MilanoFinanza, 10 giugno 2016
Consigli non richiesti ad Alessandro Penati
Su queste colonne, nella rubrica Denaro & Lettere, è stata pubblicata una nota a firma di molte organizzazioni sindacali che, anche in tono ironico, criticano alcuni giudizi e dichiarazioni espressi da Alessandro Penati, il numero uno del fondo Atlante, proprio in relazione ai compiti dello stesso fondo. Anche io, senza conoscere le decisioni dei sindacati, avevo scritto un commento su queste dichiarazioni, sia pure con toni diversi e senza ricorrere all’arma dell’ironia, che però le organizzazioni sindacali mostrano di saper bene utilizzare. Atlante è stata una importante realizzazione per lo sviluppo del mercato degli attivi bancari deteriorati; senza questa innovazione, probabilmente l’incertezza si sarebbe accresciuta nei mercati e si sarebbero potuti determinare gravi fenomeni di instabilità con effetto domino e con casi di dissesto.
Il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nelle Considerazioni Finali ha detto di ritenere che Atlante abbia la determinazione, l’indipendenza e la professionalità per affrontare la sfida che gli si prospetta e che, quanto più avrà successo, tanto più sarà possibile raccogliere nuovi investimenti, alimentando un circolo virtuoso. In sostanza, anche a parere di osservatori ed esperti, si è nelle condizioni per potere operare adeguatamente mentre, andando avanti ora che è ancora pendente la decisione su se e quale sarà l’impegno richiesto per Veneto Banca, si prospetta comunque la necessità di riaprire le adesioni al fondo per rafforzarne la dotazione, quella attuale potendo molto probabilmente risultare inadeguata. Del resto, sul tema dei crediti deteriorati, ieri Mario Draghi, parlando a Bruxelles, ha sollecitato, rivolgendosi all’Unione, un impegno maggiore, dopo avere comunque affrontato il tema delle riforme e avere rilevato che il mancato loro significativo progresso blocca la ripresa.
In una situazione nel complesso non facile, per tornare a Penati, sarebbe sommamente da evitare di prodursi in dichiarazioni che vanno oltre l’aureo principio est modus in rebus. È quanto meno maldestro porre il problema dell’indipendenza dei singoli componenti il comitato degli investitori di Atlante quando la loro professionalità (come ha detto Carlo Messina riferendosi ai due di estrazione di Intesa Sanpaolo ) è fuori discussione e – aggiungo qui – è proprio questo requisito che impedisce a questi membri di essere eterodiretti, ammesso che chi abbia investito centinaia di milioni debba disinteressarsi dell’investimento. D’altro canto, è necessaria una grande abilità per mettersi in una posizione che ha suscitato la reazione di un’ampia schiera di organizzazioni sindacali e non solo.
Penati, di cui non si mette in dubbio la competenza, deve realizzare che non sta in un’aula universitaria, non ha a che fare con soggetti da guidare, né è incaricato di un’iniziativa palingenetica; non deve promuovere alcuna rivoluzione, ma deve agire, con la professionalità che ha, per il raggiungimento dei fini previsti. Dovrebbe, pur non essendo un banchiere, agire come soprattutto operavano i grandi banchieri di un tempo allineandosi al fuge rumores, fornendo comunicazioni ufficiali in chiave istituzionale, osservando i criteri della trasparenza che non sono quelle dell’attribuzione di colpe al mondo intero, ed evitando di assumere il ruolo del tardivo Torquemada nei confronti di vicende bancarie del passato. Non serve la logorrea, a maggior ragione se caratterizzata da giudizi a dir poco azzardati. Naturalmente, egli è libero di dire quel che vuole, ma deve tener conto della carica ricoperta e delle immancabili risposte che avrà quando riuscirà a coalizzare, come è accaduto, un gran numero di fortemente critici.