Avvenire, 10 giugno 2016
La protesta dei migranti di Rosarno: «Italia razzista», «Italia mafia»
La piana di Gioia Tauro ieri ha vissuto un inquietante salto indietro al 7 gennaio del 2010 quando centinaia di migranti scesero in strada distruggendo auto, danneggiando abitazioni e provocando scene di guerriglia urbana dopo il ferimento di due di loro da parte di persone non identificate. Furono giorni di danneggiamenti e terrore.
Ieri mattina è andata meglio, con gli stranieri scesi nelle strade di San Ferdinando per una protesta pacifica. Molti i negozi chiusi, sgomberato il mercato settimanale, ma non ci sono stati momenti di tensione. Stavolta l’innesco è stato l’omicidio d’un 27enne maliano da parte d’un carabiniere (ferito come altri rappresentanti delle forze dell’ordine) che s’è difeso da un’aggressione con un coltello nella tendopoli che tra San Ferdinando e Rosarno accoglie circa 500 braccianti costretti a vivere in condizioni disumane. Dramma che si trascina da troppi anni, con le promesse dei palazzi cui non seguono interventi sostanziali e risolutivi. Proprio condizioni di maggiore sicurezza, oltre al rimpatrio in Mali della vittima, Sekine Traore, hanno chiesto e ottenuto i braccianti che ieri in municipio hanno incontrato il vicequestore vicario di Reggio Calabria Roberto Pellicone e il dirigente della Digos Cosimo Candita, oltre a un delegato del commissario prefettizio Francesco Pepe che regge il Comune dal 2014 sciolto per infiltrazioni mafiose. I migranti, giunti dinanzi al palazzo di città al termine d’un corteo durante il quale non sono mancati slogan pesanti (’Italia razzista’, ’Italia mafia’, ’Non siamo bestie’, alcuni degli striscioni), dopo il dialogo coi funzionari, sono rientrati nella tendopoli. Al corteo era presente il fratello della vittima. Gli stranieri hanno sostenuto che da parte del carabiniere «c’è stato un eccesso di legittima difesa». Secondo il racconto degli immigrati la vittima aveva in mano un coltellino. I funzionari della questura hanno sottolineato il ruolo delle forze dell’ordine, «che non sono nemiche dei lavoratori extracomunitari ma si pongono anzi a loro difesa. Prova ne è l’azione portata avanti contro il caporalato e il lavoro nero nella Piana di Gioia Tauro». Un connazionale di Sekine ha precisato: «Non siamo qui per fare la guerra, ma per lavorare e mangiare». Mentre la popolazione ha reagito con indifferenza alla protesta, il neo eletto sindaco di Rosarno Giuseppe Idà ha chiesto di smantellare la tendopoli «perché è un ghetto. Si sta riproponendo quanto avvenuto con la rivolta del gennaio 2010, ma anche pochi giorni fa, quando il comandante dei vigili è stato accoltellato nei pressi della tendopoli». Ieri sera il prefetto in un vertice ha richiamato tutti alle proprie responsbili. «Quello di Rosarno è un bruttissimo episodio in un contesto di degrado», ha detto a Palermo Mario Morcone, capo Dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione del ministero dell’Interno.