Giulia Zonca, La Stampa 5/10/2009, 5 ottobre 2009
L’OASI DEL PALLONE NELLA TERRA DEI DIAMANTI
Affittasi proprietà con otto campi da calcio, 60 camere d’albergo dotate di Jacuzzi, palestra, 538 mila metri quadri di oasi sportiva in altura, sistemata a 200 km a ovest di Pretoria, Sudafrica. Scopo: pubblicizzare il territorio dei Bafokeng durante i Mondiali del 2010. Un’ossessione destinata alla squadra di calcio che sceglierà l’oasi come ritiro e firmerà un contratto che aspetta da anni.
uno dei posti più ricchi del mondo, terra coltivata a platino, il 55 per cento di quello che circola sulla terra, miniere e milioni gestite dalla famiglia reale che governa sulla tribù con una fissazione: mettere la zona sulla mappa del calcio che conta. Il progetto, più che visionario, è stato studiato dal re Kgosi Lerou Molotlegi, 41 anni, architetto convinto che il pallone sia il platino del futuro. Nel 2050 le riserve saranno quasi esaurite e bisogna investire in altro. Le mappe iniziali risalgono al 2000, prima dell’assegnazione dei Mondiali, i lavori saranno completati a novembre e a fine dicembre si deciderà chi ospitare. Il diritto di prelazione è di Fabio Capello che vorrebbe portarci l’Inghilterra e ha già mandato il suo uomo di fiducia, Franco Baldini, a visitare la struttura. fin troppo perfetta: ovviamente nuova e sembra persa nel nulla anche se si trova a 2 ore e mezzo di auto da Johannesburg. Oltre il filo elettrificato, al confine della proprietà, da una parte c’è un’autostrada appena costruita e ancora poco frequentata e dall’altra i leoni. Per chi cerca di nascondere uomini alle fameliche wags, mogli e fidanzate dei calciatori, è un paradiso artificiale. In più la terra della tribù di platino sta nella regione di Rustenburg, una delle nove sedi mondiali. « quella che non conosce nessuno», ammette Steve Komphela, tecnico e veterano dello sport sudafricano, appena convertito alla causa Bafokeng. Allena il club dei Platinum Stars, anche quello proprietà dei reali e parte del grande sogno. Le Stelle di platino non stanno andando benissimo, hanno perso quattro partite di fila, non segnano da 380 minuti e al momento non hanno vere star, ma c’è tempo per elevarli agli standard previsti. Sono giovani, il club è nato nel 1998 e solo nel 2007 la famiglia che che conta ha preso a occuparsi concretamente della società.
Secondo Komphela, ormai un testimonial, «l’altura facilita gli allenamenti, arriva più ossigeno, i calciatori stanno meglio e corrono di più. Potremo affittare il centro ogni anno a squadre importanti che vogliono fare degli stage qui. Io stesso ho già mostrato questa meraviglia a importanti dirigenti». I suoi ragazzi non si allenano lì e non solo perché il sogno è ancora in costruzione: quella è zona off limits destinata al calcio internazionale, ai divi, al futuro.
Il re Molotlegi pensa in grande: «Siamo una nazione nuova, se sfruttiamo l’occasione che avremo a luglio possiamo crescere. Vorrei aprire scuole dove preparare i migliori giocatori di calcio e di rugby, con una concezione nuova, un equilibrio tra talento, natura e agonismo. Quando nel 2004 abbiamo vinto i Mondiali ho pensato che fosse un segnale». E il platino è passato in secondo piano.
Suo padre, il trentacinquesimo sovrano Bafokeng, si è inventato la bandiera nazionale, l’erede poteva limitarsi a far prosperare la regione, ma si è innamorato del calcio e invece di imitare gli sceicchi e comprare una squadra in Inghilterra ha cercato di portarsi l’Inghilterra in giardino. Può darsi ci riesca, Capello considera il posto troppo lussuoso ma è tentato. E l’idea dei leoni a guardia dei suoi ragazzi lo affascina.
L’area dove si rintana il popolo Bafokeng si chiama Rustenburg-Phokeng e alterna deserto e slot machine, tracce di Las Vegas tra il selvaggio perché i più ricchi tra i sudafricani non vivono lontano da Sun City, già ribattezzata Lost City perché appena ha cominciato a funzionare è subito circolata la leggenda di un’antica stirpe seppellita da un vulcano in eruzione, di un villaggio scomparso e in parte riemerso quando le ruspe hanno iniziato a scavare. Non esiste niente di vero, è solo un po’ di Disneyland da aggiungere al gioco d’azzardo. Di fatto Sun City, una macchia del divertimento, groviglio di colori con due campi da golf, una spiaggia artificiale, il casinò e la riproduzione della Cappella Sistina sul soffitto dell’ingresso, convive con Lost City, l’idea di un vecchio mondo che oggi è solo un parco a tema molto frequentato. La meta preferita degli asiatici in vacanza.
«Quella è roba per turisti» chiariscono dietro la rete elettrificata. Tra Lost City e il bunker dello sport solo leoni. Loro insistono a definirsi «isolati» ma è una condizione costruita con i campi da calcio. Proteggono i confini, creano un mondo fatto di agi, aria pura e allenamenti e accettano di essere dentro una realtà più agitata, però in disparte. Altrove.
Il re prova a spiegare questa filosofia di vita. La comunità che governa (120 mila persone circa) «è un piccolo popolo con grandi piani. Noi crediamo nello sport» e lo dice come se si trattasse di un qualche dio che in futuro proteggerà la sua terra dalla carenza di platino. «Siamo un modello unico». La famiglia reale ha foraggiato anche il campo di Rustenburg, che non a caso si chiama Royal Stadium ed è tra i cinque consegnati entro i tempi stabiliti. Prima della fine dell’anno sarà pubblicato lo studio «Visione 2020», ovvero come si evolve il progetto dopo la bolgia mondiale «perché quello è il punto di partenza, il modo per farci vedere, non certo la realizzazione».
Lindsey Parry, che gestisce il centro di alto rendimento dell’Università di Pretoria, sta trattando con varie nazionali interessate a fare di Bafokengland la base mondiale: «Molte richieste, molta curiosità, la voce dell’oasi sportiva si è sparsa in fretta». L’era del pallone è iniziata.