
Il fatto del giorno
di Giorgio Dell'Arti
Sentiremo spesso parlare nei prossimi giorni, di «lodo».
• A che cosa si riferisce?
Al lodo Mondadori. E al lodo Alfano.
• Che roba è?
Sono «accordi» intervenuti a un certo momento per sanare contrasti che parevano irrisolvibili. Veramente, nel caso del lodo Alfano, la parola lodo non è proprio correttissima. sicuramente giusta invece nel caso del lodo Mondadori: un mediatore, cioè Giuseppe Ciarrapico, editore con una quantità di guai giudiziari, oggi senatore del Pdl, mise d’accordo Carlo De Benedetti e Silvio Berlusconi che da due anni stavano litigando di brutto intorno al possesso del Gruppo Mondadori- L’Espresso. questo il caso tipico del lodo : due non riescono a prevalere in tribunale oppure stanno perdendo troppo tempo e troppi soldi nelle cause e allora si rivolgono a un terzo, legittimato da entrambi, perché risolva la controversia. un lavoro tipico da magistrati – che con i lodi o arbitrati guadagnano una montagna di soldi ”, ma quella volta Andreotti, che era capo del governo e in buoni rapporti con tutti e due i contendenti, incaricò Ciarrapico di trovare una soluzione. Era il 1991. E Ciarrapico, gran praticone, risolse in effetti la questione.
• E il lodo Alfano?
E’ quella legge, fatta varare in tutta fretta l’anno scorso da Berlusconi, che salva da qualunque iniziativa giudiziaria le prime quattro cariche dello Stato: presidente della Repubblica, presidenti di Senato e Camera, capo del governo.
• In che modo il lodo Mondadori è adesso un guaio per Berlusconi?
Quella gran litigata di vent’anni fa verteva sul controllo del gruppo Mondadori-l’Espresso, a quell’epoca unito. Il pacchetto di azioni che decideva sul vero padrone del gruppo era nelle mani di Luca Formenton, figlio di Mario Formenton, che era stato genero del grande Arnoldo. Il giovane Formenton aveva stipulato un accordo con Carlo De Benedetti, in base al quale, a un certo punto, De Benedetti sarebbe entrato in possesso delle sue azioni. Però, un giorno, stanco delle scortesie di De Benedetti, siglò un altro accordo con Berlusconi, che lo corteggiava invece con tutte le squisitezze di cui è capace. Quale dei due accordi era valido? Una sentenza di Milano sostenne che era valido l’accordo con De Benedetti. Ma subito dopo una sentenza di Roma sostenne che invece l’accordo valido era quello con Berlusconi. Una serie di processi hanno poi messo in chiaro che il giudice di Roma, per pronunciarsi a favore di Berlusconi, aveva preso 400 milioni di lire. E perciò l’altro giorno un altro giudice ha stabilito che la Fininvest (la società del Cavaliere) rimborsi alla Cir (la società dell’Ingegnere) la somma di 749 milioni e 955 mila euro, come risarcimento danni. una sentenza di primo grado, però immediatamente esecutiva. La Fininvest ricorrerà, ci saranno altri gradi di giudizio, ma intanto per il premier è uno smacco. Smacco che forse preannuncia ben altre tempeste.
• Quelle provocate dal lodo Alfano?
Sì, perché a causa del lodo Alfano sono stati sospesi, per la parte che riguarda Berlusconi, tre processi: 1. la corruzione del testimone Mills, 2. il business dei diritti tv, 3. la compravendita di senatori per far cadere Prodi nella scorsa legislatura. Dai tre processi è però salita una domanda alla Corte costituzionale: il lodo Alfano è costituzionale o no? Cioè, come si dice in gergo: è stata sollevata eccezione di incostituzionalità. La Corte si riunisce domani e sentenzierà subito, o al massimo mercoledì. Alla fine è una pronuncia semplice: il lodo Alfano consiste di un solo articolo. Che cosa accadrà però se la Corte deciderà che è una legge incostituzionale? I casi sono due: la Corte potrebbe bocciare il lodo per qualche dettaglio facilmente rimediabile. Allora Berlusconi potrebbe ottenere dalla sua maggioranza un nuovo lodo corretto e ricreare la situazione di prima. Il rilievo della Corte potrebbe però essere, in un certo senso, irrimediabile. Per esempio la Corte potrebbe stabilire che una materia di questo genere può essere regolata solo da una legge costituzionale, per la quale in Parlamento ci vogliono maggioranze assai ampie. Per rimediare a un rilievo simile, ci vorrebbe più di un anno di sedute parlamentari (le leggi costituzionali hanno bisogno di quattro passaggi distanziati di tre mesi) e nel frattempo i magistrati potrebbero rifarsi sotto al Cavaliere. Il quale probabilmente non potrebbe che dimettersi, chiedendo naturalmente le elezioni anticipate. Ma Napolitano gliele concederebbe? E se in Parlamento esistesse una maggioranza pronta a sostenere – per esempio – un governo Fini? Sono tutte domande a cui, forse, dovremo rispondere nei prossimi giorni. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 5/10/2009]
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