortalità che è – che era – il potere.
E però. Mamma Rosa non voleva che Silvio scendesse in campo; meno che meno Veronica; e neanche gli amici «buoni» (Letta e Confalonieri), mentre quelli «cattivi» (Dell’Utri e Previti) sì. Nessuno comunque l’avrebbe fermato, e infatti sono stati venti e più anni di desolanti fuochi d’artificio e gioiose tenebre, sia per lui che per gli italiani.
Che cosa sia rimasto di queste caotiche e contraddittorie vicissitudini, dalla videocassetta inaugurale alla coda terminale di Dudù, è davvero troppo presto per dire. Ma anche a costo di cadere nell’effettaccio, non c’è oggi uomo politico cui si adattino meglio che a Berlusconi quei celebri versi che diverse generazioni di italiani hanno mandato a mente con un beffardo fastidio che oggi, guarda guarda, torna utile: «Tutto ei provò: la gloria/ maggior dopo il periglio,/ la fuga e la vittoria,/ la reggia e il triste esiglio;/ due volte nella polvere/ due volte sull’altare» – che poi, a voler essere pignoli, rispetto a Napoleone, per tre volte il Banana è caduto e si è rialzato, sempre spolverandosi i pantaloni, ma pazienza.
Va da sé che questo incessante andirivieni gli ha fruttato rinascite impreviste, ma pure imposto traguardi incredibili e comportato costi pazzeschi, a cominciare dalla vita nuda che egli ha deciso lucidamente di mettere in scena, giorno dopo giorno, telegiornale dopo telegiornale, dinanzi agli sguardi dei suoi adoratori e dei suoi nemici.
Come dietro a una spaventosa e spesso infuocata lente di ingrandimento, nulla di sé e del suo mondo è andato perso, insieme a vittorie e sconfitte proiettandosi e poi gorgogliando nell’immaginario di un intero paese attraverso corse in candida maglietta e pantaloncini, ore di sonno e di aereo conteggiate, diete, tumori superati, tagliandi e trapianti, pacemaker, cerotti, mentine anti fiatella, graffi e lividi esibiti a riprova di un amore così intenso da farsi violento.
I sanitari l’hanno seguito come e più dei suoi dirigenti. Dentisti, massaggiatori, preparatori atletici, durante il terremoto dell’Aquila una medichessa si è sentita rivolgere l’invito presidenziale a farsi, appunto, rianimare.
A un certo punto il dottor Scapagnini gli ha auspicato scientificamente 120 anni di vita, e sull’età anagrafica si è sovrapposta una specie di fabula che lui ha sempre gradito come un omaggio, o come una impossibile verità. Era del re il Re. E il re possiede due corpi, come minimo. Dal predellino alla salvezza il passo era breve. Ogni tanto però si scocciava, lo facevano arrabbiare, s’imbestialiva, e allora addio, addio, esplodeva: «Ho la barca a vela più bella del mondo, ho fatto rifare tutti gli interni, mi hanno mandato le foto, io me ne vado, arrangiatevi voi».
Una volta disse pure, al telefono, forse sapendo che lo stavano intercettando: «Questo paese di merda». Non lo meritava. Lui era un dono. E non lo sapevano. Voleva il 51 per cento, almeno. Il fatto che non lo avesse raggiunto era colpa grave degli elettori.
Fece anche una canzone con Apicella. Diceva «andiamo via, andiamo via». Il Bagaglino ci fece anche uno spettacolo, il «Silvio scomparso», Emilio Fede era disperato. Ma poi non partiva mai con la sua barca. E lì restava nei suoi palazzi, nelle sue ville. Dove continuava a ospitare tutti, quindi anche la gente più strana.
Negli ultimi tempi, sempre più deluso, sempre più seccato, aveva messo in campo una opzione alternativa alla barca. Era di natura filantropica: sarebbe andato in giro per il mondo a costruire ospedali per i bambini. Curioso intendimento per un magnate. Suonava aveltroniano. Ma con lui, con Papi o con il Caimano, tutto è stato sempre abbastanza possibile.
Tra un malore e l’altro si divertiva, si affliggeva, mai tirava a campare. Una volta svenne e quando si svegliò vide un medico con la barba che parve Bin Laden. Disse: «Oddio, sto già all’altro mondo». Ma non era vero.





Fonte: Francesco Bei, La Stampa 10/6/2016

Testo Frammento
IL CANCRO, L’UVEITE, IL CUORE E TUTTE LE ALTRE MALATTIE CHE HANNO RESO BERLUSCONI PIÙ FORTE –
«Ho avuto un cancro e dopo aver superato questa prova, ho imparato a non avere più paura di nulla». Berlusconi e il mito della sua immortalità, la malattia, il corpo vulnerabile e tuttavia onnipotente.
E poi la potenza virile e la delicatezza femminile, gli acciacchi dell’età e la rincorsa all’eterna giovinezza, insomma con tutto quello che c’è tra la vita e la morte, sesso incluso naturalmente, ci gioca da sempre traendone anche una discreta rendita politica.
Quel corpo, su cui si sono esercitati in molti e la letteratura abbonda, a partire dal molto citato “Il corpo del capo” di Marco Belpoliti (Guanda), è ormai una sorta di monumento italiano e come tutti i monumenti negli anni ha subito colpi, è stato restaurato, un pezzo crollato, un altro sostituito. In un susseguirsi di lifting, pacemaker, uveiti, trapianti, operazioni varie, aggiunte e tagli, sempre tutto pubblico, perché nell’ostensione del corpo, anche del corpo malato, il leader ha sempre ritrovato la sua forza. E così, appunto, nel 2000 fu la rivelazione del cancro alla prostata, ma l’operazione risaliva a tre anni prima. Anche in quel caso, curiosamente, durante una campagna elettorale per le amministrative. «Ero sul palco, in mezzo alla gente, ma parlavo con la morte nel cuore. La mattina dopo dovevo entrare in sala operatoria, non riuscivo a non pensarci, temevo che il male fosse incurabile», confidò in un’intervista a Repubblica.
Altra fuga in gran segreto in America nel 2006. «Vado a divertirmi a Las Vegas», disse ai cronisti prima di partire. Invece era a Cleveland a mettersi un pacemaker. E ancora nel 2015, quando quel ricambio elettronico dovette essere sostituito. Vita sregolata, notti insonni, troppo stress, (troppe ragazze), troppo tutto.
Nel 2006 a un convegno dei giovani di Dell’Utri – a proposito, il gemello politico del Cavaliere ha avuto problemi di cuore pochi giorni fa – Berlusconi clamorosamente e pure in diretta tv, s’accasciò, svenne, perse i sensi e le guardie del corpo fecero appena in tempo ad acchiapparlo al volo perché non cadesse dal palco. Ma erano già i giorni del declino, lontani da quelli della potenza fisica. Come l’esaltazione del fitness, della corsa del ’95 alle Bermuda con gli amici di sempre: Fedele Confalonieri, Adriano Galliani, Carlo Bernasconi, Gianni Letta e, appunto, Marcello Dell’Utri. Lui davanti e gli altri a inseguirlo, tutti in divisa bianca. «Sui cento metri non ce n’è per nessuno, mi lascio dietro anche i ragazzi della scorta», raccontava in Sardegna negli ultimi anni. Ma il primo a non crederci era lui. Di lì a poco, nel 2009, sarebbe arrivato quel pazzo di Massimo Tartaglia a scagliargli in pieno volto una miniatura appuntita del Duomo. «E ci mancò poco che mi cavasse un occhio». Anche allora l’ostensione del volto tumefatto e pieno di sangue ebbe un effetto magico sulle masse dei fedeli, rinsaldò il mito di un uomo «tecnicamente immortale» (parola di Umberto Scapagnini, il suo medico prima di Zangrillo, morto nel 2013). Lo stesso Scapagnini che gli somministrava un misteriosissimo elisir antietà a base di «olio di onfacio e palosanto, una pianta di cui si nutrono gli abitanti centenari di Ocobamba». Che poi esisterà veramente sull’atlante?
Ma si potrebbe andare avanti con l’uveite che lo costrinse a girare in Senato con gli occhialoni da sole stile il Padrino, con la sciatica che miracolosamente lo abbandonò a Vicenza per mostrarsi arrabbiato e pimpante davanti ai industriali, l’Alzheimer, «ma al primo stadio», come i malati di Cesano Boscone dove svolgeva i servizi sociali. Fino alla valvola atriale di un suino che gli impianteranno martedì. Confermandone così la natura ibrida di uomo/animale, nel segno totemico del verro. Per gli antichi Celti simbolo di fertilità. E che sia lunga vita.








Fonte: Sara Faillaci, Vanity Fair 8/6/2016

Testo Frammento
INTERVISTA A STEFANO PARISI –
L’sms di Stefano Parisi – candidato sindaco del centrodestra a Milano, promosso con un sorprendente 40,8% al ballottaggio contro il favorito Sala (appena 5 mila voti in meno) – arriva dopo mezzanotte: «Mi spiace ma mia moglie non vuole essere fotografata». La mattina dopo riesce a farle cambiare idea, non si sa a che prezzo. Probabilmente alto, perché Anita Friedman, israeliana di padre americano, sessant’anni compiuti sei mesi prima del marito (che ci scherza su: «È più vecchia di me»), è una donna tanto riservata quanto decisa. Direttore generale della fondazione istituita dai ministeri esteri d’Italia e di Israele per promuovere gli scambi culturali tra i due Paesi, è sposata a Parisi da 32 anni. Hanno due figlie: Sarah, 28, e Camilla, 26.
Il servizio fotografico, nella loro casa milanese, durerà in tutto cinque minuti: il tempo di «catturarli» a colazione e di assistere a qualche siparietto. Stefano punzecchia: «Lavo i pavimenti, cucino, mi stiro le camicie da solo, e lei guarda». Anita sta al gioco: «Stefano prendi le giacche degli ospiti», «Stefano fai il caffè». Non ama truccarsi, e dopo che la stylist l’ha convinta a mettere un po’ di matita per gli occhi il marito commenta: «Oddio, l’ultima volta che ti ho visto così è stato il giorno del matrimonio». Detesta essere fotografata e lui le fa scatti in continuazione con il cellulare. Poi, mentre posano insieme: «Puoi sforzarti di fare un gesto affettuoso?». La risposta è un movimento della mano, un po’ rigido, per sistemargli i capelli sulla fronte. «Non ho detto di mettermi in ordine, ho detto un gesto affettuoso».
Come ha preso sua moglie la scelta di
candidarsi?
«All’inizio era molto perplessa: sapeva che avremmo avuto la vita stravolta da uno tsunami. Una volta presa la decisione, però, il suo carattere da combattente ha prevalso. Mi sostiene in tutto».
Quando vi siete conosciuti?
«A 17 anni. Lei era appena arrivata da Israele a Roma (la città di Parisi, ndr) per l’ultimo anno di liceo, dopo che suo padre aveva sposato in seconde nozze un’italiana, e io ero fidanzato con la sua migliore amica. Ci siamo ritrovati dieci anni dopo, nel 1982, alla manifestazione per Stefano Taché, il bimbo ucciso nell’attentato alla sinagoga di Roma. Da lì non ci siamo più lasciati».
Lei che ragazzo era?
«Da bambino ero buonissimo, sempre dieci in condotta: a scuola non ero granché, ma i professori mi amavano perché ero ubbidiente. Il carattere è venuto fuori dopo, al liceo, con l’impegno sociale e la politica nel partito socialista. Non sono mai stato uno da giri in vespa e discoteche, anche perché vengo da una famiglia molto cattolica, i quattro fratelli di mio padre erano tutti gesuiti, non eravamo incoraggiati alla spensieratezza».
Poi ha sposato un’ebrea.
«Non sono un cattolico praticante, e amo la cultura ebraica: Israele è un avamposto di civiltà, il Paese più libero e democratico che conosca».
Un palestinese potrebbe dissentire.
«Non è vero: anche loro si rendono conto del grado di democrazia che c’è in Israele».
Suo padre che lavoro faceva?
«Dirigente dello Stato. Ero quindicenne quando si è ammalato, un calvario durato undici anni: avere un tumore, negli anni Settanta, era spesso una condanna. Sono cresciuto tra le donne, ultimo di cinque figli, con tre sorelle più grandi. Mio fratello, l’altro maschio, si è ammalato quando è morto mio padre – cancro anche lui – e mi ha lasciato quindici anni dopo».
Questi lutti l’avranno segnata.
«Ho imparato a relativizzare i problemi e sviluppato un rapporto molto sano con la realtà, un carattere ottimista, un pregiudizio positivo nei confronti delle persone. Da un punto di vista pratico, visto che quello di papà era l’unico stipendio in casa, la sua morte mi ha costretto a lavorare presto, già durante l’università (Economia alla Sapienza di Roma, ndr), nelle cooperative, alla Cgil e poi con Gianni De Michelis al ministero delle Partecipazioni statali».
Quindi conosce bene la politica, non è un tecnico puro.
«Ho ricoperto posizioni apicali al ministero del Lavoro, degli Esteri, alla presidenza del Consiglio. Ho servito cinque presidenti del Consiglio, dal ’92 al ’97. Sono tra i pochi manager ad aver lavorato con successo sia nel pubblico sia nel privato (Confindustria, Fastweb, ndr)».
Rapporto con i soldi?
«Sono passato dal nulla al successo economico, al dover ricominciare dopo la tempesta giudiziaria su Fastweb, quindi non avrei problemi oggi a vivere con poco, anche perché ho la fortuna di avere una moglie a dir poco sobria. I risparmi li ho investiti tutti nella mia azienda, Chili Tv (una piattaforma di video on demand, ndr)».
Qualcuno ha insinuato che lei si sia candidato in cambio dell’impegno, da parte di Berlusconi, di ripianare i debiti.
«Falso. Mediaset possiede Infinity, che è concorrente di Chili. E comunque nel candidarmi ho lasciato ogni carica aziendale, oggi sono solo azionista».
Dai socialisti al centrodestra: perché?
«Per realizzare quella politica liberale che in Italia è stata sempre sacrificata a logiche di compromesso. Non vedo contraddizioni: dopo la caduta del Muro di Berlino, i fondamentali della politica di ieri sono venuti meno. Oggi mi sento più a mio agio in una coalizione riformatrice di centrodestra, specie a Milano dove c’è una sinistra radicale molto conservatrice».
Con la Lega in coalizione, non pensa di dover scendere a compromessi anche lei?
«Abbiamo condiviso un programma di governo, il mandato sarà quello di attuarlo. Con il supporto di tutti i partiti».
Un suo difetto?
«Non sono mai contento di me stesso e di quello che faccio. Penso sempre che si sarebbe potuto fare meglio».
Il momento più doloroso della sua vita?
«La morte di mio fratello. E poi, quando ho dovuto lasciare la carica di amministratore delegato di Fastweb a causa di un gravissimo errore giudiziario. Ma in quella storia ci sono amici, persone perbene, che sono state vittime ben più di me».
E il momento più bello?
«La nascita delle mie figlie. Con loro ho un legame speciale. Sarah è una fashion designer, ha studiato alla Marangoni. Camilla è storica dell’arte, sta facendo il dottorato alla Normale di Pisa».
È un padre geloso?
«No: né delle figlie né della moglie».
Sua moglie invece lo è?
«Abbastanza».
Qual è il segreto di un matrimonio così lungo?
«Amore, intelligenza, rispetto. Negli anni si cambia, e solo partendo da queste basi riesci ad accettare che l’altro possa diventare diverso e a volergli bene lo stesso. Per lavoro ho spesso cambiato città, ma la famiglia ha sempre condiviso le mie scelte».
Qual è il «vostro posto» a Milano?
«Forse corso Garibaldi, dove abbiamo vissuto a lungo. E la montagnetta di San Siro, dove vado a correre. Ma un posto speciale nel nostro cuore ce l’ha Tel Aviv. Laggiù abbiamo casa, e un giorno vorremmo andarci a vivere».
Dovesse diventare sindaco, quale sarebbe la prima cosa che farebbe per Milano?
«Dare più sicurezza. E generare sviluppo e occupazione».







Fonte: Simona Ravizza e Francesco Verderami, Corriere della Sera 10/6/2016

Testo Frammento
BERLUSCONI SARÀ OPERATO AL CUORE –
Simona Ravizza per il Corriere della Sera
Il pericolo di vita e la necessità di correre subito ai ripari. Con un’operazione a cuore aperto di quattro ore. Il medico di fiducia, Alberto Zangrillo, non usa giri di parole: «Silvio Berlusconi ha rischiato di morire. L’unico modo per risolvere il problema, un malfunzionamento della valvola aortica cardiaca, è l’intervento chirurgico. Altrimenti il Cavaliere correrebbe un rischio del 10% di morire nel giro di un anno».
Alle cinque del pomeriggio si alza il velo di silenzio che fin qui ha accompagnato il ricovero al San Raffaele del leader di Forza Italia, 79 anni, in ospedale da martedì mattina, dopo i primi esami svolti nei due giorni precedenti. Il segnale che qualcosa non andava è arrivato nella notte tra sabato e domenica da un grave episodio di scompenso cardiaco. Un problema che ha messo in pericolo la vita del Cavaliere. Il suo cuore fatica a pompare il sangue e ora i medici sanno il perché: «I controlli ci hanno consentito di identificare in modo esatto una patologia della valvola aortica – spiega Zangrillo —. Berlusconi ha un’insufficienza aortica grave e severa». L’intervento a cui dovrà sottoporsi il leader di FI, come anticipato l’altroieri dal Corriere.it, sarà fissato verosimilmente tra martedì e mercoledì. Lo eseguirà Ottavio Alfieri, primario di Cardiochirurgia al San Raffaele, considerato uno dei migliori in Italia.
La sostituzione della valvola aortica non sarà una passeggiata: e Berlusconi lo sa, così com’era consapevole della gravità della situazione quand’è arrivato in ospedale domenica. I rischi dell’intervento chirurgico ovviamente ci sono, a maggior ragione visto che è necessaria l’apertura della gabbia toracica, ma sono stimati in una percentuale del 2-3%. I principali: polmonite, emorragia e ictus. Ci saranno poi i giorni di ricovero in Terapia intensiva (almeno due), un’altra settimana di degenza in ospedale e un mese di riabilitazione per riattivare le funzioni vitali. «Prima di ricoverarsi, il Cavaliere ha voluto esercitare il diritto-dovere del voto per le elezioni amministrative di Roma, correndo seri rischi – sottolinea Zangrillo, primario di Anestesia e Rianimazione —. Il futuro in politica? Tra un mese potrà tornare a fare ciò che vuole, ma io gli sconsiglio da tempo di fare il leader».
Al sesto piano dell’edificio Diamante, dove ci sono le camere-suite a pagamento dell’ospedale, è ricoverato un Berlusconi affaticato ma combattente, con tutta la famiglia e gli amici più cari stretti intorno a lui: «La notizia dell’operazione al cuore l’ha presa inizialmente non volendoci credere – ammette Zangrillo —. Poi ha mostrato grande coraggio e determinazione. Esaurita la comprensibile fase di metabolizzazione del problema, non ha avuto il minimo dubbio e si è affidato completamente ai medici».
A Berlusconi stanno arrivando messaggi di auguri bipartisan da tutto il mondo politico, sportivo e culturale. Il vicesegretario del Partito democratico Lorenzo Guerini: «Sono certo che affronterà questa nuova prova con la stessa forza di sempre». L’allenatore del Milan Cristian Brocchi: «Auguri di guarigione. Quando c’è di mezzo la salute il resto passa in secondo piano». Il nobel Dario Fo: «Ce la farà benissimo a superare il momento, ha una forza d’animo e fisica straordinaria». Ma adesso è il tempo per il Cavaliere di concentrarsi sull’intervento: più il tempo passa, più i rischi aumentano.

***

Francesco Verderami per il Corriere della Sera
La sua forza di volontà continua a tener testa alle sue forze fisiche, «perciò dovete far sapere fuori che il mio spirito non si fiacca, che io sicuramente torno». Ancora una volta i desideri di Berlusconi sono stati esauditi, siccome voleva che tutti «fuori» lo sapessero: non c’è alcun vuoto da riempire. Ma viene il momento in cui bisogna porre un freno alla rappresentazione, e c’è solo una persona che disinteressatamente può far capire al Cavaliere qual è il suo interesse: «Silvio è forte e si riprenderà, ora però deve iniziare a pensare a se stesso». Così Confalonieri si pone come scudo per proteggere l’amico e anche i figli dell’amico, che vogliono restituito il padre alla famiglia e vogliono i mercanti fuori dal tempio.
Davanti alla stanza di un paziente è doveroso non disturbare, invece ieri davanti alla stanza dov’è ricoverato il fondatore del centrodestra sono accaduti spettacoli grotteschi, irrispettosi verso Berlusconi, verso le sue condizioni e verso la sua storia: la lite tra chi gestisce la sua corte oggi e chi — come Verdini — gestiva la sua corte ieri e non è stato fatto entrare, con tanto di sceneggiata illustrata da comunicati stampa; lo speech del medico personale, che nel descrivere le condizioni dell’assistito è parso fin troppo teatrale agli uomini d’azienda e soprattutto ai figli, impegnati a difendere la privacy del genitore e a garantirgli un po’ di serenità.
Non è dato sapere se Berlusconi abbia sentito gli schiamazzi filtrare dalla porta, è certo che quando a un certo punto la porta si è chiusa, con lui sono rimasti solo Confalonieri e Gianni Letta. Il calcio e la politica sono due dossier che pongono problemi da risolvere, di qui l’arrivo pure di Galliani: il Milan crea affanni sotto il profilo finanziario e anche di immagine; Forza Italia rischia di soffocare come un secco rampicante un’azienda mediatica che vive di mercato e deve garantire il pluralismo democratico ai suoi clienti. Sono nodi che tocca al capo sciogliere, insieme ai consanguinei per dna e per storia.
Gli altri fuori. Compreso chi ha abusato della confidenza di Berlusconi e della sua potenza, compreso chi vanta deleghe e funzioni di firma, compreso chi ha gestito fino all’altro ieri persino le telefonate. Marina, la primogenita, che da tempo vuole «impacchettarle tutte», e che è furiosa per il modo in cui il corpo del padre sofferente è stato trascinato per inutili comizi di periferia, non riesce a trattenersi davanti allo scempio simoniaco, e addita il loro personale conflitto di interessi.
È vero che il Cavaliere non appartiene solo al Cavaliere, perché c’è un partito che vive della sua vita e constata con trepidazione come i dati della cartella clinica del leader coincidano con lo stato di salute del movimento. Ed è vero che (quasi) tutti avevano iniziato a immaginare il futuro senza Berlusconi. Ma oggi (quasi) tutti si rendono conto che senza Berlusconi è come dire stare all’addiaccio, senza Forza Italia. A testimonianza che, a prescindere dal suo ritorno in campo, l’uomo che ha incarnato un ventennio continuerà comunque a influenzare i destini della politica. Dentro e fuori il suo schieramento.
Lo smarrimento collettivo a Roma — tranne qualche improvvida esternazione di chi già dichiara di aver scelto il proprio successore — è la prova che il Cavaliere non è sostituibile. Se non c’è traccia di documento o di confidenza in cui abbia designato chi prenderà il suo posto, è perché Berlusconi non ha mai immaginato un passaggio di consegne: solo il pensiero innesca in lui la stessa reazione di un piatto all’aglio. E dunque c’è anche qualcosa di filiale in quel «sicuramente torno» che voleva trasmettere fuori dalla sua stanza, oltre all’affermazione del primato.
Ma ora «Silvio deve iniziare a pensare a se stesso». L’altro ieri l’hanno visto depresso e spaventato mentre stava per essere inghiottito dai macchinari ospedalieri, che hanno confermato la necessità dell’intervento al cuore. Ieri invece si è mostrato un po’ più sollevato, consapevole del «passaggio ineludibile» sotto i ferri. Lui, che considera la morte «un avvenimento lontanissimo dato che vivrò centoventi anni», ha scandito con le solite battute certi ragionamenti proiettati verso il futuro: «Faremo questo e quello».




Fonte: Marco Belpoliti, la Repubblica 10/6/2016

Testo Frammento
IL CORPO REALE DI BERLUSCONI CHIEDE IL CONTO AL CORPO MEDIATICO
Il corpo dà e il corpo prende. Nessun politico ha mai chiesto così tanto come Silvio Berlusconi al proprio corpo, e nessuno ha usato come lui il corpo come uno strumento politico. Non si è risparmiato in alcun modo. Anzi, ha cercato di sfondare il muro che separava il suo corpo reale dal corpo mediale, quello prodotto dalle immagini fotografiche e televisive. Il corpo creato dai media non muore mai, mentre il corpo fisico è per sua stessa natura caduco: si raffredda, s’ammala, cessa di vivere. Berlusconi ha cercato di abolire questa differenza ignorando fin che ha potuto i segnali che il corpo fisico gli mandava, quei segnali che il corpo mediale invece può bellamente misconoscere. In questo il leader di Forza Italia, il fondatore dell’impero mediatico di Mediaset, il tycoon televisivo, ha anticipato una delle promesse e delle attese che la società liquida suscita in tutti: vivere per sempre. Ernst Kantarowitz ha parlato di “due corpi del Re” indicando così, da un lato, il corpo politico, immortale, necessario, visibile e, dall’altro, il corpo naturale, che invece è mortale, visibile e totalmente contingente. Nel passato quando il Re moriva si gridava: “Viva il Re!”. La regalità, la sua simbologia, passava all’erede e la monarchia era salva. Berlusconi ha tentato di superare questa dicotomia. A lui non è mai importato salvare la propria regalità, trasmetterla ad altri. L’identificazione tra corpo fisico e corpo mediale è stata la sua grande illusione. Nessuno vive per sempre. Il tempo non può essere manipolato, e neppure abolito. Il corpo c’è e si fa sentire: si deteriora, deperisce, scompare. Una delle grandi forze della natura, ha detto una volta uno scrittore, “degrada l’ordine in disordine, la giovinezza in vecchiaia, e spegne la vita nella morte”. Arrestare l’entropia è stato il grande sogno di quest’uomo, che ha usato l’immagine quale strumento per rallentare, o addirittura fermare l’inarrestabile macina del tempo. In un profetico scatto di Alex Majoli di alcuni anni fa Berlusconi è ritratto davanti a una tenda in una posa e con uno sguardo che sembra smentire la sua politica dell’immagine. Ha un corpo: non né bello né giovane. È reale. Così oggi ci appare il tycoon. Un uomo in carne e ossa, che lotta per sopravvivere.








Fonte:

Testo Frammento
APPUNTI PER GAZZETTA - BERLUSCONI MALATO

REPUBBLICA.IT
MILANO - "Sono sereno e affronto questo passaggio delicato affidandomi a Dio e alla straordinaria professionalità dei medici e del personale del San Raffaele". Silvio Berlusconi affida ad una nota, pubblicata anche su Facebook, le sue prime parole dopo la decisione di farsi operare al cuore. "Desidero ringraziare - ha aggiunto il presidente di Forza Italia - tutti coloro che mi hanno fatto pervenire manifestazioni di affetto ed espressioni augurali, mi hanno davvero commosso. Non dimenticherò le parole di amici, di esponenti politici, di collaboratori di una vita di lavoro, dei moltissimi sostenitori che mi hanno fatto sentire la loro vicinanza con calore straordinario".
Dal punto di vista politico Berlusconi non ha dubbi: "Seguo da qui le vicende politiche in vista dei ballottaggi, e chiedo a tutte le donne e gli uomini di Forza Italia il massimo impegno per far prevalere i candidati del centro-destra ovunque siano in campo. Fi è pienamente operativa nei suoi organismi nazionali e periferici ed è perfettamente in grado di operare in questi giorni di mia forzata assenza".
Desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno fatto pervenire manifestazioni di affetto ed espressioni augurali, mi hanno davvero commosso. Non dimenticherò le parole di amici, di esponenti politici, di collaboratori di una vita di lavoro, dei moltissimi sostenitori che mi hanno fatto sentire la loro vicinanza con calore straordinario.
Sono sereno, e affronto questo passaggio delicato affidandomi a Dio ed alla straordinaria professionalità dei medici e del personale del San Raffaele.
Seguo da qui le vicende politiche in vista dei ballottaggi, e chiedo a tutte le donne e gli uomini di Forza Italia il massimo impegno per far prevalere i candidati del centro-destra ovunque siano in campo.
Forza Italia è pienamente operativa nei suoi organismi nazionali e periferici ed è perfettamente in grado di operare in questi giorni di mia forzata assenza.
Parole che per il senatore di Forza Italia Andrea Mandelli azzerano illazioni e speculazioni sul futuro di Forza Italia: "Le parole di Silvio Berlusconi spazzano via tutte le speculazioni di queste ore. Forza Italia è compatta, operativa e, come ci ha chiesto il Presidente, concentrata sui suoi obiettivi, a partire dai prossimi ballottaggi a Milano, a Napoli e nelle tante città in cui siamo ancora protagonisti. E il nostro leader, anche in questo ’pit stop’, continua ad essere il punto di riferimento sia per eletti e militanti sia per tutto il popolo moderato. Troppe volte, negli anni, i profeti di sventure hanno pronosticato (e tifato) la fine dell’esperienza politica del Presidente Berlusconi e la disgregazione di Forza Italia. Sempre, puntualmente, smentiti, come stavolta".

Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca la vicenda di Berlusconi ridimensiona la sua immagine e aiuta a "tornare coi piedi per terra". "Un dovere di civiltà augurare a Berlusconi di risolvere quanto prima i problemi di salute" afferma nel settimanale appuntamento su Lira Tv. "È uno di quegli episodi che in qualche misura e d’un colpo solo sgomberano la scena della politica da immagini finte e ci riportano alla realtà della vita perché Berlusconi perde la sua immagine patinata, che abbiamo conosciuto per venti anni e che doveva essere vincente sempre, giovanile, sempre, anche sulla soglia degli 80 anni e ritorniamo alla vita vera, fatta di debolezze, di valori familiari, di cose anche più importanti della politica politicante. La vicenda di Berlusconi ci aiuta a tornare con i piedi per terra".
La responsabile della comunicazione di Fi Deborah Bergamini, intervistata da Radio 24, ha risposto al leader della Lega Matteo Salvini che stamani aveva detto che sarebbe andato sicuramente a trovare Berlusconi se fosse stato gradito. "Sono assolutamente certa che sarebbe molto gradita una visita di Matteo Salvini al presidente Berlusconi al San Raffaele", ha risposto la Bergamini.

CHE COS’È LA VALVOLA AORTICA
E’ un intervento considerato ormai di routine e a basso rischio quello che dovrà affrontare Silvio Berlusconi. Dopo gli accertamenti che hanno reso possibile la diagnosi di insufficienza aortica di grado severo, ora lo aspetta la sala operatoria: "L’unico modo per correggere questa patologia - ha annunciato il medico di Berlusconi, Alberto Zangrillo - è la sostituzione della valvola aortica, un intervento di cardiochirurgia convenzionale, che comporta circolazione extracorporea, approccio diretto al cuore e la sostituzione della valvola con una di tipo biologico".

Le "palpebre" del cuore. La necessità dell’intervento di cardiochirurgia è legata al disturbo della valvola aortica che mette in comunicazione il ventricolo sinistro con l’aorta, cioè l’arteria che porta il sangue a tutto l’organismo: "All’origine dell’aorta c’è una valvola formata da tre sportelletti che assomigliano a delle palpebre che si aprono e chiudono sincronicamente con il battito del cuore - spiega Massimo Massetti, cardiochirurgo e direttore dell’Area cardiovascolare del Policlinico Agostino Gemelli di Roma - . Quando il cuore si contrae, gli sportelletti si aprono lasciando passare il sangue, quando il cuore si rilassa gli sportelletti si chiudono in modo che il sangue non torni indietro". Proprio in conseguenza di questo "disturbo" gli sportelletti possono essere danneggiati ed allora durante la diastole (cioè il rilassamento del muscolo cardiaco) non chiudono e lasciano tornare indietro il sangue. "Si parla in questi casi di insufficienza aortica, una patologia che costringe il cuore a fare un doppio lavoro perché quando ha spinto il sangue in avanti, gli ritorna indietro come una sorta di reflusso e perciò si ingrossa. Non solo, c’è anche una perdita di potenza, come una macchina che perde cavalli" spiega il cardiochirurgo. Ed ecco che sopraggiunge lo scompenso cardiaco con il quale è stato ricoverato Berlusconi.

La sostituzione della valvola. L’unica cosa da fare in questi casi è cambiare la valvola aortica con un intervento a cuore aperto: "Si apre lo sterno esponendo il cuore e connettendo la circolazione extracorporea, cioè una macchina che sostituisce sia cuore che polmoni; così si può fermare il cuore, metterlo in sicurezza e aprire l’aorta - spiega Massetti - . A questo punto si tolgono i tre sportelletti e si sostituiscono con una protesi che nel caso di Berlusconi sarà certamente biologica, cioè realizzata con tessuti di origine animale".

Rispetto a quelle meccaniche che sono costituite da due dischi, le protesi biologiche hanno dei vantaggi: non necessitano di trattamento anti-coagulante e hanno una durata maggiore. Una volta suturata la valvola, viene richiusa l’aorta, si fa ripartire il cuore, si stacca la macchina che ne ha sostituito le funzioni e si chiude il torace. "L’intervento - spiega Massetti - dura un paio di ore, ma è necessaria una preparazione sia prima che dopo perciò è presumibile che Berlusconi entrerà in sala operatoria alle 8 e ne uscirà alle 12".

Pochi rischi e recupero veloce. Il medico di Berlusconi lo ha definito un "intervento di cardiochirurgia convenzionale". Ma quanti rischi comporta un’operazione a cuore aperto? "Si tratta di un intervento abbastanza semplice e di routine con un rischio che si aggira sul 2% - chiarisce il cardiochirurgo - ma molto dipende dall’età del paziente e dalla presenza di altre patologie". I tempi di recupero non sono lunghissimi: "E’ molto probabile che resterà in ospedale almeno per una settimana: subito dopo l’intervento starà un giorno in terapia intensiva e poi per altri 4-5 in reparto per la ripresa delle condizioni normali". E il ritorno attivo alla politica? "Avrà bisogno di un
periodo di almeno un paio di settimane di riabilitazione - conclude Massetti - , ma sicuramente questa scelta gli consentirà di tornare ad avere una vita normale, di riprendere a viaggiare e anche a fare politica ma rispettando i tempi che il suo stesso organismo gli suggerirà".

VISITE IN OSPEDALE
Oltre un centinaio di lettere, arrivate nel giro di 24 ore all’ospedale San Raffaele, dove martedì verrà operato al cuore. Indirizzate tutte a Silvio Berlusconi, per augurargli la guarigione. Dopo l’annuncio di Alberto Zangrillo, medico personale dell’ex premier, che Berlusconi dovrà subire un intervento a cuore aperto per la sostituzione della valvola cardiaca, la casella delle lettere di via Olgettina è sommersa da messaggi per il leader di Forza Italia.

Lo staff medico ha fissato la data dell’intervento: con tutta probabilità, Berlusconi andrà sotto ai ferri tra quattro giorni. A operare sarà Ottavio Alfieri, primario di Cardiochirurgia di via Olgettina. L’intervento durerà almeno quattro ore, in anestesia generale. Per un’ora, il cuore di Berlusconi sarà fermo, e il sangue sarà pompato da un macchinario per la circolazione extracorporea. Un’operazione delicata, insomma, soprattutto su un paziente 80enne quale Berlusconi che oggi ha continuato gli accertamenti. Al San Raffaele Berlusconi ha ricevuto, nel primo pomeriggio, la visita della primogenita Marina: "L’umore è buono", ha detto la presidente di Mondadori. Che in questi giorni starebbe raccomandando a tutti di lasciare il padre il più tranquillo possibile: "Basta politica, incontri e trattative", ripete da giorni la primogenita.

Così, sono diversi quelli che hanno provato a incontrare il premier, senza però riuscirvi: dopo Denis Verdini, arrivato al San Raffaele giovedì ma rimasto fuori dalla suite dell’ex premier, oggi è stata la volta di Carlo Rossella, che si è dovuto accontentare di lasciare in dono a Berlusconi un libro di botanica. Nel pomeriggio hanno invece visto l’ex Cavaliere prima il fratello Paolo - "E’ un uomo forte, giusto e buono. Quindi il Signore gli darà una mano" - e poi la compagna Francesca Pascale, arrivata verso le 19.
Berlusconi, centinaia di lettere e mail in ospedale: "Forza Silvio". Martedì l’intervento

La lettera di Franco Zeffirelli
Condividi
A tenere alto l’umore di Berlusconi, comunque, anche le tante lettere - alcune scritte a mano, altre inviate tramite mail - arrivate da supporter e sostenitori, ma non solo. Tra le tante, alcune sono state scritte e inviate al San Raffaele anche da elettori storici della sinistra o del centrosinistra, che però oggi sperano comunque che il Cav possa farcela. Tra le lettere, così, per esempio, c’è quella di Natasha, montenegrina da tanti anni in Italia, che racconta che "dal 1991 nel mio cuore è solo Forza Italia", e che si offre: "Se potesse servire una valvola o un pezzo del mio cuore sare felicissima. Non ho paura e lo dico seriamente". Ma ci sono, tra i molti messaggi arrivati, anche alcuni di amici eccellenti dell’ex premier. Come quella del regista Franco Zeffirelli, che su carta intestata si rivolge a Berlusconi per fargli arrivare "gli auguri dal tuo amico novantaquattrenne, che porta sempre nel cuore l’affetto e la graditudine per tutto il bene che hai portato nelle vite di tutti noi".
Berlusconi, il medico: "Gli sconsiglio di continuare a fare politica"
Condividi
Berlusconi è ricoverato al San Raffaele di Milano da martedì scorso, in seguito a uno "scompenso cardiaco" accusato, con affanno e fatica a respirare, mentre si trovava a Roma domenica, per votare alle amministrative. Dopo giorni di "no comment" e smentite, giovedì pomeriggio Zangrillo ha svelato le reali condizioni di salute del numero uno di Forza Italia: "Ha bisogno di un intervento di sostituzione della valvola aortica, a causa di un’insufficienza aortica di grado severo - ha spiegato il primario di Anestesia e Rianimazione del San Raffaele - Quando è arrivato era in condizioni preoccupanti, e lui ne era consapevole. Ha rischiato di morire".
Berlusconi ricoverato, in ospedale Confalonieri e le figlie. Arriva anche la Pascale
Navigazione per la galleria fotografica
1 di 36
Immagine Precedente
Immagine Successiva
Slideshow

()
()

Il leader degli azzurri però oggi, dalla suite privata al sesto piano dell’ospedale dove è ricoverato e dove sono ammessi solo i familiari e gli amici intimi, ha voluto rassicurare ammiratori e supporter. Con un messaggio postato sul suo proflio Facebook: "Desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno fatto pervenire manifestazioni di affetto ed espressioni augurali, mi hanno davvero commosso - ha scritto Berlusconi - Non dimenticherò le parole di amici, di esponenti politici, di collaboratori di una vita di lavoro, dei moltissimi sostenitori che mi hanno fatto sentire la loro vicinanza con calore straordinario".

Ieri Zangrillo ha sconsigliato all’ex premier di continuare con la politica, ma è al partito che Berlusconi ha rivolto il primo pensiero. "Sono sereno - ha scritto - e affronto questo passaggio delicato affidandomi a Dio e alla straordinaria
professionalità dei medici e del personale del San Raffaele. Seguo da qui le vicende politiche in vista dei ballottaggi, e chiedo a tutte le donne e gli uomini di Forza Italia il massimo impegno per far prevalere i candidati del centro-destra ovunque siano in campo". Forza Italia, assicura ancora l’ex premier, "è pienamente operativa nei suoi organismi nazionali e periferici ed è perfettamente in grado di operare in questi giorni di mia forzata assenza".

LA LOTTA DI SUCCESSIONE
TOMMASO CIRIACO
ROMA - Sotto shock. Con Silvio Berlusconi costretto in un letto d’ospedale, gli azzurri si ritrovano improvvisamente senza una guida. Con il rischio di una logorante guerra di successione interna. A un passo, insomma, dalla dissoluzione. Per sfuggire al baratro, prende corpo in queste ore una clamorosa contromossa: riunificare Forza Italia e Verdini, Fitto e un pezzo del Nuovo centrodestra. Un nuovo simbolo, un nuovo partito e un nuovo leader. Magari proprio Stefano Parisi, in piena corsa per la poltrona di sindaco di Milano. Di certo non l’ex premier, se è vero lo sfogo di Marina Berlusconi: "Papà non deve più salire su un palco!".

Chi cerca di raggiungere l’ultima spiaggia ha già in mente una data: settembre. L’idea, frutto di un vorticoso giro di consultazioni, è di organizzare subito dopo l’estate una convention unitaria per far tornare sotto lo stesso tetto le schegge impazzite del berlusconismo. Quali? I Conservatori di Raffaele Fitto, che tifa da tempo per l’unità di un centrodestra antirenziano. I verdiniani di Ala, in crisi nel rapporto con il premier. E il Nuovo centrodestra.

Tra i principali sponsor dell’operazione c’è Maurizio Lupi - che a Milano è alleato del centrodestra - mentre Angelino Alfano frena, timoroso che un tale scossone al sistema possa provocare una crisi di governo. Chi finirebbe ridimensionato è invece il cerchio magico di Maria Rosaria Rossi, Francesca Pascale e Deborah Bergamini. Gran parte del partito le considera semplicemente avversarie e tifa per un loro ridimensionamento.

Questi, però, sono ancora i giorni dell’emergenza. E c’è spazio soprattutto per l’affetto verso il leader. "Per noi adesso è durissima, bisogna mantenere la calma e stare vicini al Presidente", confida Renata Polverini. E Altero Matteoli: "È una sfida difficile". Il dossier più complicato della storia del berlusconismo è affidato a due "garanti": Gianni Letta e Niccolò Ghedini. Sono stati loro, ieri, ad incoraggiare l’ex premier al San Raffaele. Ed è stato proprio l’avvocato a telefonare ai big del partito per avvertirli che presto (al massimo subito dopo i ballottaggi) nascerà un direttorio. Un tavolo, così l’ha definito, da convocare a Palazzo Grazioli e riunire per gestire l’ordinaria amministrazione.

Molti, com’è ovvio, aspirano a un posto in questo board. Ci saranno quasi certamente Giovanni Toti e Maria Stella Gelmini, Mara Carfagna e gli ex aennini Gasparri e Matteoli, oltre ai due capigruppo Renato Brunetta e Paolo Romani. Tra loro, naturalmente, c’è chi aspira a guidare da "reggente" Forza Italia nel nuovo partito di centrodestra. Toti, innanzitutto, forte di un rapporto solido con la Lega di Matteo Salvini. Ma anche Carfagna, sempre in testa ai sondaggi di gradimento nell’elettorato azzurro, e Gelmini, lanciata ieri da Laura Ravetto.

Tanto, tantissimo dipenderà dalle scelte di Berlusconi. Ma parecchio si intuisce dai ragionamenti della figlia Marina, riferiti da chi era al San Raffaele: "D’ora in poi papà dovrà dedicarsi solo alla sua salute - ha avvertito la primogenita - E nessuno si azzardi a chiedergli di fare ancora politica, capito?". Sulla stessa linea Fedele Confalonieri, l’amico di una vita, anche lui infastidito dalla tabella di marcia consigliata dai fedelissimi all’ex premier ottantenne nelle ultime settimane di campagna elettorale.

Per adesso, comunque, il Cavaliere preferisce affidare le chiavi del suo impero aziendale alla primogenita Marina e all’amico Confalonieri. Le vicende personali e professionali saranno mediate da Ghedini, mentre i rapporti istituzionali spetterano all’"ambasciatore" Letta.

La politica appare invece sempre più lontana. Non a caso
PUBBLICITÀ
inRead invented by Teads
pochi, pochissimi dei dirigenti azzurri hanno potuto fare visita al leader. Ci ha provato ieri Verdini, fermato sulla soglia della stanza d’ospedale. "Riceve solo i familiari". Pragmaticamene, il ras toscano ha salutato l’ex alleato al telefono. Dal parcheggio del San Raffaele.