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 2016  giugno 10 Venerdì calendario

MORO, MISTERO INFINITO

Acciambellato in quella sconcia stiva, crivellato da quei colpi, è lui, il capo di cinque governi, punto fisso o stratega di almeno dieci altri, la mente fina, il maestro sottile di metodica pazienza, esempio vero di essa anche spiritualmente: lui - come negarlo? - quell’abbiosciato sacco di già oscura carne fuori da ogni possibile rispondenza col suo passato e con i suoi disegni...». Sono passati 38 anni da quel 9 maggio 1978, il più grave omicidio dell’Italia repubblicana, il ritrovamento del cadavere di Aldo Moro in una strada al centro di Roma, via Michelangelo Caetani, nel portabagagli posteriore di una Renault rossa, la "sconcia stiva" di cui scrisse il poeta Mario Luzi in cui erano terminati i progetti, «i disegni», l’intelligenza delle cose del presidente della Democrazia cristiana, il tessitore del sistema politico nato con la Repubblica e con la Costituzione. Il «meno implicato di tutti» negli scandali e nelle trame oscure, lo aveva definito Pier Paolo Pasolini, il più insostituibile: eliminando lui le Brigate rosse cambiarono il corso della storia.
Nel 1978 Moro non aveva ancora compiuto 62 anni. Il 23 settembre sarà celebrato il centenario della nascita, a Maglie, nel cuore del Salento luminoso, l’estremità della penisola. È una voce che non ha mai smesso di parlare, come un filo che arriva fino a noi (moroteo dichiarato è il presidente della Repubblica Sergio Mattarella), né sono stati dissolti i misteri sul suo sequestro, le trattative tra la banda dei terroristi rossi e lo Stato e gli ultimi quattro giorni prima del sanguinoso epilogo, quelli che vanno dalla pubblicazione del comunicato numero nove delle Br, il 5 maggio, con l’enigmatico gerundio («Concludiamo quindi la battaglia... eseguendo la sentenza a cui Aldo Moro è stato condannato») che allude a un tempo sospeso, fino al ritrovamento del prigioniero ucciso. Secondo gli esperti che nel corso dei decenni si sono appassionati alla vicenda, tra loro lo storico Miguel Gotor oggi senatore del Pd, tra i cinquantacinque giorni del sequestro cominciato il 16 marzo con la strage della scorta in via Mario Fani sono quelli più confusi sul piano giudiziario e politico, con l’affollarsi di mediatori, il moltiplicarsi di tentativi di liberazione del presidente della Dc, tutti destinati a fallire. Sul caso Moro è stata istituita una commissione parlamentare di indagine, la seconda dopo quella che lavorò a ridosso dei fatti, di cui fece parte anche Leonardo Sciascia: quella attuale, presieduta dall’ex ministro Giuseppe Fioroni, ieri dc oggi Pd, concluderà l’inchiesta entro la fine della legislatura. E ora esce un libro che ha l’obiettivo di smontare la verità ufficiale sugli ultimi momenti del sequestro. Accompagnato da due perizie medico-legali e balistiche che ricostruiscono in modo sconvolgente (e molto distante dalla versione accertata) i minuti che precedettero l’esecuzione, fino a entrare all’interno della «stiva», la fatale Renault rossa.
Farà discutere "Morte di un Presidente" (Ponte alle Grazie) di Paolo Cucchiarelli, giornalista dell’Ansa che da decenni studia le piste rosse e nere, le deviazioni degli apparati di sicurezza, i misteri degli anni Settanta, così come scatenò le polemiche il suo libro sulla strage di piazza Fontana del 12 dicembre 1969, da cui fu tratto il film di Marco Tullio Giordana, con la tesi della doppia bomba, una anarchica e una fascista. La procura di Milano, archiviando le indagini nel 2013 senza nessun colpevole dopo 44 anni, l’ha definita «non documentata e non documentabile, in insanabile contrasto con gli elementi probatori». Nel libro su Moro il lettore trova tutti gli elementi del genere (agenti stranieri, preti-spie, la Cia, lo Ior...), la ricerca minuziosa dei dettagli (la sabbia sui vestiti di Moro al momento del ritrovamento), i protagonisti, conosciuti o meno, del dramma: Giulio Andreotti e Francesco Cossiga, il presidente del Consiglio e il ministro dell’Interno, Steve Pieczenik, il consulente americano inviato in Italia, il papa Paolo VI, nella ricostruzione di Cucchiarelli l’unico a impegnarsi davvero per salvare Moro, cercando un canale con i terroristi e mettendo insieme un riscatto di dieci miliardi di lire. È la scena-chiave: i soldi sono stati raccolti e stanno per essere consegnati, il prigioniero già vestito di tutto punto e pronto per essere portato in un territorio extra-italiano, in Vaticano, ma a un passo dalla liberazione tutto precipita e Moro viene ucciso. È quell’istante che secondo Cucchiarelli va riscritto da capo, andando oltre la versione delle Brigate rosse che recita: Moro fu ucciso nel garage di via Montalcini, dove c’era il covo dei terroristi, nel portabagagli della Renault, a sparare fu il capo militare delle Br Mario Moretti.
Le perizie che sostengono il capitolo finale e la tesi centrale del libro di Cucchiarelli demoliscono questo racconto. Nel parere pro veritate firmato dal dottor Alberto Bellocco medico legale, direttore del Csml (Centro Studi di Medicina Legale), che "l’Espresso" ha potuto consultare, l’ora del decesso di Moro viene anticipata alle ore 4.35, sicuramente in un orario diverso da quello stimato dall’autopsia (tra le 9 e le 10 del mattino), il numero dei proiettili risulta essere dodici (e non undici). E soprattutto, al momento dell’omicidio, Moro «si trovava sul sedile posteriore lato conducente». È la novità più importante contenuta nello studio tecnico-balistico firmato dal perito Gianluca Bordin: «si può verosimilmente affermare che al momento del ferimento l’On. Moro fosse seduto sul sedile posteriore lato sinistro, dietro al guidatore. In quella posizione vi sono tracce... lasciate da una persona attinta da colpi d’arma da fuoco, ipotesi suffragata, oltre che dalla morfologia e dislocazione degli schizzi ematici (spattering), anche dalla strisciata di dita sporche di sangue sul soffitto interno della vettura, tracce visibili ancora oggi sulla Renault 4... al fine di occultare il cadavere è stato richiuso il "fagotto" ripiegandovi sopra i lembi della coperta e posizionato il cappotto sulle ginocchia. Quindi il corpo dell’On. Moro è stato trasportato nel bagagliaio della Renault R4 nel luogo del ritrovamento in via Caetani». Moro, dunque, non fu ucciso nel bagagliaio, ma mentre era seduto sul sedile posteriore. Per andare dove? E perché, invece, fu ucciso? Cucchiarelli avanza alcune ipotesi. In ogni caso, un totale cambio di scena rispetto alla versione marmorizzata di Moretti e delle Br.
Le due perizie saranno consegnate alla commissione parlamentare di Fioroni e alla magistratura. Nel libro ci sono reperti e foto spesso inedite che Cucchiarelli riporta alla luce, senza mai venire meno al rispetto nei confronti dello statista. Il corpo di Moro, come quello di altre vittime di una violenza efferata e misteriosa (l’ultima, Giulio Regeni), continua a parlare, a chiedere di non smettere di cercare la verità «che è più grande di qualsiasi tornaconto». Una voce che non si è ancora spenta. «Quell’abbiosciato sacco di già oscura carne» pesa ancora sul nostro presente.